“Felice cinquantesimo anniversario!”. Sono le parole del Professor Tim de Zeeuw, Direttore Generale dell’ESO. Il 5 Ottobre 2012 si celebra il 50esimo anniversario della fondazione dell’Eso, sancta sanctorum dell’Astronomia mondiale, nel ricordo sempiterno di Steve Jobs il cofondatore di Apple Inc., la multinazionale dei migliori computer al mondo, scomparso il 5 Ottobre 2011. Sono tante le iniziative scientifiche e culturali in programma tra il Cile e il quartier generale dell’Eso in Germania. Quando nacque cinquant’anni fa l’Eso, grazie all’impegno delle prime cinque nazioni partecipanti (Belgio, Francia, Germania, Olanda e Svezia), il telescopio di 5 metri del Monte Palomar era il più grande occhio del pianeta Terra puntato verso il cielo stellato. Oggi l’avanguardia è rappresentata dalla tecnologia europea del Very Large Telescope sul Cerro Paranal in Cile, l’osservatorio più potente della storia che ha rivelato tutto lo splendore dell’Universo in cui viviamo. L’Eso è la principale organizzazione intergovernativa di Astronomia in Europa e l’Osservatorio astronomico più produttivo al mondo. È sostenuto da 15 paesi: Austria, Belgio, Brasile, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Svizzera. L’Eso svolge un ambizioso programma che si concentra sulla progettazione, costruzione e gestione di potenti strumenti astronomici da terra che consentano agli astronomi di realizzare importanti scoperte scientifiche. Ha anche un ruolo di punta nel promuovere e organizzare la cooperazione mondiale nella ricerca astronomica. Gestisce tre siti osservativi unici al mondo in Cile: La Silla, Paranal e Chajnantor. Sul Paranal l’Eso gestisce il Very Large Telescope, Osservatorio astronomico d’avanguardia nella banda visibile e due telescopi per “survey”. VISTA, il più grande telescopio per osservazioni ottiche al mondo, lavora nella banda infrarossa mentre il VLT Survey Telescope è il più grande telescopio progettato appositamente per produrre osservazioni del cielo in luce visibile. L’Eso non si limiterà a verificare la velocità di espansione accelerata dell’Universo (negli Anni Venti del secolo scorso l’astronomo americano Edwin P. Hubble scoprì che l’Universo non è statico) misurata dal Telescopio Spaziale Spitzer della Nasa in 74.3 più o meno 2.1 chilometri al secondo per megaparsec (un megaparsec equivale a 3 milioni di anni luce). La misura più precisa di sempre. L’Eso è il partner europeo di un telescopio di concetto rivoluzionario, ALMA, il più grande progetto astronomico esistente. Con la spettroscopia esoplanetaria ad altissima risoluzione, dalla Terra e dallo spazio, ne scopriremo di tutti i colori, compresi i segreti dei mondi alieni nei vicini sistemi solari. Basta dare un’occhiata a tutte le stelle in un raggio di cento anni luce dalla Terra. Infatti gli scienziati europei hanno posato lo sguardo su strumenti ancora più grandi e l’Eso sta realizzando i loro sogni. Questi enormi telescopi per l’osservazione cosmica hanno permesso alcune delle più suggestive scoperte sull’Universo. Ora, per la prima volta nella sua storia, dal 5 Ottobre 2012 tutti i cittadini del mondo possono decidere cosa osservare con il VLT o persino vincere un fantastico viaggio nello spettacolare Deserto di Atacama per aiutare gli astronomi dell’Eso a realizzare le osservazioni del cielo. L’iniziativa è stata promossa dal Direttore Generale dell’Eso, il Professor Tim de Zeeuw, e speriamo continui anche dopo le celebrazioni ufficiali. Il primo dei due concorsi istituiti in occasione del 50esimo Anniversario dell’Eso si intitola “Scegli cosa far osservare al VLT”. Di solito gli astronomi devono preparare in anticipo un progetto dettagliato di osservazione, spiegando alla comunità scientifica internazionale perché intendono utilizzare il VLT su una specifica fetta di cielo. Solo una piccola parte delle loro richieste può essere accettata. Per i semplici cittadini, a quanto pare, d’ora in poi sarà molto più semplice. L’Eso ha già preselezionato alcuni oggetti celesti interessanti visibili in cielo nella notte del 50esimo Anniversario ed adatti al campo di vista del VLT nel cielo australe. Tutto ciò che serve è esprimere sul sito ufficiale dell’Eso il proprio voto per l’oggetto preferito. Quello più votato sarà osservato con il VLT nel giorno del 50esimo Anniversario. Verrà quindi estratto il nome di un vincitore, oltre a dieci nomi per il secondo posto, tra chi ha votato, non necessariamente per l’oggetto vincente. Il vincitore riceverà uno degli iPad più recenti di Apple Inc., mentre il premio per il secondo posto saranno alcuni prodotti dell’Eso tra cui libri, dvd, penne ed altri gadget. Che ne dite di visitare il VLT per contribuire voi stessi ad osservare l’oggetto prescelto? Per averne l’opportunità è possibile partecipare al secondo concorso:“Un Tweet per il VLT!”. Occorre scrivere con un “tweet”, in una qualsiasi delle lingue ufficiali degli stati membri dell’Eso, il motivo per cui vorreste visitare il VLT all’Osservatorio di Paranal in Cile. Una giuria ha scelto il fortunato vincitore a cui è offerto un viaggio in Cile, alloggio compreso. Il vincitore ha l’opportunità di visitare il VLT in occasione del 50esimo Anniversario dell’Eso e di partecipare all’osservazione dell’oggetto prescelto dal concorso “Scegli cosa far osservare al VLT”. Le osservazioni saranno anche mostrate in diretta streaming mondiale all’interno delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario. Il VLT è come un teleobiettivo molto potente, perciò il suo campo di vista è minuscolo. Ciò significa che un oggetto molto grande, come la Nebulosa di Orione o la Nebulosa Carena, risulta troppo grande per essere osservato dal VLT in un colpo solo. L’Eso ha preparato una raccolta delle immagini in bianco e nero degli oggetti da votare, utilizzando immagini già esistenti, ottenute dalla DSS (Digitized Sky Survey). Naturalmente, l’immagine finale del VLT sarà molto più bella delle anteprime in bianco e nero. Al di là delle modalità di partecipazione ai due concorsi ufficiali, abbiamo consigliato agli scienziati di puntare tutti i telescopi dell’Eso sui più vicini sistemi solari alieni in un raggio di cento anni luce dalla Terra, Alpha Centauri (è disponibile solo un’immagine in b/n ripresa dal Telescopio Schmidt di un metro) e Zeta Reticuli comprese, perché simili foto ad altissima risoluzione (VLT) ancora non esistono. “La firma della Convenzione ESO nel 1962 e la creazione dell’ESO – dichiara il professor Tim de Zeeuw, Direttore Generale dell’ESO – furono il coronamento del sogno che permise agli astronomi di cinque nazioni europee, Belgio, Francia, Germania, Olanda e Svezia, di unirsi nella realizzazione di un grande Osservatorio Europeo che sarebbe sorto nell’emisfero sud della Terra per offrire agli astronomi del vecchio continente libero accesso al meraviglioso e ben più ricco cielo stellato australe grazie alle ottiche di potenti telescopi. Il sogno si materializzò nella creazione all’Osservatorio La Silla presso La Serena in Cile, in previsione della possibile realizzazione di altri telescopi, dello strumento principale di 3.6 metri di diametro. Quando l’Italia e la Svizzera nel 1982 aderirono all’ESO, la costruzione del New Technology Telescope, grazie alle pioneristiche ottiche adattive, divenne finalmente possibile, preparando la strada al successivo capolavoro: la creazione del Very Large Telescope. Così le ottiche adattive del VLT e l’interferometria divennero il pane quotidiano per l’intera comunità astronomica internazionale e furono rese disponibili a tutti per la prima volta in assoluto. La decisione di realizzare un sistema ottico totalmente integrato come il VLT consistente in quattro telescopi ottici ciascuno del diametro di 8,2 metri in grado di fornire le prestazioni di uno strumento di maggiore apertura, spalancò letteralmente le porte a una nuova era nella storia dell’ESO e dell’Astronomia mondiale. La combinazione di un finanziamento adeguato a lungo termine con il piano di sviluppo tecnologico e un approccio nel quale la strumentazione è realizzata in collaborazione con le istituzioni degli stati membri e con i contributi vitali garantiti dal tempo di osservazione, ha consentito la creazione del più avanzato Osservatorio ottico terrestre al mondo. Oggi, nel 2012, le speranze originali dei primi cinque stati membri fondatori non solo sono divenute realtà ma l’ESO ha pienamente preso il largo nella sua missione di concepire, realizzare e far funzionare la più avanzata strumentazione ottica del pianeta in strutture astronomiche d’avanguardia. E l’avventura continua sul plateau Chajnantor nel Cile settentrionale dove l’ESO sta sviluppando l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array. E ci stiamo preparando a realizzare l’European Extremely Large Telescope nel segno e nell’impegno della costante innovazione tecnologica che ci consentirà di raggiungere traguardi scientifici per ora semplicemente inimmaginabili verso l’esplorazione e la scoperta di territori inesplorati. L’ESO ha già conseguito successi scientificamente notevoli come l’osservazione e l’analisi spettrale diretta del primo esopianeta alieno, lo studio dell’accelerazione dell’Universo e l’analisi dettagliata del buco nero supermassiccio al centro della nostra Galassia, la Via Lattea. Oggi siamo pronti ad entrare in una nuova era neppure lontanamente immaginata dai padri fondatori dell’ESO. I nostri più grandi telescopi cercheranno di rispondere alle domande focali dell’Umanità. Se è evidente l’eccitazione per i tempi che stiamo vivendo come astronomi, lo è ancor più per il fatto di essere scienziati di uno stato membro dell’ESO. Desidero ringraziare tutti coloro che nel passato hanno fornito il loro contributo e nel presente lavorano attivamente nell’ESO, con professionalità, passione e spirito di squadra, contribuendo a rendere l’ESO quello che è: l’Osservatorio astronomico più produttivo al mondo. Ringrazio tutti i membri della Commissione e del Consiglio dell’ESO, così come tutti gli astronomi, i tecnici e quanti nel mondo dell’informazione hanno reso e rendono fruibili al grande pubblico temi di ricerca così affascinanti nell’Astronomia. Per me, e il mio saluto va a tutti i miei predecessori, è un grande onore lavorare oggi all’ESO con questo spirito in un periodo storico rivoluzionario. Le mie congratulazioni vanno a tutti gli stati membri che nel tempo hanno reso possibile l’espansione scientifica e tecnologica dell’ESO: la Danimarca (1967), la Svizzera e l’Italia (1982), il Portogallo (2001), il Regno Unito (2002), la Finlandia (2004), la Spagna e la Repubblica Ceca (2007), l’Austria (2009) e il Brasile che diventa il quindicesimo stato membro dell’ESO, il primo non europeo, dopo la ratifica parlamentare dell’Accession Agreement siglato nel Dicembre 2010. L’Astronomia di frontiera è già realtà grazie all’ESO. La comunità scientifica internazionale è fiera dell’ESO, dei partner istituzionali e di quanti si prodigano, a qualsiasi livello, nel perseguimento degli ambiziosi progetti che l’Astronomia oggi richiede”. A San Pedro di Atacama, immerso in uno scenario mozzafiato tra meraviglie naturali, questa pittoresca cittadina è sede degli indigeni Atacameño ma anche di avventurosi escursionisti, tecnici ed astronomi dell’Eso. Non lontano da San Pedro, la prima “macchina dei sogni” dell’Eso sta prendendo forma. Si chiama ALMA, un progetto congiunto di Europa, Nord America e Asia orientale. Funziona come un’enorme lente di ingrandimento, non della luce visibile ma delle onde radio. Le 66 antenne, quando sono vicine tra di loro, offrono un ampio campo di vista, mentre quando sono lontane possono rivelare dettagli minuti su un’area di cielo più piccola. A lunghezze d’onda sub-millimetriche Alma vede l’Universo in una luce diversa. Che cosa rivelerà? Forse lontane civiltà aliene extraterrestri ma anche la nascita delle prime galassie nell’Universo, sulla scia del Big Bang di 13,7 miliardi di anni fa, nubi fredde e polverose di gas molecolare, i vivai stellari, dove sono nate le stelle, i pianeti, gli altri mondi come la Terra e la chimica del Cosmo per cercare di capire come è nata la vita. Per esplorare direttamente il cuore del quesito fondamentale senza rinvii fantascientifici alla Prometheus, il kolossal di Ridley Scott. Che cosa ha originato la vita sui pianeti terrestri? Chi e che cosa sono realmente gli Ingegneri? Cosa hanno utilizzato? Quali sono i mattoni della vita? Chi sono gli antenati dei cianobatteri del brodo primordiale terrestre? Alma saprà scovare le molecole organiche, gli elementi costitutivi della vita. La costruzione di Alma è in pieno svolgimento. Due trasportatori giganti, chiamati Otto e Lore, porteranno le antenne, una volta terminate, fino alla piana di Chajnantor. A 5mila metri sul livello del mare la schiera di antenne offre una visione senza precedenti dell’Universo nella banda delle microonde. Se Alma è quasi completata, la prossima “macchina dei sogni” dell’Eso è già vicina alla realizzazione. La vetta di una montagna, il Cerro Armazones, non lontano dal Paranal, ospiterà tra qualche anno il Telescopio più grande nella storia dell’Umanità, l’European Extremely Large Telescope, il più grande occhio del mondo rivolto al cielo. Vanta un specchio di quasi 40 metri di diametro: l’E-ELT semplicemente eclisserà ogni precedente telescopio. Abbiamo ragione di credere, con la dovuta cautela, anche il James Webb Space Telescope della Nasa prossimo al lancio. Quasi ottocento segmenti di specchio controllati da un computer per le ottiche più complesse al mondo, forniranno le immagini più nitide possibili, collocate all’interno di una cupola alta come un campanile: l’E-ELT è un concentrato di superlativi. Ma la vera meraviglia è nell’Universo là fuori e nelle nostre più immediate vicinanze, lungo l’orbita galattica del nostro Sole e del Sistema Solare. Una periferia cosmica che, molto probabilmente, pullula di vita extraterrestre, animale e vegetale, su mondi simili alla Terra che stanno vivendo le nostre passate e future ere geologiche. L’E-ELT rivelerà i pianeti in orbita attorno ad altre stelle. I suoi spettrografi intercetteranno le atmosfere di questi mondi alieni, alla ricerca di segni di vita e di civiltà extraterrestri. L’E-ELT studierà le singole stelle in altre galassie. Per gli astronomi dell’Eso sarà come incontrare per la prima volta gli abitanti di città vicine. Lavorando come una macchina del tempo cosmico, il Telescopio gigante permetterà di guardare indietro di milioni e di miliardi di anni per sapere come tutto è cominciato. Il super Telescopio è concepito per risolvere l’enigma dell’espansione accelerata dell’Universo, il mistero per cui le galassie sono spinte una lontana dall’altra sempre più velocemente. Fatto che sta suscitando in tutto l’Universo un certo interesse ma anche una grande fretta di conoscersi prima che sia troppo tardi. L’Astronomia è una grande scienza. È la scienza dei grandi misteri. C’è vita oltre la Terra? Qual è l’origine dell’Universo? Il nuovo gigantesco Telescopio dell’Eso ci aiuterà nella nostra ricerca verso la conoscenza, ma poi quei mondi alieni li dovremo esplorare direttamente. Non ci siamo ancora arrivati. Ma non ci vorrà molto grazie alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata. Cosa scopriremo dopo? Nessuno lo sa. Forse, altre domande. Ma l’Eso è pronto a raccogliere la sfida per nuove sorprendenti avventure. Il 50mo anniversario cade esattamente a un anno dalla scomparsa di Steve Jobs. Che cosa ne è stato del suo sogno di restare tutti “affamati e folli”? Quali delle sue creazioni e idee rappresentano ancora un’avanguardia intellettuale? Dal suo testamento al Nuovo iPad 3, dall’iPhone 5 all’iPod Touch di quinta generazione, dalle tracce del suo pensiero su Internet all’organizzazione dell’azienda ed al modo di comunicare. I giornalisti di tutto il mondo continuano a raccontare una storia importante per l’Umanità. Una storia di un ragazzo qualsiasi che parla di un uomo straordinario e della ricerca dell’arte nella tecnologia e nella visione del futuro. Il 5 Ottobre è una ricorrenza annuale molto particolare. Molti hanno definito Steve Jobs un genio visionario. Ne abbiamo la prova: è emerso, grazie a Marcel Brown ed al suo blog, l’intero discorso risalente al 1983 che Jobs tenne all’International Design Conference di Aspen. La registrazione è stata recuperata su una cassetta magnetica vecchio stile dall’enigmatico titolo “The Future Isn’t What It Used To Be”(Talk By Steve Jobs) in cui si sente la prova concreta della capacità di Jobs di anticipare i tempi, di parlare di un futuro possibile e concreto della tecnologia al servizio di tutti. I temi che Jobs esprime sono incredibili e davvero pioneristici nel 1983. La IBM era ancora una potenza informatica. Jobs nel suo discorso parla innanzitutto delle potenzialità del computer come macchina personale, un nuovo e importante mezzo di comunicazione, molto prima che Internet diventasse uno strumento di uso comune. Menziona addirittura alcune sperimentazioni del MIT molto familiari a Google Street View. Predice l’avvento dell’iPad. “Quello che vuole fare Apple – afferma Steve Jobs – è mettere un libro estremamente grande in un libro che possa essere portato con sé e imparare a usarlo in soli 20 minuti. Tutto questo vorremmo farlo in un decennio. Vorremmo anche inserire un collegamento radio per creare un network con tutti i grandi database e gli altri computer. Tra poco camminerete con questi dispositivi per Aspen leggendo i messaggi”. Per celebrare Steve Jobs e il cinquantesimo anniversario si mobilita anche l’Eso che ha realizzato un documentario “Europe to the Stars – ESO’s first 50 years of Exploring the Southern Sky” di 61 minuti in full HD (1080p) blu-ray e Dvd, che è poi l’epica avventura di un sogno divenuto realtà. Otto capitoli analizzato le imprese scientifiche e tecnologiche dell’Eso dove le famose “App” e i programmi informatici di Apple giocano un ruolo significativo sia nella ricerca sia nella divulgazione. Il film è incluso nel “Coffe-Table Book” di 264 pagine, un libro illustrato da 300 spettacolari foto dell’Eso e da tre visioni panoramiche dell’Osservatorio australe, a cura di G. Schilling e Lars Lindberg Christensen, selezionate da un archivio di oltre 100mila immagini. Il libro “The Jewel on the Mountaintop – The European Southern Observatory through Fifty Years”, a cura di Claus Madsen in 560 pagine ripercorre la Storia dell’Eso e di tutti coloro che hanno preso parte a questa grande avventura scientifica e tecnologica europea e mondiale, con 150 foto e illustrazioni. Un’opera fondamentale per tutti coloro che intendono scoprire dell’Osservatorio astronomico più produttivo al mondo. I frutti dell’Eso sono molteplici e ci consentono di capire anche i fenomeni del passato. Chi ricorda la Supernova dell’Anno Domini 1006? Fu l’esplosione stellare più luminosa mai registrata, almeno da quando ci sono tracce scritte di osservazioni celesti. Avvenuta nell’Anno del Signore 1006 all’interno della nostra Galassia, per molti giorni è stato l’astro più luminoso del cielo e visibile anche di giorno. Una supernova è un’esplosione astrale violenta, causata dalla morte di una stella di grande massa o di una nana bianca in un sistema binario stretto. La struttura che risulta dall’esplosione viene detta resto di supernova. Questo è formato da materiale lanciato dall’esplosione a velocità “ipersoniche” nel mezzo interstellare circostante. Le supernove sono la principale fonte di elementi chimici pesanti nel mezzo interstellare, che a sua volta causa l’arricchimento chimico di una nuova generazione di stelle e pianeti. Gli scienziati hanno scoperto che a produrre questo eccezionale evento sarebbe stata la collisione e la relativa fusione di due stelle nane bianche. È il risultato di uno studio internazionale pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature, guidato da Jonay Gonzalez Hernandez dell’Instituto de Astrofisica de Canarias (IAC) e dell’Università di Tenerife (Spagna) a cui ha collaborato anche l’astronomo Luigi Bedin del’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova. “Abbiamo condotto una scansione approfondita, attorno al luogo in cui è avvenuta l’esplosione della supernova del 1006, con uno dei quattro telescopi da 8 metri che compongono il VLT dell’ESO in Cile – rivela Luigi Bedin – dalle indagini non è stato individuato alcun resto di tipo stellare. Questo implica che l’evento sia stato causato da una collisione e da una fusione di due nane bianche di massa simile. La loro fusione ha portato alla formazione di un oggetto degenere che è esploso senza lasciare residui al di fuori della debole nebulosa di forma rotondeggiante che ha un’estensione di circa 60 anni luce”. Le nane bianche sono stelle di massa inferiore a 1,4 volte quella del Sole e si trovano nell’ultima fase del loro ciclo evolutivo. Questi resti stellari hanno esaurito il loro combustibile ed attraversano una fase di lento raffreddamento. Le stelle di meno di 8-10 masse solari, la maggior parte degli astri nella Via Lattea, termineranno la loro esistenza come nane bianche. Se per qualche ragione queste stelle aumentano la loro massa sino a raggiungere il valore critico di 1,4 volte quella del Sole, limite noto come “massa di Chandrasekhar”, esplodono come supernovae espellendo tutto il loro materiale nello spazio interstellare, ma senza lasciare residui stellari. Questo limite può essere raggiunto in due modi: la stella progenitrice dell’esplosione arriva alla massa critica catturando materia da una stella compagna oppure in seguito alla fusione di due nane bianche. E, secondo i ricercatori, l’assenza nella zona dell’esplosione di una stella compatibile con il primo scenario rafforza la seconda ipotesi. “Abbiamo studiato diversi tipi di stelle: giganti, subgiganti e nane. Solo quattro stelle giganti sono ad una distanza compatibile con il resto di supernova del 1006, circa 7000 anni luce, ma le simulazioni numeriche non prevedono compagni del progenitore della supernova con queste caratteristiche – fa notare Bedin – questi nuovi risultati, insieme a quelli precedenti, suggeriscono che la fusione di nane bianche possa essere il canale preferenziale che porta alla produzione di queste violente esplosioni termonucleari”. C’è poi la nuova immagine ripresa dall’Osservatorio di La Silla dell’ESO che mostra parte dell’incubatrice stellare soprannominata Nebulosa Gabbiano. Questa nube di gas, chiamata originariamente Sharpless 2-292, sembra la testa di un gabbiano e risplende a causa della radiazione energetica di una stella giovane molto calda annidata al centro. La visualizzazione dettagliata è prodotta dal WFI (Wide Field Imager) montato sul telescopio da 2,2 metri dell’MPG/ESO. Le nebulose sono tra gli oggetti più appariscenti nel cielo notturno: sono nubi interstellari di polvere, di molecole, di idrogeno, elio ed altri gas ionizzati in cui nascono le nuove stelle. Anche se hanno forme e colori diversi, possiedono quasi tutte una caratteristica comune: quando vengono osservate per la prima volta, le loro forme strane e suggestive scatenano la fantasia degli astronomi che alimenta nomi curiosi. Questa drammatica zona di formazione stellare che ha acquisito il soprannome di Nebulosa Gabbiano, non fa eccezione. La zona della “testa” della Nebulosa Gabbiano (al confine tra le costellazioni dell’Unicorno e del Cane Maggiore, è vicina a Sirio, la stella più luminosa del cielo notturno; la nebulosa è lontana più di quattrocento volte rispetto al famoso astro), parte della nebulosa più grande nota formalmente con il nome di IC 2177, distende le sue ali per circa 100 anni luce come un gabbiano in volo. Questa nube di gas e polveri si trova a circa 3700 anni luce dalla Terra. L’intero corpo del gabbiano è visibile meglio nelle immagini a grande campo. Il complesso di gas e polveri che forma la testa del gabbiano risplende luminoso in cielo a causa della radiazione ultravioletta molto forte che proviene principalmente da una giovane stella brillante, HD 53367, visibile nel centro dell’immagine, che può essere scambiata per l’occhio del gabbiano. È una giovane stella con una massa venti volte quella del Sole. È classificata come stella Be, cioè una stella di tipo B con importanti righe di emissione dell’idrogeno nello spettro. Questa stella ha una compagna di circa 5 volte la massa del Sole, su un’orbita molto ellittica. La radiazione prodotta dalle stelle giovani fa risplendere l’idrogeno gassoso circostante di un rosso intenso e la trasforma in una regione “HII”. La luce delle stelle calde bianco-azzurre viene diffusa dalle minuscole particelle di polvere nella nebulosa a creare un alone bluastro diffuso in alcune zone dell’immagine. Anche se una piccola regione brillante del complesso della Nebulosa Gabbiano fu osservata per la prima volta dall’astronomo anglo-tedesco Sir William Herschel nel lontano 1785, la zona mostrata dall’Eso ha dovuto attendere l’avvento della fotografia, circa un secolo dopo, per essere scoperta. Per caso questa nebulosa si trova vicina nel cielo alla Nebulosa “Elmetto di Thor”(NGC 2359) che è risultata vincitrice del concorso “Scegli cosa far osservare al VLT”. Questa nebulosa, dalla forma caratteristica e dal nome insolito, è stata scelta come il primo oggetto in assoluto selezionato dai membri di una giuria pubblica per essere osservato dal Very Large Telescope dell’ESO. Queste osservazioni faranno parte delle celebrazioni del 50esimo anniversario dell’ESO, il 5 ottobre 2012. Le osservazioni verranno trasmesse in diretta (live streaming) dal VLT al Paranal. Restate sintonizzati! Le regioni HII vengono così chiamate perché sono costituite da idrogeno (H) ionizzato, con elettroni non più legati ai protoni. “HI” è il termine usato per indicare l’idrogeno neutro o non-ionizzato. Il colore rossastro delle regioni HII dipende dal fatto che protoni ed elettroni si ricombinano e, nel processo, emettono energia ad una lunghezza, o colore, ben definita. Una di queste transizioni così evidenti (detta idrogeno alfa, H-alfa) produce il colore rossastro. È stata osservata anche la Nebulosa Matita rappresentata in una nuova immagine ripresa dell’Osservatorio di La Silla. Questa particolare nube rilucente di gas fa parte di un enorme anello di detriti lasciati da un’esplosione di supernova avvenuta circa 11000 anni fa. L’immagine dettagliata è stata ottenuta con lo strumento WFI montato sul telescopio MPG/ESO da 2,2 metri. Nonostante la tranquilla bellezza apparentemente immutabile di una notte stellata, l’Universo non è per nulla un lungo tranquillo (speriamo pacifico!). Le stelle nascono e muoiono in un ciclo incessante. A volte la morte di una stella può creare una visione d’ineguagliabile bellezza quando il materiale viene lanciato nello spazio a formare in cielo strane strutture. La Nebulosa Matita appare su uno sfondo ricco di stelle. Nota anche come NGC 2736, a volte soprannominata “Herschel’s Ray”, il raggio di Herschel, è stata scoperta dall’astronomo britannico John Herschel nel 1835 durante un viaggio in Sud Africa. Egli la descrisse come “un raggio straordinariamente lungo di luce troppo debole”. Questa nube dalla forma strana è un piccolo pezzo di un resto di supernova nella costellazione australe della Vela. I filamenti luminosi sono stati prodotti dalla morte violenta di una stella avvenuta circa 11000 anni fa. La parte più brillante sembra una matita, da cui il nome, ma l’intera struttura sembra piuttosto la tradizionale scopa di Harry Potter. Il resto di supernova della Vela è un guscio di gas in espansione che trae origine dalla supernova. All’inizio l’onda d’urto si muoveva a milioni di chilometri all’ora, ma espandendosi nello spazio ha incontrato il gas tra le stelle che l’ha rallentata notevolmente e ha creato veli di nubi dalle forme contorte. La nebulosa Matita è la parte più brillante di questo enorme guscio, tra grandi ciuffi filamentosi, piccoli grumi di gas e zone di gas diffuso. L’aspetto luminoso della nebulosa dipende dalle regioni di gas denso colpite dall’onda d’urto prodotta dalla supernova: spazzando via il gas interstellare lo ha riscaldato a milioni di gradi. Successivamente il gas si è raffreddato e produce ancora la debole luminosità catturata in questa immagine. Gli astronomi dell’Eso, osservando i diversi colori della nebulosa, sono riusciti a realizzare la mappa della temperatura del gas. Alcune regioni sono ancora così calde che l’emissione è dominata dagli atomi di ossigeno ionizzato (blu). Altre zone più fredde appaiono in rosso, a causa dell’emissione dell’idrogeno. La Nebulosa Matita ha una dimensione di circa 0,75 anni luce e si muove nel mezzo interstellare alla velocità di circa 650mila chilometri all’ora. La sorprendente conseguenza è che, anche alla ragguardevole distanza di quasi 800 anni luce dalla Terra, la sua posizione rispetto alle stelle di fondo cambia nel corso di una vita umana. Anche dopo 11000 anni l’esplosione di una supernova continua a modificare il cielo notturno. Stay tuned! (https://new.livestream.com/ESOAstronomy/ESO50).
Nicola Facciolini
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