Se la Lega non ci ripensa vuole andare subito al voto, entro 45-90 giorni, il governatore sfiduciato della Lombardia Roberto Formigoni, che, stamani su RTL 102.5, ha sottolineato che sarà in campo “per difendere l’onore di diciassette anni di buon governo” e per “sostenere una continuità” oltre che per “proporre dei programmi ulteriormente rinnovati, ulteriormente efficienti per i cittadini”, ma non contribuirà alla creazione di liste.
E mentre si attendono notizie sul candidato dal centro-destra, a sinistra, Pippo Civati, consigliere lombardo del Pd e nome dato fra i favoriti per una candidatura del centrosinistra per il dopo-Formigoni, scrive sul suo blog: “Quanto sta avvenendo in Regione Lombardia è un momento alto e dobbiamo fare le cose bene, capire quali sono i tempi, evitare inutili personalismi, dare l’idea che c’è una classe dirigente consapevole del momento e della realtà che abbiamo di fronte”.
Ma siccome non è stupido e avverte una aria di abbandono attorno a lui, Formigoni, in attesa delle primarie come suggerito da Maroni o di altre decisione del Pdl, punta sul nome dell’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, definito “uomo serio ed onesto”.
Quanto all’alleanza Pdl-Lega il governatore rimanda al suo partito ogni decisione e spetta che la Lega chiarisca la sua scelta.
Ma, intanto, al Corriere della Sera, in una intervista, dichiara che il partito ora guidato da Maroni, ha dimostrato, ancora una volta, che ” la sua anima inaffidabile e ribaltonista”.
Intanto Libero attacca l’atteggiamento, definito cialtrone ed ipocrita, dei consiglieri di Pd, Idv e Sel, che firmano un documento in cui si dichiarano pronti a dimettersi, ma poi temporeggiano, furbescamente, perchè il 21 ottobre, cioè domenica prossima, la legislatura “scavalca” la metà e così potranno avere diritto al vitalizio di 1.300 euro al mese.
E quasi certamente quella scadenza verrà superata, visto che lo stesso Formigoni, nel dire che si andrà al voto “il prima possibile” ha ribadito che concederà al Consiglio regionale il tempo necessario per approvare la modifica della legge elettorale in modo che a dicembre (o quando sarà) si vada a votare senza il famigerato listino “bloccato”, quello grazie al quale Nicole Minetti è entrata al Pirellone senza guadagnarsi lo straccio di un voto.
E i consiglieri (di entrambi gli schieramenti), pur di restare in carica fino a dopo il 21 ottobre sarebbero disposti ad approvare qualsiasi cosa.
Tornando a Formigoni e ai suoi guai giudiziari, oggi, nel corso di un incontro con i giornalisti al 39mo piano di Palazzo Lombardia, il governatore (ancora per poco) ha detto: “errori ne commetto tutti i giorni ma non ho commesso nessun reato ne’ alcun atto contro la legge”.
Poi, alla domanda se ritenesse di avere commesso qualche errore nella formazione della sua Giunta, Formigoni ha ricordato come nel 2010 “abbiamo profondamente cambiato la stessa Giunta, non mettendoci una serie di persone. Tanto e’ vero che l’unico in Giunta che ha qualche problema e’ stato l’assessore Zambetti. A questo proposito ha proseguito – la magistratura sta facendo il suo mestiere e dobbiamo rispettare il suo lavoro e i suoi compiti, ma non anticipiamo condanne. Il ruolo di giudice non spetta a nessun giornalista e a nessun editore. Aspettiamo che la magistratura decida”.
Comunque la vicenda Lombardia, dopo i guai nel Lazio, rischia di innestare un effetto domino, nel centro-destra a Piemonte e Veneto.
Ma, a tal proposito Alfano ha precisato: “La vicenda della Lombardia è molto specifica ed occorre occuparsi della Lombardia”.
Giovedì scorso sembrava fatta e, grazie alla mediazione di Silvio Berlusconi ed Angelino Alfano, Maroni aveva pronunciato un sì condizionato.
Ma, dopo meno di 24 ore, lo scenario ha iniziato a prendere una forma diversa. Al di là delle dichiarazioni ufficiali del segretario del Carroccio ieri in conferenza stampa al termine del lungo vertice con Alfano e Formigoni, la convinzione dei maroniani si è dichiarata per mettere fine alla giunta del Pirellone. Idea condivisa non solo da Umberto Bossi, ma da molti dirigenti con evidente mal di pancia del Pdl, con Maria Stella Gelmini che ha chiesto, fra i primi, vi fossero le “condizioni per andare avanti” e ancora più tranchant Daniela Santanch, che ha ripetuto la sua litania: “Se fossi stata in Formigoni mi sarei dimessa”.
E, pare, che a rendere insostenibile Formigoni, ci sia stata anche la defezione di CL.
Non a caso lui e Lupi, da tempo, dicono cose differente, non a caso emergono le prime differenze in quello che sembrava un gruppo monolitico. Al Pdl Formigoni dice: avrò un ruolo da protagonista alle prossime elezioni regionali. Il che può sottintendere che voglia fare la propria lista. Una lista alternativa al Pdl, che rubi voti al Pdl. Tanti voti rispetto ai pochi (in relazione a quelli ricevuti nel 2010) che rimangono al partito di Berlusconi (in rottamazione). Formigoni sa che il Pdl non può permettersi di averlo contro. E allora lo stimola affinché gli trovi un posto importante, di primo piano. Il partito non deve scaricare Formigoni come se fosse un Fiorito qualsiasi. Questo il messaggio diretto a viale Monza.
E ve ne è un altro rivolto alla Lega che, secondo inside interni al Carroccio, l’ancora governatore sa essere molto forte e potente, poiché il partito del nord e dei padani, conosce benissimo i sondaggi e non è pronto ad una nuova, sonora sconfitta.
Maroni non si può permettere di perdere la Regione simbolo per il partito fondato da Bossi nelle prime consultazioni da segretario federale e, forse spera, che proprio per questo ci ripensi e ridia la fiducia, riponendo lui in corsa.
Carlo Di Stanislao
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