In poche ora la notizia aveva fatto il giro d’Italia. A Bologna apre il bar dei sordi. Unico, eccezionale. Anche in Europa. Così, esattamente un mese dopo l’inaugurazione del Bar Senza Nome (un pienone, raccontano in tanti), siamo tornati nel locale di Alfonso e Sara, e ci siamo fatti raccontare il segreto del loro successo. Che, come spesso accade, nasce quasi per caso. E grazie a una grande passione comune: il teatro. “All’inizio eravamo un po’ preoccupati per l’apertura del locale, perché non sapevamo come la gente avrebbe reagito alla nostra iniziativa – raccontano – . La paura più grossa era quella che si vergognassero di imparare il linguaggio dei segni (Lis, ndr), ma in realtà è stato l’esatto contrario. Bologna è una città universitaria, dalla mentalità molto aperta, che ha accolto con grande entusiasmo la nostra idea. Adesso nel bar viene un sacco di gente curiosa e desiderosa di cimentarsi con il nuovo metodo per ordinare, ma anche solo per rilassarsi in un ambiente calmo e silenzioso”.
Alfonso, 28 anni, dalla provincia di Salerno a Bologna passando da Padova, una laurea al Dams con una tesi sulla musica a colori; Sara, 30 anni, bolognese, con anni di lavoro d’ufficio alle spalle e la voglia di dare un taglio netto a una vita in cui non si riconosceva più. Si sono incontrati quasi per caso, tramite amici comuni legati al “Gruppo Camaleonte”, associazione che promuove l’attività di artisti sordi. Il loro sogno era quello di organizzare eventi teatrali. “Per anni abbiamo organizzato eventi culturali per non udenti, ma non è affatto facile – dice Sara – Per mettere in piedi uno spettacolo teatrale c’è bisogno di molto spazio, e non tutti i posti sono adatti, per non parlare dell’affitto, una spesa non indifferente”. Come trovare quindi i fondi per realizzare i loro progetti? “L’idea iniziale era quella di aprire un negozio con i proventi del quale finanziare le attività culturali che intendevamo creare – spiega Alfonso – Poi abbiamo capito che aprendo il bar avremmo potuto fare entrambe le cose”.
L’iniziativa dei due gestori è di quelle nate per unire pezzi di cittadinanza che sono spesso divisi per la mancanza di un linguaggio comune. Al Bar Senza Nome è infatti possibile ordinare in due differenti modi. Uno, più ordinario, tramite i bigliettini con i nomi dei prodotti appesi nella bacheca proprio all’ingresso del locale; l’altro, più originale e che dà diritto a uno sconto, tradurre la propria ordinazione in Lis. “Siamo nell’era di Internet – dice Alfonso – quindi molti dei problemi che avremmo incontrato qualche anno fa come, ad esempio, il rapporto coi fornitori, adesso non si presentano neanche. In realtà, molte cose sono venute praticamente da sole. Le uniche difficoltà che abbiamo incontrato sono a livello istituzionale. Specialmente all’inizio avevamo bisogno sia di contributi economici, sia di suggerimenti pratici e di gestione, che nessuno ci ha fornito. In Italia non esistono leggi speciali per chi, affetto da disabilità, vuole aprire una sua attività”.
“Molti clienti sono rimasti contenti delle nostre iniziative – conclude Sara – poiché hanno visto in noi un gran coraggio. Non è facile aprire e gestire un bar come lo facciamo noi, ma è stata apprezzata la nostra forza e il nostro impegno. Molti avventori che stanno imparando il Lis sono diventati ormai degli habitué del nostro bar, e non smettono di supportarci e incoraggiarci”.
Marco Marchese
Per il giornalista Marco Marchese. linguaggio dei segni e’ erroneamente. Lingua dei segni . Grazie