“Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile. una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”(Oriana Fallaci). Il mondo ricorda l’Undici Settembre. L’attacco a New York e Washington D.C. dell’Undici Settembre 2001 fu un atto di guerra per cambiare la faccia della Terra. Gli Usa, la Nato e l’Italia sono in guerra contro il terrorismo internazionale da 11 anni, come dimostrano i bilanci pubblici votati dai rispettivi parlamenti. Osama Bin Laden, lo “sceicco del terrore”, è stato ucciso? Al Qaeda (“la base”) è stata quasi definitivamente sconfitta? Non i “macellai” fondamentalisti islamici, non i Talebani che evidentemente, ovunque si nascondono, nonostante gli intensi bombardamenti dell’Alleanza Atlantica per liberare dalla barbarie il valoroso popolo afgano dopo trent’anni di guerra civile, continuano a farsi esplodere. Anche in tenera età perché indottrinati al suicidio rituale. Il nostro Undici Settembre è la Giornata Mondiale della Libertà e della Indipendenza dalle forze più o meno oscure del male e dell’ignoranza. Perché siamo tutti Americani. Perché amiamo la Libertà. Sul suolo americano il luogo sacro per eccellenza è il Memorial 9/11 del World Trade Center di New York City (www.911memorial.org/) realizzato in memoria e in onore delle oltre 3mila vittime (compresi i 24 dispersi) degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 e del 23 febbraio 1993 alle Torri Gemelle; in memoria e in onore dei caduti civili dei quattro aerei dirottati da ignobili “figli di cane” come li definì il Presidente George W. Bush sull’Air Force One; in memoria e in onore degli Eroi di Somerset-Shanksville che riuscirono a far precipitare al suolo il loro volo “93”; in memoria e in onore delle vittime del Pentagono; in memoria e in onore degli oltre 345 pompieri di New York che offrirono le loro vite per salvarne migliaia sulle Torri Gemelle. Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato che “gli Americani hanno rifiutato di vivere nella paura. Oggi il nostro Paese è più forte, più sicuro e più rispettato nel mondo. La recessione degli scorsi anni è stata una tragedia dalla quale dobbiamo ancora riprenderci. Ma l’America non è in declino. Chi dice questo sbaglia mortalmente”. Nel 2012 a finire sul banco degli imputati sono finite l’American Airlines e la United Airlines, accusate di “negligenza”. Un giudice federale di New York ha accettato la richiesta di risarcimento presentata dai vecchi proprietari dei grattacieli distrutti nell’attentato, World Trade Center Properties, secondo i quali “senza la negligenza di queste compagnie aeree, i terroristi non sarebbero potuti salire a bordo e dirottare gli aerei e dirigerli contro le Torri Gemelle”. Così scrive la Reuters. Nel luglio del 2001, due mesi prima dell’attacco all’America, il WTCP aveva speso 2,8 miliardi di dollari (2,22 miliardi di euro) per comperare dalla Port Authority of New York and New Jersey Inc., la concessione dei quattro edifici per i 99 anni seguenti. Il WTCP ha chiesto alle compagnie aeree un risarcimento danni di 8,4 miliardi di dollari (6,66 miliardi di euro), il costo stimato per la sostituzione delle Torri. La difesa ha negato ogni accusa di negligenza, sostenendo che il caso non dovrebbe finire in tribunale in quanto il WTCP ha già ricevuto 4 miliardi di dollari (3,24 miliardi di euro) dalle compagnie assicurative. Lo stesso giudice Alvin Hellerstein, che si sta occupando del caso, ha ammesso che al massimo il World Trade Center Properties può chiedere che gli vengano restituiti i 2,8 miliardi spesi per acquistare la concessione, cifra che le due compagnie aeree dovranno sborsare se perderanno il processo. Secondo Hellerstein, come scrive France Tv Info, “la sovrapposizione tra il risarcimento pagato dalle compagnie assicurative e il problema delle responsabilità delle compagnie aeree pone delle domande alle quali bisogna dare delle risposte in sede processuale”. Il Museo della Memoria a Ground Zero, dove sorgevano le Twin Towers, per diverse questioni istituzionali ed etiche, non potrà aprire prima del 2014. Ground Zero, infatti, è un Sacrario. Non una meta per il turismo di massa. Non piace “l’idea di una folla di turisti che scattano foto vicino alle fontane sorte sul perimetro delle Torri Gemelle o sorseggiano il loro caffè appoggiati ai pannelli in bronzo con incisi i nomi dei parenti e amici morti. Molte delle vittime non sono state ancora trovate, questo luogo è la loro tomba – spiegano alcuni parenti delle vittime al Memorial 9/11 – non ci piace vedere gente che gioca a frisbee, o pensare che questo diventerà un posto perfetto per uomini d’affari che verranno sotto gli alberi a consumare la loro pausa pranzo”.
Undici anni fa, in quel tragico martedì pomeriggio, quando eravamo a Defcon 2 (la stessa condizione di difesa raggiunta dagli Usa durante la crisi dei missili di Cuba) scrissi un articolo per il settimanale diocesano L’Araldo Abruzzese, nel quale sottolineai l’assurdità di un evento che avrebbe riscritto per sempre la nostra Storia. Come nel caso dell’attacco alla base americana di Pearl Harbour, il 7 dicembre 1941, stavamo vivendo un altro Giorno dell’infamia che molto probabilmente ci avrebbe condotto a una nuova guerra mondiale. Combattuta su scala regionale da tutte le forze democratiche del pianeta Terra contro il terrore fondamentalista di matrice islamica. Francamente non ho mai dato credito alle audaci tesi di Webster Tarpley con il suo libro “9/11–La fabbrica del terrore” ed altri, che parlano di complotto degli Americani contro l’America, perché ritengo che la spiegazione più semplice sia anche la più sensata e credibile. I fatti parlano chiaro. La verità sull’Undici Settembre deve ancora essere scritta perché le favole abbondano su Internet e le relazioni ufficiali della Commissione istituzionale americana non convincono. Quell’Undici Nove 2001 persero le loro vite oltre 2974 persone alle quali dobbiamo rispetto, onore e memoria sempiterni. A morire per il crollo delle Torri Gemelle furono 2.763 persone: 2.165 dentro i grattacieli, 441 tra poliziotti e pompieri, 157 a bordo dei quattro aerei dirottati. Poi c’è il numero degli infami attentatori, diciannove, che meritano solo l’Inferno. La sequenza degli attacchi fu impressionante. Impensabile, si disse, imprevedibile, incredibile, inattuabile. Ma l’inaspettato accadde a dimostrazione del fatto che il peggio deve ancora venire e che di fronte a questi scenari così improvvisi e devastanti non c’è difesa aerea o scudo missilistico che tenga. Il colosso militare americano aveva incredibilmente fallito. Un Boeing 767 dell’American Airlines si schianta a Manhattan contro la Torre Nord del World Trade Center. Sono le 8.46 del mattino. Dopo 17 minuti, alle 9.03, un altro Boeing 767 della United Airlines centra la Torre Sud. Alle 9.37 i terroristi attaccano il Pentagono a Washington D.C. con un Boeing 757 dell’American Airlines (189 morti: 125 civili e militari, 64 a bordo dell’aereo). Il quarto attentato fallisce per l’eroica ribellione dei passeggeri del Boeing 757 della United Airlines (44 persone a bordo) che si schianta in aperta campagna in Pennsylvania. Sono le 9.37. Probabilmente, secondo i piani dei terroristi, avrebbe dovuto colpire la Casa Bianca, il Congresso o la statua della Libertà. In cinquantuno minuti si compie la Storia. Il mondo è cambiato davvero quell’Undici Settembre. Che giorni, che minuti, che ore tragiche! Quelle immagini trasmesse dalle tv di tutto il mondo, continuamente. Un bombardamento assillante per cristallizzare la Storia nella memoria collettiva. Quegli aerei scagliati contro le Torri Gemelle e il Pentagono, da un nemico con nome e cognome accecato dall’odio, dalla vendetta, per decapitare l’America e il Mondo, la nostra Civiltà della Vita, della Fiducia, del Credito, della Libertà, della Speranza, della Prosperità. Al netto del terzomondismo politico anti-americano, sempre di moda. Quegli aerei rimbombavano ogni minuto dentro di noi, in quei minuti, in quei secondi. In quei giorni, Americani eravamo anche noi. E gli Americani erano anche noi. Anche i titoli dei giornali e dei tiggì fecero la loro parte in quei giorni:«Attacco all’America e alla civiltà»(Corriere della Sera),«Apocalisse»(il Manifesto),«I love New York more than ever»(Daily News),«El mundo en vilo (in bilico)»(La Razon). E anche gli editoriali furono più autorevoli che mai:«Un giorno che cambia il mondo»(l’Unità),«L’Occidente colpito al cuore»(La Repubblica). Così era del tutto naturale, undici anni fa, se dai balconi d’Italia spuntavano le bandiere a stelle e strisce, come fossimo in Virginia, nell’Ohio, in California, nell’Iowa o nel Kentucky. E se decine, centinaia di adesivi con la scritta God Bless America comparissero all’improvviso un po’ ovunque. Niente di strano. Poi, undici anni dopo due guerre e mezza, Bin Laden è stato ucciso. Gli americani festeggiano la vittoria contro lo sceicco del terrore, dicono, “principale responsabile degli attacchi”. Gli italiani e gli europei non esultano. Per quale motivo? Eppure siamo alleati degli Usa nella Nato, eppure siamo scesi in guerra anche noi contro il terrore. Eppure abbiamo attaccato e distrutto a suon di missili “termobarici” e bombe semi-intelligenti grotte, bunker, stazioni di comando e controllo. Eppure Americani eravamo anche noi quell’Undici Settembre. E gli Americani erano anche noi visto che la Grande Mela appartiene al Mondo intero. Ieri, oggi e sempre. Giorni tristi. Cupi. Densi di pioggia, di rabbia e di rancore. Soprattutto pioggia di dichiarazioni di comodo. Di espressioni di solidarietà, di amore e di fratellanza, miste e moltiplicate a parole di guerra e di vendetta. «È la prima guerra del nuovo secolo», titolava il Corriere della Sera il 14 Settembre 2001. Il presidente George W. Bush aveva adottato l’Usa Pratiot Act per la guerra totale al terrorismo. E diversi Paesi avevano promulgato legislazioni anti-terroristiche speciali, congelando i conti in banca di persone che sospettavano avessero legami con Al Qaida. Negli aeroporti di tutto il mondo, tutto era cambiato per sempre. E c’era stato il messaggio del Quirinale a reti unificate. Carlo Azeglio Ciampi l’aveva detto chiaro:«L’Italia è in lutto. Questi attentati colpiscono e offendono la comunità internazionale e richiedono una lotta internazionale al terrorismo. I popoli liberi devono essere compatti contro il terrorismo». Gli aveva fatto eco il Santo Padre Giovanni Paolo II parlando di «Un indicibile orrore». E avevano fatto eco all’eco, i consigli comunali, provinciali e regionali di tutt’Italia. Che deploravano, stigmatizzavano, denunciavano. Con formule istituzionali del tipo:«…In conseguenza dei gravi fatti terroristici verificatisi oggi negli Stati Uniti d’America, il Presidente del Consiglio … di …, ha disposto, per la seduta in programma stasera alle ore … la sospensione di tutti i punti all’ordine del giorno e lo svolgimento, in sostituzione, di una seduta straordinaria sui temi del terrorismo. La seduta di questa sera sarà innanzitutto un momento di solidarietà verso il popolo americano, ferito oggi nella sua umanità e nel suo spirito democratico da vili atti di violenza terroristica, e verso le vittime di questa terribile azione criminale. Leviamo una ferma condanna nei confronti di quanti, nel mondo, adoperano strategia del terrore e di tutti gli stati, sistemi ed organizzazioni che supportano o prestano acquiescenza ai movimenti terroristici e invitiamo la cittadinanza … a manifestare questa sera in Piazza…». Che giorni, che minuti, che ore quelle di undici anni fa. Oggi, dopo quegli attentati che hanno cambiato il mondo, la Terra sembra cambiata. In meglio? Le nostre Libertà fondamentali sono forse aumentate? Il nostro potere d’acquisto è aumentato? Anche l’Italia sembra cambiata, come in una sequenza improvvisa di Matrix che, nel più incredibile déjà vu, tutto riformatta. Il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ha invitato gli italiani a cambiare davvero se vogliamo restare in Europa. Oggi, però, gli Americani sono loro e noi siamo Italiani e basta. Neppure Europei. Siamo entrati nell’epoca del revisionismo? Persino alla radio, su Internet, nei dvd, negli articoli e nei libri dei complottisti che ci allontano dalla verità storica. Oggi ci raccontato della “Industria della Paura” ovvero, della paura di un nuovo “11 Settembre” imminente e distruttivo che cancellerà la nostra civiltà per sempre. Certamente il complesso militare industriale è pronto ad ogni evenienza. Multinazionali comprese. Ma, forse, la minaccia di distruzione che dobbiamo temere davvero, magari dallo spazio ad opera di alieni cattivi provenienti dai vicini sistemi stellari appena scoperti, ancora non è stata ben analizzata, compresa e preventivata. Anche perché mancano piani di difesa. E i film di fantascienza non aiutano. Anche le sequenze iniziali di “Armageddon” nel 1998 avevano mostrato le Torri Gemelle ferite (ma ancora saldamente in piedi) dagli impatti cosmici di meteoriti. Eppure fu un falso clamoroso. Ed oggi c’è persino chi, adombrando grazie all’aiuto di esperti e analisti, che quel terrore fondamentalista islamico abbia dipinto uno scenario da incubo che di fatto sembra non esistere di fronte a quello che ci riserva il futuro, cerca di sviare la soluzione del fondamentale problema della presenza del male sulla Terra. Male che si alimenta delle nostre stesse paure. Quindi dovremmo essere tutti più tranquilli dopo la morte di Bin Laden, dopo il suo presunto funerale in mare? Oppure dobbiamo dimenticare la verità per sposare le favole sull’Undici Settembre? Certamente, God bless America! Dio benedica l’America e chiunque ama la Vita, la Democrazia, il Lavoro, la Giustizia e la Libertà per ogni singola persona. C’è un solo modo per non dimenticare la verità e per liberarci dalle catene del male. Leggere e studiare i fatti. In memoria degli oltre 345 eroici pompieri del Fire Department di New York caduti nel disastroso attentato terroristico contro le Torri Gemelle, per non dimenticare quei tragici fatti, consigliamo la lettura del libro “Ultimo a uscire” di Richard Picciotto e Daniel Paisner (Mondatori, 2002, pp. 254). Picciotto è stato il vigile del fuoco più alto in grado (Capo) a sopravvivere al crollo del World Trade Center: all’epoca dell’attacco dell’11 settembre era Comandante dell’11° Battaglione. Il libro “11 settembre. Una storia che continua” di Alessandro Gisotti (Effatà Editrice), raccoglie una serie di toccanti testimonianze, tra New York e Washington. Storie di dolore, coraggio e speranza che mostrano come il terrorismo abbia fallito, perché la voglia di vivere è più forte della paura di morire e soprattutto di dimenticare. “Ho capito, guardando negli occhi le persone che ho incontrato a Washington e a New York e ascoltando l’emozione nelle loro voci, che questa pagina non è stata ancora girata, che la ferita è ancora molto profonda. Ci sono dei sentimenti molto contrastanti tra i familiari delle vittime, tra i soccorritori, tra i poliziotti e i vigili del fuoco, tra le persone che hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia dell’11 settembre. Da una parte, la voglia di andare avanti (…). Tuttavia, c’è anche un altro sentimento, contrastante rispetto a questo, ed è quello di non riuscire ancora, a tutt’oggi, dieci anni dopo, a metabolizzare quanto è successo”(Radio Vaticana). Il giornalista investigativo Dominic Streatfeild si chiede come sia cambiato il mondo dopo l’attentato più traumatico e spettacolare del nuovo millennio, nel suo libro “Storia del mondo dopo l’11 settembre”(Newton Compton). Otto micro-storie che svelano la realtà di un mondo né più giusto né tanto meno più sicuro di quello in cui vivevamo prima del crollo delle Torri. Tra qualche centinaio di anni, quando i bambini a scuola leggeranno cos’è successo all’inizio del XXI Secolo, cosa penseranno? Quanto è successo, dopo fa ancora più paura perché i libri sul dopo Undici Settembre devono ancora essere scritti. Le testimonianze autentiche di sopravvissuti e scampati, di chi lavorava dentro le Torri o poco lontano, di chi si è trovato nella “downtown” Manhattan per caso quella mattina, o semplicemente di chi viveva da quelle parti, di chi ha assistito agli eventi uscendo di casa. Quegli eventi ci ricordano che nella nostra realtà tutto è possibile in ogni istante. Anche sopravvivere per raccontare. Chi ha avuto salva la vita quella mattina, ha ottenuto anche questo tragico privilegio. Il National Geographic commemora con un libro e un film l’undicesimo anniversario degli attacchi in accordo con il “9/11 Memorial: A place of remembrance” (Il luogo del ricordo) scritti dai membri dello staff del National September 11 Memorial & Museum, Allison Blais e Lynn Rasic con una prefazione di sindaco di New York, Michael R. Bloomberg. Il libro onora le vittime e celebra al tempo stesso lo spirito di speranza, raccontando la storia emotiva che c’è dietro la creazione del 9/11 Memorial al World Trade Center di New York. Da leggere insieme a tutti i libri (tra cui “La rabbia e l’orgoglio”) di denuncia contro la Jihad, firmati dalla giornalista e scrittrice italiana Oriana Fallaci. L’attacco al cuore degli Stati Uniti fu un atto di guerra. Molti i punti oscuri ancora da chiarire dopo undici anni di guerra al terrore, dopo migliaia di pagine di relazioni ufficiali, dopo l’ingresso in guerra dell’Italia a fianco degli Usa nella Nato (art. 5). Quel fiume di atti ufficiali, tuttavia, non ha ancora spiegato cos’è davvero successo nella catena di comando civile e militare della difesa aerea americana. Chi ha sbagliato cosa? Sappiamo come e perché sono crollate le Torri, quali furono le temperature infernali raggiunte, ma nulla di più. Centinaia sono gli interrogativi senza risposta nel rapporto ufficiale sull’Undici Settembre che cristallizza le fasi di una catastrofe impossibile da decifrare con i canoni della razionalità politica. Insomma, vediamo gli effetti e non le cause di tragici e allucinanti istanti storici che, esercitazioni permettendo (effettivamente in corso quella mattina!) – si disse – “mai nessuno avrebbe potuto lontanamente immaginare”. Né il cinema né la Casa Bianca né i servizi segreti né la Nato né Israele. Eppure esistono altri rapporti ufficiali che affermano l’esatto contrario. Gli scenari bellici sul suolo americano sembra fossero noti. Perché furono anche simulati. L’attacco alle città era possibile con ogni mezzo, anche usando l’aviazione civile. Ma immediata risposta militare Usa era stata contemplata? Qualsiasi analista militare che si rispetti non può giudicare “inimmaginabile” l’attacco dell’Undici Settembre. Altro mistero. Non furono mai chiarite le responsabilità dei controllori di volo e dei vertici militari che rimasero stranamente al loro posto dopo la tragedia. Così la guerra è entrata per sempre nelle nostre case per non uscirne mai più. Iniziarono pure i funerali di stato e le dirette televisive. I nostri eroici caduti per la Libertà, fin dal 12 novembre 2003, ci ricordano che non siamo più in tempo di Pace. L’atto di guerra agli Usa, esemplare nella sua devastante esecuzione, avrebbe fatto precipitare i sogni di gloria di una civiltà al suo massimo sviluppo. Addio a ogni barlume di speranza in un futuro di Pace e di Ssviluppo per tutti i popoli della Terra. La verità è un’altra. Il totalmente inatteso e il secondo principio della termodinamica. Abbiamo capito che tutti noi, prima o poi, quando il male si scatena per qualsiasi motivo, possiamo in un modo o in un altro rimanere vittime inconsapevoli e innocenti di un altro Undici Settembre elevato all’ennesima potenza, nonostante tutte le contromisure giuridiche, militari e tecnologiche di difesa, assolutamente impotenti contro questo genere di attacchi dall’interno o dall’esterno. L’Italia conserva il 70% del patrimonio culturale dell’Umanità. E basta un folle gesto nucleare, improvviso come quello di un pazzo che a Roma cerca solo di attirare l’attenzione prendendo a martellate quel che incontra, per piombare all’inferno. Il fatto è che gli obiettivi prescelti di una nuova strategia del terrore pianificata a tavolino da menti perverse, nemiche dell’Umanità, sono noti. I satelliti spia non mentono. Colpire l’America, il suo potere “imperiale”, la percezione della sua invincibilità militare, della sua invulnerabilità, il suo cuore multiculturale, la sua euforica imprenditorialità, è stato solo l’inizio di un “piano” distruttivo da attuarsi gradualmente su più vasta scala. L’Undici Settembre non ha significato soltanto ferire nei suoi simboli un Gigante addormentato, attaccandolo dall’interno dove nessuno, dalla fine della guerra civile americana di 150 anni fa, aveva osato tanto. Il complesso militare industriale della più grande Democrazia sulla Terra, ha risposto prontamente con tutto il suo potenziale umano, scientifico, strategico e tecnologico. Ne ha pagato le conseguenze il Programma spaziale della Nasa. Addio agli Space Shuttle della Nasa ed ai sogni di gloria della conquista umana dello spazio. Addio alle missioni umane della Nasa sulla Luna e su Marte. Saremo legati all’orbita terrestre per chissà quanti altri decenni. Sarà un caso? La Grande Mela rappresenta il mondo e la speranza di una Federazione mondiale di pace su base culturale, economica e sociale, nel sigillo della Democrazia. Ma i sogni imperiali di gloria di alcuni faccendieri non tramontano mai. Colpire la Torre di Babele, dove si parla una sola lingua, che a qualcuno evidentemente non piace, significa imporre la propria visione del Mondo. L’orrore di Manhattan, l’apocalisse scatenata dai signori della guerra globale (non solo dai fondamentalisti islamici) per soffocare gradualmente le nostre Libertà fondamentali. Che quando soffiano sono inarrestabili perché abbattono muri e ideologie. Quel fungo “chimico” capovolto delle due Torri che crollano non nell’ora di punta quando le Twin Towers avrebbero potuto ospitare 50mila persone, deve pur aver avuto un altro scopo. Quello di gettare il Mondo intero nello sgomento, nella paura, nella sfiducia, nell’asfissia, nell’impotenza. Quella macchina bellica di stampo nazista messa in moto da tutti i nemici della Democrazia, continua a macinare chilometri mentre c’è chi preferisce in Occidente fare la parte dello struzzo, rifugiandosi nelle favole del complotto e del multiculturalismo unilaterale. Se abbiamo già vinto la guerra al terrore, dovremmo esultare. Così non è. Fiaccare le Democrazie (come teme Israele dal 1948) con un’estenuante impegno militare planetario (Nato compresa), è certamente nei piani di chi ha architettato l’Undici Settembre per logorare il mondo. Le immagini di morte e di distruzione delle Torri Gemelle, aiutano ad alimentare l’odio, la vendetta e la guerra in altri Paesi come la Libia, la Siria e l’Iran. Internet amplifica le paure all’infinito. Le economie si bloccano, i mercati vacillano e la più grave crisi finanziaria che si ricordi dal 1929 rischia di mandare tutti in malora. Fenomeno anch’esso prevedibile. Chi si nutre di odio e paura, gongola. S’impone, allora, uno scatto di orgoglio per vincere la paura, per capire la verità prima che sia troppo tardi. Le guerre, una volta iniziate o fatte iniziare, vanno vinte alla svelta ben consapevoli dell’identità del nemico da abbattere (i Talebani sono stati sconfitti?). Senza compromessi, senza accordi sottobanco che tradirebbero i nostri Caduti. Le Democrazie non possono assolutamente permettersi lo stato di guerra (umanitaria o meno) permanente su scala planetaria, né in nome della Democrazia né in nome della Pace. Dopo l’Afghanistan e la Libia a chi toccherà? Guai a noi se ci lasceremo travolgere dagli eventi infiniti dell’Undici Settembre. Un fatto storico che dovrebbe unire il mondo in una sorta di “4 Luglio” della Terra. Il nostro giorno in cui fummo attaccati proditoriamente dal terrore. Il nostro giorno per l’Indipendenza da quel terrore perché l’Undici Settembre onoriamo le tremila vittime innocenti cadute per la Pace di ogni Nazione. Non lasciamo l’Undici Settembre a quei “figli di cane” che vorrebbero far propria quella data per l’inizio della guerra all’Occidente. La grande scrittrice Oriana Fallaci ci ricorda nei suoi libri che “è il giorno in cui un giorno avremmo ricordato anche i morti di Madrid e di Nassiriya, i morti d’Europa per la pace e la libertà”. L’Undici Settembre ha effettivamente messo in moto un vento che soffia ovunque, sconvolgendo la vita di tutti i dittatori, i re Mida, gli affaristi e i traditori che sperano di creare le proprie fortune (e imperi) sulla pelle dei più deboli. Chissà cosa avrebbero potuto fare il popolo della Rete e i vari Assange, se avessero potuto scovare in tempo i terroristi dell’Undici Settembre, denunciandoli tempestivamente alle autorità statunitensi? Non lo sapremo mai. I valori dell’Undici Settembre non appartengono a coloro che predicano e profetizzano dopo gli eventi della Storia. Semmai appare sorprendentemente ridicolo chi pontifica tali “profeti di sventura” in nome della Democrazia e della Libertà d’informazione. Come se tutto dipendesse dalla Rete e dagli spioni. L’Undici Settembre paradossalmente illumina a giorno un’intera Civiltà smascherando i falsi paladini della Democrazia, gli imbarazzanti accordi con i dittatori di turno, i caroselli istituzionali offerti mentre si piazzavano accordi miliardari per lo sfruttamento dei combustibili fossili. Quanti compromessi, quante lacrime di coccodrillo, quante rivoluzioni giuridiche sfavorevoli all’Occidente, quanti crimini contro la verità, quanti segreti di stato custoditi e mai rivelati ai cittadini elettori, quanti intrecci perversi tra stati, governi e multinazionali, quanti asini al governo del mondo e dell’alta finanza. La Pace, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è stata conquistata ogni giorno a caro prezzo, frutto di delicati equilibri internazionali, spesse volte di natura personale. Oggi affaristi senza scrupoli credono che sia possibile tutto, anche un Undici Settembre “su misura”, per saldare vecchi e nuovi conti, tenendo in pugno la vita di oltre sette miliardi di persone. Dove sono finiti i pacifisti? Dove e quando sventolano le loro bandiere arcobaleno sui tetti di quegli affaristi guerrafondai, invece di condannare Usa e Israele e mai i terroristi “figli di cane” (e le loro famiglie) che, anche in tenera età, si fanno esplodere un po’ ovunque nel Mondo, uccidendo innocenti in nome di Allah, del paradiso e delle vergini? È forse per un senso di vergogna che i pacifisti hanno perso la parola dopo l’Undici Settembre, da quando cioè il vento della Democrazia e della Libertà soffia nelle rivoluzioni giovanili islamiche che stanno sconquassando i regimi? Platone aveva ragione nel dire che la guerra esiste ed esisterà sempre perché nasce dalle passioni umane in ogni azione quotidiana. Una forma di guerra (in Politica, simulata) che esercitiamo contro qualcuno o qualcosa. Anche la mostruosa pornografia che contamina Internet e i più giovani, è una violenza contro la persona. “La Rabbia e l’Orgoglio” e “La Forza della Ragione”, i due libri scritti dalla Fallaci post Undici Settembre, ci ricordano che siamo in guerra, non solo in lutto. L’importante è scegliere da che parte stare. Sceicchi ed emiri del deserto, delle torri chilometriche che non conoscono crisi economico-finanziarie, affaristi senza scrupoli, amici ed affini di Bin Laden, terroristi del nulla, non si arrenderanno mai all’evidenza della loro sconfitta morale. L’Occidente, finché l’America lo vorrà perché l’Eurabia è già perduta, le Democrazie alleate degli Usa e di Israele, hanno il dovere etico e morale di vincerla questa “guerra al terrore” senza “ritirate” elettorali. Perché questa è l’evidenza dei fatti. Se crolla l’Occidente, crolla il Mondo intero. La resa incondizionata dei responsabili dell’Undici Settembre (i mandanti) sarebbe gradita. Saranno giudicati e condannati secondo la Legge del Tribunale Penale Internazionale. I fondamentalisti non possono più avere asilo sulla Terra. Il nostro pianeta non è una prigione interplanetaria. Fino a prova contraria. Questo genere di criminali vanno custoditi altrove. Occorre una strategia culturale e diplomatica per estirpare e togliere dalla circolazione chi fomenta odio religioso e politico, sotto qualunque vessillo, in ideologie che offendono la Pace e la Libertà, nel nome di Dio. Undici anni dopo l’Undici Settembre, questa battaglia non è neppure cominciata mentre si annunciano vittorie di Pirro! L’Occidente brucia nel consumismo, l’Europa atea si consegna ai disvalori dell’egoismo, dell’immoralità, dell’indifferenza, della globalizzazione che tutto macina in nome di un falso multiculturalismo terzomondista all’europea del tutto fallimentare. Restano inevase le risposte alle domande di Oriana Fallaci rivolte a ciascuno di noi sul senso della Democrazia in Europa (e negli Usa), incapace di difendersi con le armi della razionalità, del diritto, della giustizia amministrata in nome del popolo sovrano. La ragione, infatti, non le favole, metterà a fuoco le verità inconfessabili sull’Undici Settembre 2001 e su tutte le altre date storiche che segnano lutti e guerre per la Pace in un terzo millennio cristiano da difendere non con la violenza. Ma con l’empatia. Qualcuno vuole farci perdere questa “guerra al terrore” con accordi sottobanco. Non basta l’assoluto controllo del teatro militare. Il rischio di altri Undici Settembre, magari “nucleari”, non è più così remoto. Il sistema economico, la natura delle nostre città, la totale inadeguatezza della nostra risposta, finiranno per provocare una terribile recidiva. I segnali ci sono tutti. Giovani qualificati nordafricani in cerca di lavoro si danno fuoco da mesi. Dopo la guerra e le varie “primavere arabe”, cosa faranno? La lezione sulla democrazia di Alexis de Tocqueville, risuona in questi tristi tempi come l’insegnamento più significativo. Nei regimi dittatoriali o assolutisti il dispotismo colpisce il corpo, ignorando l’anima della vittima martoriata che così può trasformarsi in eroe. Nei regimi inertemente democratici, il dispotismo ignora il corpo e si accanisce sull’anima, condannando la vittima alla morte civile. Perché in questo regime tutto si può dire tranne la verità. “Wake up Occidente” cioè “Sveglia Occidente” pensava e scriveva Oriana Fallaci nell’ottobre 2002. L’Undici Settembre ha cambiato il mondo. Nel declino allucinante è da annoverare senz’altro la nostra alterata percezione della libertà personale nel nome della sicurezza: oggi siamo disposti a farci spiare tranquillamente da tutti, grazie alle famose microcamere piazzate un po’ ovunque. Sui telefonini “smart”, sui computer, sugli iPad, sui tablet, sui netbook connessi a Internet. È la nostra tecnologia che rende la vita più semplice, il nostro punto debole. Dopo l’Undici Settembre siamo disposti ad accettare che “c’è sempre chi pensa a te”. Magari perché lo vogliono i Mercati che siamo noi. Gli affari sono affari. Insomma ci siamo consegnati al pensiero dominante altrui, in nome della sicurezza. Fino a qualche mese prima dell’Undici Settembre sarebbe stato semplicemente impensabile accettare passivamente formule politiche e soluzioni informatiche del genere. Dove finiremo? Al “credere-obbedire-combattere” mussoliniano, magari via e-mail? La lobotomia è già cominciata. E il Grande Fratello, chiunque esso sia, gongola. È sufficiente diffondere tra i cittadini la voce di un “tentativo attendibile di attacco terroristico sotto investigazione” (magari diffondendo allarmi datati) per far ripiombare tutti nella plumbea atmosfera dell’Undici Settembre. Ammaestrati come siamo al cinema dei disastri hollywoodiani, ormai dovremmo essere immunizzati. E, invece, crescerà la domanda di sicurezza per evitare – assicurano gli esperti – che altri grattacieli crollino, che altre immense nubi di polvere e detriti invadano le nostre vite e città, che altra gente corra trafelata, gli occhi sbarrati, sporchi di cenere, cercando di mettersi in salvo, che altri poliziotti non sappiano cosa fare, che altri pompieri corrano a salvare qualcuno consapevoli di correre verso la morte certa, che altre città in delirio, tra strade deserte solcate da ambulanze, carri dei vigili del fuoco, sirene e presidenti, impazziscano tra le migliaia di passeggeri bloccati negli aeroporti (è quello che sta accadendo in Siria in questi istanti). Perché i telefonini (non i satellitari!) non funzionano. Per evitare che la televisione continui a scandire e ripetere sino all’ossessione le scene già imparate a memoria della tragedia delle Torri e del Pentagono, l’immagine di quelli che decidevano di mettere fine al tormento gettandosi dalle Torri per sfracellarsi al suolo alla velocità di 210 Km/h. Ma vi pare normale? Forse conveniente per quei terroristi “figli di cane” e per i loro mandanti. È facile dire che tutto si dimentica. Certe immagini rimangono scolpite a fuoco nella memoria. Da allora tutto è cambiato per sempre nelle nostre vite. Ma la sfera della nostra autonomia e della nostra libertà continuerà a subire pesanti limitazioni. Al controllo prima del volo accettiamo ormai rassegnati ogni indagine perché crediamo che siano utili a identificare e neutralizzare il potenziale terrorista. E, qui in Europa, nonostante il nostro giovane liberalismo, norme alla mano, non possiamo più preoccuparci di un turbante, di un velo, di una moschea, di una barba che prima ci insospettiva. Pena l’accusa di razzismo. Oggi tremila persone innocenti ridotte in polvere chiedono Giustizia perché quell’Undici Settembre 2001 volevano vivere. Amavano la vita. Non insegnavano ai loro figli l’arte di farsi esplodere in nome di Allah perché sarebbero così andati in paradiso allietati da giovani vergini. No, quelle eroiche vittime di tutto il Mondo non invocavano la morte per alcuno. Eppure 19 pazzi suicidi fondamentalisti, indottrinati fin da bambini nel nome di un dio impossibile, credevano di essere nel giusto perché, conto corrente ingigantito alla grande per loro famiglie, dicevano che fin da piccoli erano stati educati a crederlo! Oggi sappiamo chi insegna loro queste assurdità. Sappiamo anche dove e come operano. Ma non sappiamo (o no?) da dove provengono quei flussi di danaro che hanno finanziato le stragi dell’Undici Settembre e quella dottrina di morte. La guerra contro i mandanti dell’Undici Settembre non la potremo vincere solo con le bombe termobariche. La vinceremo con la vita insegnata e donata nei più sperduti villaggi dove vengono inculcate quelle amenità. Eliminato il braccio militare, bisognerà sempre colpire i mandanti e la loro filosofia di vita. Dopo undici anni ancora non abbiamo cominciato. Per farlo dovremo neutralizzarli in ciò che hanno di più caro, psicologicamente, economicamente e culturalmente. Perché loro intendono distruggere l’anima, la fiducia, l’ottimismo, la vita a fondamento della nostra Civiltà, quindi la nostra libertà pubblica e privata, in nome della droga e degli affari. Altro che “kamikaze”. Figli di cane in giacca e cravatta. Gli Usa e l’Europa si sveglino! La fine è vicina perché la nostra identità culturale è stata profanata per sempre dall’immoralità. L’imbroglio della vittoria su Osama Bin Laden è un’offesa ai caduti dell’Undici Settembre. Si abbia il coraggio della verità. Nessuna persona razionale intellettualmente onesta è disposta a credere che stiamo vincendo la “guerra al terrore”. E non è neppure questione di una sana classificazione tra Islam buono e cattivo in eterna lotta fratricida per l’affermazione e l’istituzione di un gran califfato multimediale sull’Occidente un tempo cristiano. La natura certamente aborre il vuoto. E una cultura più forte può effettivamente fagocitarne un’altra. Le chiese cristiane erano vuote di giovani europei ed americani, anche prima dell’Undici Settembre. No. Questa guerra insolita non la potremo mai vincere così come l’abbiamo combattuta finora perché è una guerra contro l’Umanità scatenata da forze del male (con nome e cognome) senza scrupoli in nome degli affari. Qualcuno penserà che le Torri crollano da millenni per colpire la superbia umana e i vani disegni di grandezza, come insegna la Sacra Bibbia. Allora che pensare delle chilometriche torri che stanno spuntando dal deserto d’Arabia. Non crediamo alle farneticanti affermazioni dei complottisti senza prove. Crediamo piuttosto nei flussi finanziari che spostano ricchezza reale e virtuale da una capo all’altro del pianeta in pochi istanti. Crediamo all’esistenza di Capitali di guerra che preparano la nuova Apocalisse sulla Terra. Ecco, sempre invocando il raziocinio della nostra Oriana Fallaci, salita al cielo il 15 settembre 2006 nel quinto anniversario delle Torri Gemelle, è sufficiente tenere sotto controllo questi flussi per cercare di capire dove e come il nemico colpirà la prossima volta. Fino a prova contraria, stiamo parlando di esseri umani che possono essere sconfitti con il buonsenso, la ragione, la rabbia, l’orgoglio, la passione, la forza della sopravvivenza di tutti: cristiani, arabi, ebrei, atei ed agnostici che amano la vita. Sì, dobbiamo vincerla questa guerra prima che sia troppo tardi. Prima che Troia bruci di nuovo, prima che i nuovi totalitarismi facciano terra bruciata nel cuore dei giovani. Prima che la Terra sia devastata. Il Buon Mercato lo vuole. Il terrorismo islamico è solo la punta di un pericoloso iceberg culturale, politico e sociale diretto a tutta forza contro la fiancata debole e indifesa dell’Occidente. La tragedia del Titanic ha compiuto cento lo scorso aprile 2012. Dopo 100 anni di guerre in Occidente quell’orchestra continua a suonare tra una guerra e l’altra mentre siamo sotto attacco. Nell’era nucleare non si scherza. Le stesse categorie e regole di ingaggio militari sono state stravolte per sempre. Rischiamo di affondare nell’oceano della Storia. Sappiamo che le dichiarazioni di guerra sono un lontano ricordo e, quindi, abbiamo ragione di credere che nessuno si accorgerà della fine del Mondo semplicemente perché non vi sarà più nessuno a raccontarla. Perché nessuno si accorgerà di nulla, prima che tutto sia finito. Vogliamo giungere a tanto in nome degli affari? Di quale mercato? Certamente non qui sulla Terra. Le immagini delle Torri Gemelle in fiamme risuonano nella Storia come un’oscura epifania di morte per il Mondo intero. Viviamo in una strana e inquietante situazione ben peggiore della crisi dei missili di Cuba, miracolosamente risolta dal grande presidente John F. Kennedy cinquant’anni fa. “Prepariamoci a difendere la nostra civiltà con tutte le forze” – disse il presidente Ciampi subito dopo gli attacchi a New York e Washington. Non pensiate che l’Oriente possa sopravvivere al crollo dell’Occidente. La crisi economica mondiale che sta cambiando le nostre vite, non è figlia di qualche algoritmo impazzito che “uccide” le borse. A meno di dover pensare che stia effettivamente accadendo quanto preconizzato con “Skynet” nella saga Terminator. L’Undici Settembre è, tuttavia, un seme fecondo. La lista degli eroi è incisa a caratteri cubitali sul Memorial 9/11 di New York al WTC. Anche se ancora non conosciamo la lista dei veri mandanti e forse non la conosceremo mai. Il valore universale dei diritti umani, della dignità di ogni persona (nel diritto a una pagnotta di pane quotidiana su questa Terra), della tolleranza, del rispetto, della solidarietà, possono e debbono essere riaffermati con forza in un nuovo Patto di Civiltà che rigetti il relativismo come fondamento della Democrazia e della Libertà. Quanto costa all’Italia la “guerra al terrore”? Quante e quali bombe abbiamo lanciato contro i fondamentalisti integralisti? Su quali obiettivi? Con quali conseguenze? Non lo sapremo mai. La partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia italiane alle missioni internazionali (prorogata) nonché la prosecuzione degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, ha un costo totale per tutto l’anno 2012 di 747.640.929 milioni di euro. Poi ci sono i 23.938.928 milioni di euro al mese per le spese del personale, i 27.388.466 milioni di euro al mese per le spese di funzionamento (viveri, supporto logistico) dei 4000 militari e dei 844 mezzi (bellici e non) nel teatro di guerra afgano. Queste cifre riguardano solo la guerra in Afghanistan (la copertura complessiva delle spese per le 16 missioni internazionali dell’Italia è di 1.402.405.458 euro, una cifra pari alla metà del totale del debito pubblico nazionale!) in cui l’Italia è la terza forza militare della coalizione Isaf ed Eupol. In Afghanistan la “guerra al terrore” complessivamente oggi costa 2.500 miliardi di dollari al mese. Non esistono stime precise e univoche delle persone morte in Afghanistan dall’inizio della guerra a oggi. Il numero dei civili uccisi in oltre dieci anni di massacri oscilla tra le 20 e le 40mila unità. Una guerra che si combatte contro alcune migliaia di fanatici integralisti che, prima del 1989, venivano combattuti dall’Armata Rossa dell’Unione Sovietica, prima dell’arrivo dei Talebani filo-occidentali! Come ha scritto Papa Benedetto XVI “la razionalità degli argomenti dovrebbe cancellare il fossato tra etica laica e etica religiosa e fondare un’etica della ragione che vada oltre tali distruzioni”. Tutto questo va tradotto in equazioni matematiche “dinamiche” per una nuova Economia planetaria del Credito al servizio di ogni singola persona valorizzata nel e per il suo “essere”. Chi non è d’accordo vada via, lasci il pianeta. La guerra, la fame, la povertà, il terzomondismo, il pacifismo, l’industria della morte, vanno bandite matematicamente dagli scenari e dalle dinamiche dominanti globali. Solo così riusciremo a smascherare i veri mandanti dell’Undici Settembre, solo così potremo sopravvivere alla nostra stessa spirale dominante votata all’estinzione. Il futuro è già presente. Il WTC risorge a New York. Realizzate su progetto dell’architetto Minoru Yamasaki, le Twin Towers del passato furono inaugurate nel 1973. Ciascuna delle torri aveva 110 piani: superavano l’altezza di 415 metri, con una superficie occupata di 63,4 per 63,4 metri. Trentacinquemila i dipendenti delle 430 società che avevano sede nei due grattacieli. All’interno di alcuni caveaux erano custoditi 3.800 lingotti d’oro. Complessivamente il World Trade Center era costituito da sette grattacieli, i tre più bassi erano di 9 piani. Gli attacchi terroristici portarono alla distruzione dell’intero complesso, compresi gli edifici minori. Il nuovo grattacielo che sta sorgendo sarà alto 541 metri. I lavori per l’estrazione delle macerie non erano ancora terminati che già l’America pensava a ricostruire i grattacieli distrutti. Questa è l’America. La ricostruzione del World Trade Center è affidata all’architetto Daniel Libeskind e al suo Master Plan for the New World Trade Center. L’edificio di punta, la Freedom Tower di 541 metri, nasce nel segno altamente simbolico di un numero di estrema importanza per gli Stati Uniti: l’altezza espressa in piedi, infatti, è pari a 1776, l’anno della Dichiarazione di indipendenza degli Usa.
Nicola Facciolini
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