Sabato 29 settembre, in occasione dei festeggiamenti di San Michele Arcangelo, Patrono del piccolo paese aquilano, è stata messa in scena nella piazza principale di Villa Sant’Angelo una riduzione teatrale del testo biblico dell’Apocalisse di San Giovanni. L’occasione del recupero di una tradizione, sociale e religiosa, la festa del Santo Patrono appunto, attraverso un’operazione culturale che, come confermato dall’autore, Claudio Marchione, può avere diversi livelli interpretativi.
Il testo biblico dell’Apocalisse è stato riportato in maniera fedele, adattato solo lo stretto necessario alla trasposizione scenica, e tuttavia, proprio attraverso quest’ultima viene attualizzato in maniera vivida, soprattutto se si considera il luogo in cui questa si svolge: uno dei paesi dell’aquilano più colpiti dal sisma di tre anni fa e la cui piazza porta ancora evidenti i segni della sua “Apocalisse”. Il palco diviene allora isola Celeste che si erge sulla distruzione dove, in un tempo mitico, sospeso, l’azione si svolge. Da segnalare la l’attiva partecipazione della popolazione di Villa Sant’Angelo, molte infatti le persone coinvolte nello spettacolo in veste di figuranti o nel coro.
San Giovanni racconta di tre violente scosse di terremoto che si susseguono prima e durante lo scontro tra le forze del Male e quelle del Bene condotte in battaglia, appunto, dall’Arcangelo Michele, proprio come tre sono state le scosse occorse nella notte tra il 5 ed il 6 aprile di tre anni fa. Durante la rappresentazione si udranno inoltre le registrazioni delle telefonate fatte da alcune studentesse che, intrappolate nelle loro case, chiedono disperatamente aiuto ai vigili del fuoco.
La battaglia Celeste è preceduta dall’apertura dei sette sigilli del libro che Dio tiene in mano, dopodiché sette angeli fanno squillare le loro trombe, scagliando sulla terra atroci punizioni, allo squillare della quarta tromba è proprio un’aquila ad ammonire gli uomini: “guai, guai, guai agli abitanti della Terra per i rimanenti squilli di tromba dei tre Angeli che devono ancora suonare”.
Sarà in fine l’Arcangelo Michele ad incatenare il drago, Satana, per cacciarlo nell’abisso ponendo su questo il suo sigillo, che non potrà essere sciolto, solo per poco tempo, se non ogni mille anni. A livello scenico, il drago verrà di fatto bruciato nel fuoco purificatore.
L’Apocalisse rappresenta inoltre la punizione da parte di Dio all’opulenza e alla corruzione di Roma (Babilonia nel testo) che insegue lo sfarzo a discapito dei poveri, una situazione sociale non troppo diversa da quella attuale, se si interpreta la carestia biblica con la crisi dei nostri giorni, una similitudine che è ancora più evidente in una zona particolare come l’aquilano, quotidianamente alle prese col rosicchiare feroce di certe “cavallette”. Si aggiunga a questo che, guarda caso, sono passati (all’incirca) due volte mille anni dalla battaglia Celeste e dalla conseguente cacciata della bestia, ma, ovviamente, non si vuole ora certo essere eccessivamente tragici o, come era di moda dire fino a qualche tempo fa “catastrofisti”.
Il messaggio che emerge forte dalla rappresentazione, a qualsiasi livello esegetico, è comunque legato alla voglia e alla speranza di un riscatto da una situazione non più sostenibile, riscatto che può e deve necessariamente passare attraverso la volontà degli uomini di ripensare se stessi ed i propri parametri e valori.
Sandro Coletti
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