Greenpeace irrompe al Festival Internazionale del Film di Roma proiettando sulla cupola centrale dell’Auditorium di Renzo Piano il cortometraggio “Uno al giorno”, che denuncia gli impatti sanitari della produzione elettrica da carbone di Enel. Con l’azione di ieri sera, Greenpeace risponde alla sua maniera alle minacce legali dell’azienda, che ha chiesto all’associazione di ritirare il cortometraggio senza fornire alcuna risposta sui temi affrontati nel video.
Le immagini del lavoro di Mimmo Calopresti, con Alessandro Haber, Paolo Briguglia, Pino Quartullo e Sandra Ceccarelli e con la musica dei Subsonica, recano un messaggio chiarissimo: il carbone di Enel, in Italia, è causa di una morte prematura al giorno; il carbone di Enel – che è il maggior emettitore italiano di gas serra, quarto in Europa -distrugge il clima.
“Sono anni che tentiamo di aprire un confronto con Enel sulle sue politiche industriali e in particolare sull’uso che l’azienda fa del carbone – sottolinea Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – Da Enel abbiamo ricevuto ben poche risposte, mai pertinenti alle nostre domande, e tante carte bollate dai loro legali. Enel è un’azienda controllata anche dal nostro Governo, non può continuare a dimostrarsi sorda alle nostre accuse: parliamo della salute dei cittadini e di danni economici ingenti per il Paese”.
Uno studio commissionato da Greenpeace all’istituto di ricerca indipendente SOMO – che applica alle emissioni delle centrali a carbone di Enel una metodologia usata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente – stima che la produzione a carbone dell’azienda, in Italia, è causa di una morte prematura al giorno e provoca danni ambientali, sanitari ed economici per quasi due miliardi di euro l’anno. Che Enel non paga. A livello europeo, gli impatti del carbone di Enel sono ancora maggiori: circa 1.100 casi di morte prematura l’anno e 4,3 miliardi di danni.
Tre quarti della produzione termoelettrica da carbone, nel nostro Paese, sono appannaggio di Enel, che ha in programma la realizzazione di nuovi impianti alimentati con quella fonte. Greenpeace chiede a Enel la cancellazione dei nuovi progetti, il dimezzamento della produzione elettrica da carbone entro il 2020 e l’azzeramento al 2030, con un contestuale sviluppo di fonti rinnovabili e pulite.
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