Privatizzare la sanità?

Le spara grosse recentemente Monti, tanto da sembrare simile alla Fornero e, nell’ultimo caso, anche superiore, quando in videoconferenza per la inaugurazione a Palermo di una nuovo polo biotecnologico, dichiara che la: “sostenibilità del nostro Sistema sanitario nazionale’potrebbe non essere garantita se non si individuano nuove modalità di finanziamento” e fa scattare risposte preoccupate e […]

Le spara grosse recentemente Monti, tanto da sembrare simile alla Fornero e, nell’ultimo caso, anche superiore, quando in videoconferenza per la inaugurazione a Palermo di una nuovo polo biotecnologico, dichiara che la: “sostenibilità del nostro Sistema sanitario nazionale’potrebbe non essere garantita se non si individuano nuove modalità di finanziamento” e fa scattare risposte preoccupate e livide sia da parte di Costantino Troise segretario nazionale dell’Anaao Assomed, che da parte dei segretari Fp-Cgil Cecilia Taranto e Massimo Cozzo, i quali sentono puzza di passaggio al privato.

Subito dopo una sibillina nota di Palazzo Chigi precisa che: ”Contrariamente a quanto riportato dai media, il presidente ha voluto attirare l’attenzione sulle sfide cui devono far fronte i sistemi sanitari per contrastare l’impatto della crisi. Ciò vale, peraltro, per tutti i settori della pubblica amministrazione. Le soluzioni ci sono e vanno ricercate attraverso una diversa organizzazione più efficiente, più inclusiva e più partecipata dagli operatori del settore. Le garanzie di sostenibilità del servizio sanitario nazionale non vengono meno”.

Ma intanto le parole pronunciate da Monti sono rafforzate dallo storico presidente della commissione Affari sociali della Camera, Giuseppe Palumbo, che dichiara ad Adnkrons:”in futuro non sarà certo possibile dare tutto a tutti”.

Al solito la spesa sanitaria diventata il bersaglio preferito di tutte le manovre economiche ed i progetti di austerità, malgrado la nostra sia notoriamente una spesa per cittadino inferiore del 40% a quella dei nostri vicini europei, e con risultati di salute largamente migliori, sicchè è da tutti gli esperti condivisa l’opinione che nessun sistema alternativo al nostro è in grado di dare di più a costi minori.

Da tempo, sostengono i vari sindacati medici, dati di fatto, movimenti carsici e messaggi politici, più o meno espliciti, convergono verso lo smantellamento del sistema universalistico e molti parlano ed operano per costruire, sull’abbandono della solidarietà fiscale, la sanità solo per i ricchi.

Sono convinto, come la più parte dei medici convenzionati, che ci troviamo di fronte ad una operazione politica malamente travestita da operazione contabile con l’alibi della neutralità tecnica: una ghiotta occasione per quanti si oppongono allo stato sociale, alimentata da de finanziamento, conflitti istituzionali e fallimenti federalistici, frustrazione e penalizzazione dei professionisti.

Inoltre, qui non è in gioco solo il destino della sanità pubblica.

Si tratta anche della stessa idea di società, di comunità, di coesione sociale, di esigibilità di un diritto alla salute che è uno e indivisibile e non può essere declinato in base al CAP, o peggio al censo e alle possibilità.

Come ha dichiarato a caldo Vera Lamonica, segretario nazionale della Cgil, il nostro sistema sanitario è tra i migliori ed i meno costosi al mondo. Se è in sofferenza, lo è a causa dei tagli dissennati, 30 miliardi negli ultimi 5 anni, di cui ben 10 decisi da questo governo, che stanno riducendo i servizi per i cittadini. Servizi che peraltro sono spesso garantiti da lavoratori precari e destinati quindi ad andare in ulteriore crisi con la scadenza dei contratti in essere.

“La ricetta di Monti che auspica più fondi privati – ha proseguito la sindacalista – colpisce il diritto universale alla salute e alle cure garantito dalle risorse pubbliche, spalancando le porte al mercato assicurativo in sanità, che curerebbe solo chi se lo può permettere. Proprio mentre Obama negli Usa questo sistema sta cercando di cambiarlo. Oppure è il vagheggiamento di un ritorno al sistema delle vecchie mutue, carrozzoni di dubbia qualità e pieni di debiti, da cui l’Italia si è liberata proprio con il Ssn pubblico ed universale”.

Non solo sono, come medico operante da oltre 35 anni nel pubblico, del tutto d’accordo, ma inoltre aggiungo che quello che serve – è esattamente il contrario: bisogna investire, perché il sistema sanitario oltre a garantire diritti di cittadinanza, produce crescita, sviluppo e innovazione.

Vogliamo rammentare al premier Monti che il 18 scorso, una “marea bianca” di decine di migliaia di medici, infermieri e personale ospedaliero ha invaso le strade di Madrid, al grido di “sanità pubblica”, “la salute è un diritto, continueremo a lottare”, con alla guida della manifestazione, che ha riunito il personale di tutti gli ospedali della capitale spagnola, uno striscione con la scritta: “la sanità pubblica non si vende, si difende”.

Noi in Italia non saremo certa da meno, né meno coesi, determinati e fermi. Sia chiaro, inoltre, che anche al di là delle minacciose parole di Monti, lo stesso Decreto sanità del ministro Balduzzi, recentemente approvato dal Parlamento, non risolve affatto i problemi della medicina difensiva e della crescita esponenziale del contenzioso medico-paziente. Le norme in esso contenute, riferite alla responsabilità professionale dei sanitari (art. 3 del decreto), sono infatti assolutamente insufficienti ad arginare il fenomeno con misure idonee ed appropriate.

Tra i problemi più preoccupanti legati all’aumento esponenziale di richieste di danni per i casi veri e presunti di malasanità vi è anche la progressiva chiusura del mercato assicurativo che spunta condizioni contrattuali sempre più onerose in termini di costi e di minori garanzie. Fenomeno che sta provocando una vera e propria fuga delle Asl dalle assicurazioni e viceversa, con il rischio concreto che molte Asl possano trovarsi senza assicurazione.

Allo stato dei fatti, dopo gli ultimi, mortagli tagli del governo Monti, lo stesso ministero della Sanità deve ammettere che solo otto Regioni garantiscono prestazioni adeguate per ricoveri ospedalieri, cure agli anziani e farmaci.

Ma si intende tagliare ancora, mascherando tali tagli e riduzioni di servizi sotto la falsa voce di eliminazione degli sprechi.

In tutta questa sanguinosa operazione (sanguinosa non meno di quanto sta accadendo per l’istruzione), si intravede ancora una volta la logica lineare che ha ispirato i recenti tagli alla spesa pubblica: la spesa sanitaria è un problema regionale…le regioni sono un problema finanziario…allora tagliamo le regioni…per tagliare la spesa.

E’ come risparmiare acqua travasandola da un secchio all’altro ma senza curarsi dei buchi che sono in fondo ai secchi e, soprattutto, senza curarsi dell’orto da annaffiare.

Come ha di recente scritto Ivan Cavicchi, tenendo in debito conto il Titolo V della Costituzione (perché con la Costituzione non si dovrebbe scherzare), occorre ricordare al governo a forza di tagli non solo i buchi non si riparano, ma i secchi restano del tutto vuoti di acqua e rischiamo di rovinare irrimediabilmente l’orto.

Il 10 luglio scorso, a Milano, al palazzo dei Giureconsulti, alla presentazione del libro “Sudditi”, organizzata dall’Istituto Bruno Leoni di cui l’autore, Nicola Rossi, è Presidente oltre che Senatore della Repubblica, presenti Luca Cordero di Montezemolo e Gad Lerner, tutti hanno parlato di sanità e non a caso Guido Tabellini, rettore della Bocconi, disse che: “la sanità è fra le cose che occorre privatizzare sempre più per alleggerire il carico dello stato”.

Ma siamo proprio sicuri che sia la privatizzazione la strada giusta in sanità per noi oppure non vi sia il rischio, come ha scritto su Il fatto Quotidiano Domenico De Felice, che gli imprenditori, se diverranno i prossimi governanti, lascino senza assistenza sanitaria quelle regioni più in difficoltà ed investiranno solo in quelle che pagheranno meglio e prima?

Uno dei problemi chiamati in causa per illustrare gli attuali squilibri della nostra sanità, è quello che dice che vi è una netta differenza tra chi è assistito in intramoenia e chi invece decide di seguire la normali prassi per l’assistenza sanitaria. Il paziente del primo caso paga di tasca sua,sceglie il suo medico e riceve maggiori benefici,il paziente del secondo caso paga tasse,viene fatto aspettare in lista d’attesa per mesi e non gode di alcun beneficio.

Ammesso che questo sia vero (e non lo è in molti casi), invece di dire che la sanità italiana è ammalata, ci fa capire che se privatizziamo solo chi ha i soldi potrà godere in pieno di tutti i servizi ed essere trattato meglio.

Come ha scritto ad ottobre la USI – AIT Sanità Toscana, di fatto stiamo assistendo a qualcosa che è degenerato nel corso del tempo, la conversione della salute in merce.

Per queste ragioni i partiti di destra e quelli della cosiddetta “sinistra” eseguono obbedienti  gli  ordini di chi li comanda: le multinazionali del farmaco e delle banche. Questo disegno, perfettamente pianificato, si concretizza attraverso un processo di deterioramento, discredito e smantellamento dei sistemi sanitari pubblici.

A questo punto occorre essere uniti, operatori ed utenti, e gridare assieme che la sanità non è una piazza di mercato fatta per arricchire speculatori, ma un luogo decisivo per la vita o la morte delle persone, un settore dove la condizione dei lavoratori è legata indissolubilmente a quella degli utenti.

Carlo Di Stanislao

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