Chi è malevolo vede ovunque insidie e intenzioni che non vi sono nei fatti e nelle parole esatte pronunciate da Mario Monti ieri, da New York, dove è andato per parlare all’Onu, chiunque abbia visto l’intenzione di bissare il suo mandato, ha visto molto oltre le sue reali intenzioni.
Monti ha detto invece che non ha alcuna intenzione, a scadenza di mandato, di candidarsi e per nessun partito ed invece affermato che, essendo ormai senatore a vita, se richiesto sarà sempre a disposizione della Nazione.
Ma s’infuriano lo stesso i politici di professione, Berlusconi prima e Bersani poi, senza rendersi conto che nella valanga di discredito che sta travolgendo gran parte della nomenclatura locale dei partiti e i relativi collegamenti nazionali e internazionali, il governo dei tecnici appare l’unica possibilità, dal momento che la politica, oltre che a rubare e fare i propri interessi, in una anno intero, non ha riformato se stessa né avviato nessuno dei cambiamenti promessi.
In realtà Monti ha voluto solo cogliere l’occasione per dirsi pronto a non tirarsi indietro qualora “non si dovesse formare una maggioranza” in Parlamento o ce ne fosse bisogno, forte anche della ribadita (anche ieri al Palazzo di Vetro) della sua forte credibilità internazionale, unico argine ad un discreto italiano davvero generalizzato.
La politica invece è preoccupata e non solo ai vertici dei due partiti maggiori. L’unico possibilista è Pierferdinando Casini, che su un eventuale Monti-bis dice: “’Se ci dovessero essere circostanze speciali, che io mi auguro non ci siano, e mi verra’ chiesto, prenderò la proposta in considerazione”.
In una intervista a Bloomberg, Monti è tornato, in serata a precisare le sue parole: ”Non ho piani o desideri specifici per il futuro. Voglio che le forze politiche, i mercati e la comunità internazionale sappiano che sarò sempre lì” e da “Piazza Pulita” su La7, Ignazio La Russa boccia ogni ipotesi di una replica del governo tecnico e afferma che il suo partito potrebbe prendere in considerazione questa prospettiva solo se l’ attuale premier dovesse candidarsi a leader di un partito o di una coalizione.
Stessa posizione quella di Matteo Renzi, il sindaco-rottamatore di Firenze, che si presenta nelle primarie del centrosinistra: ”Il governo Monti e’ stato la supplenza di due fallimenti. Uno, più grosso, che e’ quello del governo Berlusconi. L’altro, molto più piccolo, e’ che il centrosinistra non e’ stato considerato credibile per andare subito alle elezioni”. Per Renzi, un Monti-bis sarebbe ”umiliante per la politica”.
Con le primarie del Pd alle porte e il dibattito ancora aperto al Senato sulla legge elettorale da adottare, i partiti di maggioranza sono decisi nell’allontanare come la peste l’eventualità di un Monti-bis, che potrebbe rendere inutili (addirittura surreali) sia le primarie piddine, sia l’attesa per l’ esito delle elezioni di primavera. Se prendesse invece corpo, come tiepidamente auspicato da Casini, la prospettiva del ritorno di Monti a Palazzo Chigi pure nella prossima legislatura, tornerebbe in campo la possibilita’ di un voto anticipato, forse a febbraio-marzo.
Comunque, anche in questo caso, la politica è in affanno ed i ritardo e, come dice Marco Damilano de L’Espresso, incapace di lavorare seriamente per un suo cambio di immagine e di credibilità
Domenica scorsa, su La7, il duo Porro-Telese ha dedicato la trasmissione In Onda al discusso e discutibile tesoriere della Regione Lazio, Franco Fiorito, presente in studio con il suo avvocato Taormina. Un’ora di programma veramente illuminante, sotto tutti i punti di vista, dove, forse per la prima volta, il cittadino-spettatore ha avuto modo di capire, o quanto meno di cominciare ad avvicinarsi alla verità, su questa intricata e incresciosa vicenda di troppi soldi spesi in modo inqualificabile.
Ed ha capito anche che molti politici, si dedicano soprattutto al proprio introito e al proprio tornaconto, non avendo neanche per un istante a cuore le sorti ed il futuro dei loro elettori.
Ciò che da La7 ma anche da Porta a Porta è chiaramente emerso, è che Fiorito ha speso soldi che erano nelle sue disponibilità e sebbene colpevole in senso morale, non lo è tecnicamente.
E’ interessante quanto riferisce Simonetta Bartolini circa l’affluenza, dopo il fatto laziale, al dibattito, alla Camera, sulla questione dei contributi ai gruppi parlamentari. In aula, ad ascoltare i relatori, tra gli scranni siedono in tutto 12 deputati, a cui però si debbono aggiungere altri quattro presenti tra relatori e componenti dell’Ufficio di presidenza e, soprattutto, quella di Gianfranco Fini, che presiede.
L’essenziale per la Casta che si sente minacciata da un tecnico come Monti , è, come sempre, annunciare e non fare o, comunque, annacquare e ritardare.
L’ultima, clamorosa finta dei partiti riguarda il copioso fiume di danaro ai gruppi e, in barba a tutte le centinaia di dichiarazione e promesse di “trasparenza”, tra Palazzo Madama e Montecitorio si sta consumando la guerra dell’autodichia: il principio dell’auto-giurisdizione degli organi costituzionali.
Così, in nome di tale astruso principio, al Senato non vogliono bilanci online e certificati da società esterne. Sergio Rizzo se n’è occupato ieri sul Corriere della Sera, tirando fuori bilanci segreti di 22 milioni di euro ai gruppi. La politica, però, ha risposto ancora una volta con l’annuncio di voler provvedere presto, con uno strepitoso titolo dettato ad un’agenzia di stampa: “Bilancio gruppi: Senato pensa a trasparenza”.
Per l’occasione il pensatore si chiama Paolo Franco ed è della Lega, partito decimato nei sondaggi dal caso Belsito e di nuovo nei guai con le tangenti Finmeccanica-Augusta.
Anche alla Camera si è verificata la stessa storia. Controlli esterni prima bocciati poi introdotti ed oggi il voto decisivo a Montecitorio.
In merito ai controlli va segnalata una veemente uscita di Pier Ferdinando Casini, che nel febbraio scorso. sull’onda dello scandalo Lusi, proclamò di volere bilanci trasparenti per tutti con l’intervento della Corte dei conti. Ma, naturalmente, non se ne fece nulla.
Da quando, nel 2007, è uscita la prima edizione della Casta di Rizzo e Stella, la Seconda Repubblica si è riformata solo nei titoli, nei sommari e negli occhielli di giornali, oppure nella propaganda televisiva. Giammai nei fatti.
Ed ora che Monti minaccia di restare in sella, si riunisce in un no unanime e sdegnato e che, stavolta, certamente sarà di ostacolo per un governo con un futuro serio e non fatto di soli annunci.
Carlo Di Stanislao
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