Il Festival di Roma, a un mese dal debutto, prepara un’accoglienza da Oscar, con Dante Ferretti, lo scenografo che in coppia con Francesca Lo Schiavo ha vinto tre volte la statuetta, ad apparecchiare il tappeto rosso, come aveva fatto, dal 2005 al 2011, sempre per Marco Muller a Venezia.
Ma crescono le paure e le ansie per i finanziamenti dopo la crisi della Regione e per la ricerca affannosa sia degli ultimi film che della madrina, dopo il no della cantante Giorgia.
Pare si stia puntando su Claudia Pandolfi: romana, dotata di notevole verve; ma oberata da impegni di lavoro e che scioglierà la riserva lunedì prossimo, a due giorni dalla conferenza stampa di annuncio del programma definitivo.
Sappiamo che Muller ha ottenuto 60 prime mondiali e che il presidente della giura sarà Jeff Nichols, 34 anni, regista e sceneggiatore di punta del cinema indie (indipendente) americano, autore di Take Shelter premiato a Cannes nel 2011 e di Mud, presentato in concorso sulla Croisette quest’anno.
Membro italiano sarà invece Valentina Cervi: attrice di fama internazionale, protagonista tra l’altro della serie tv True Blood, appena presentata al Roma FictionFest e venduta in tutto il mondo.
Ancora, che Francesco Bruni, regista di Scialla!, guiderà la giuria di Prospettive Italia, la vetrina dei film nazionali che, dopo l’inaugurazione con il docu-film Carlo! dedicato a Verdone da Ferzetti e Giagni, aprirà il concorso con La scoperta dell’alba di Susanna Nicchiarelli, dal romanzo di Veltroni, che proprio sei anni fa inventò il Festival di Roma e che ora torna al buonismo in politica dicendo “perché no” a Renzi.
Infine, l’attore Matthew Modine, guiderà gli esperti che premieranno la migliore opera prima e seconda.
E sappiamo che vi è una novità: il Maverick Director Award, dedicato “ai maestri che hanno inventato un cinema lontano dagli schemi e fuori dal gregge”, che, in questa prima edizione, andrà a Walter Hill, consegnato da Alessandro Camon, sceneggiatore dell’ultimo film del regista, Bullet to the Head, alla presenza del protagonista Sylvester Stallone.
La scelta è del tutto condivisibile, poiché Walter Hill è uno dei maestri che hanno contribuito a inventare un cinema lontano dagli schemi, autore di film di culto come I guerrieri della notte, 48 ore e Strade di fuoco, produttore di uno dei capolavori del cinema di fantascienza, Alien di Ridley Scott, e dei due sequel (Aliens – Scontro Finale e Alien III), e ancora sceneggiatore per autori del calibro di John Huston (L’Agente Speciale Mackintosh) e Sam Peckinpah (Getaway!)
Tornando al Festival sappiamo ancora che, un paio di settimane prima dell’inizio (il 7 novembre), lo stesso svilupperà un’anteprima a Cinecittà (il 21 ottobre), con Marco Bellocchio e gli attori Alba Rohrwacher, Toni Servillo, Piergiorgio Bellocchio e i tecnici di Bella addormentata per svelare, ad una platea di soli studenti universitari, retroscena e segreti di lavorazione; esperimento che potrebbe, nel futuro, ripetersi ed estendersi a tutti i romani.
Fra le cose sfuggite a Muller c’è la prima mondiale di “Skyfall”, il nuovo film della saga di James Bond, che quest’anno compie 50 anni e che come tutti i 49 precedenti capitoli verrà invece presentata a Londra con una ‘royal première’.
Ci saranno invece le prime mondiali di ‘The Motel Life’, il film prodotto e diretto dai fratelli Alan e Gabriel Polsky (tratto dall’omonimo racconto di Willy Vlautin), interpretato da Emile Hirsch e Stephen Dorff con Dakota Fanning; il nuovo film di Takashi Miike ‘Aku No Kyoten’; ‘Mental’, ultima fatica appena conclusa di P.J. Hogan (‘Le nozze di Muriel’ e ‘Il matrimonio del mio migliore amico’), interpretato dalla sua attrice-feticcio Toni Colette, nei panni di un’autostoppista testarda e un po’ matta che viene assunta da un politico corrotto perché faccia da tata alle sue cinque figlie e l’opera prima ‘Populaire’, una working class comedy diretta dal francese Re’gis Roinsard e interpretata da Romain Duris, De’borah François e Be’re’nice Bejo, con una storia, ambientata negli anni ’60, che racconta di una dattilografa che diventa la più veloce di Francia, poi d’Europa e poi del mondo.
Ogni sera, inoltre, ci saranno due proiezioni di gala e nella fascia delle 19:30, saranno concentrati tutti i film fuori concorso.
Infine, il sempre faraonico Muller, ha annunciato che, nonostante la crisi che impone a produttori e distributori di limitare il numero dei componenti delle delegazioni dei film, saranno presenti i cast di tutti i film del concorso ma anche dei film presentati nei gala.
Muller ha fatto approvare un nuovo regolamento in base al quale la kermesse prevede una Selezione Ufficiale composta da un Concorso internazionale, da alcuni titoli Fuori Concorso e da altre due sezioni, CinemaXXI (Cinema del XXI Secolo) e Prospettive Italia.
Inoltre, accanto alla Selezione Ufficiale, il Festival ospiterà, a come nuova sezione autonoma e parallela, Alice nella Città: rassegna di quattordici film per ragazzi organizzata secondo un proprio regolamento e, dal dal 14 al 18 novembre, nel centro di Roma, come coda del Festival, saranno organizzati il Mercato | The Business Street e la Fabbrica dei Progetti | New Cinema Network, che metteranno a disposizione le proprie strutture all’industry di tutto il mondo.
Sessanta anni il prossimo giugno, Marco Muller, di origini svizzere, con padre brasiliano e madre greco-egiziana, inizia la sua formazione nei primi anni settanta, studiando orientalismo e antropologia all’università di Venezia , con una successiva specializzazione e dottorato di stato in Cina. Terminati gli studi inizia l’attività di ricercatore e docente, attraverso seminari, corsi universitari e pubblicazioni di etnologia ed etnomusicologia.
Dall’inizio degli anni ottanta, comincia a lavorare per il cinema, prima come critico cinematografico, con articoli su riviste del settore in Italia, Francia e Svizzera, poi come autore e sceneggiatore per vari documentari Rai e come collaboratore di festival cinematografici europei, curatore delle programmazioni monografiche.
Dopo aver fondato e diretto “Ombre elettriche” (1982), primo festival cinematografico della città di Torino, incentrato sulla storia del cinema cinese, diviene responsabile del Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, diventandone poi direttore artistico dal 1986 al 1989.
Dal 1980 al 1994 collabora inoltre con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, curando la selezione dei film asiatici.
Dopo aver lavorato per altri festival europei, tra cui quello di Rotterdam, all’inizio degli anni novanta fino la 2000, lavora come direttore artistico del Festival internazionale del film di Locarno, rinnovando radicalmente il festival con l’introduzione, accanto ai film in concorso, di retrospettive e dibattiti.
Nel 2004 viene nominato responsabile del Settore Cinema della Fondazione La Biennale di Venezia e direttore artistico della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e, a fine 2011, dopo la scadenza del suo mandato, con un primato di otto anni consecutivi come direttore artistico del festival veneziano, Müller non è riconfermato e gli subentra il critico cinematografico Alberto Barbera, che il Festival più importante d’Italia (e fra i più importanti del mondo), aveva già diretto dal 1989 al 1998.
Si è detto che le date imposte da Muller sono una vendetta contro Torino che vede il suo Festival oscurato da quello di Roma.
Certo è che la città non lo riconfermò alla guida del suo festival dopo la fondazione e che, nel 2004, chiamò come direttore del Museo nazionale del Cinema, il competitor Barbera.
Certamente, comunque, condividiamo coloro i quali dicono che Muller è un vino aromatico e glamour (come, appunto, il Muller Thurgau), mentre Barbera è uno champagne, spiritoso e di alta classe.
Ma, proprio per questo motivo, ora ciascuno è al suo posto: nella blasonata e accademica Venezia il primo e nella più festaiola Roma il secondo. Pertanto, che lo spettacolo cominci!
Carlo Di Stanislao
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