Roma, un giorno come tanti. Migliaia di persone si spostano tra le vie della capitale usando la metropolitana. La stragrande maggioranza si muove meccanicamente, scende le scale delle varie fermate, timbra il biglietto e supera i tornelli, aspetta il treno accalcandosi sulla linea gialla, attende l’uscita dei passeggeri e poi entra. La stragrande maggiornaza dei passeggeri siede sugli scomodi e insufficienti seggiolini nei treni, si tiene salda agli appositi appoggi con lo sguardo che vaga nel vuoto. Un paio di cuffiette, un video sul telefonino, il giornale, un libro nel migliore dei casi. L’atteggiamento è lo stesso che si ha quando si prende l’ascensore.
Questi momenti di totale apatia si mantengono anche quando qualche elemento esterno prova a destabilizzarli. Si tratta di mendicanti, senza fissa dimora o artisti di strada, che a volte abbandonano il loro cantuccio lungo i corridoi delle fermate e tentano la fortuna all’interno dei vagoni.
È il caso del bambino di questo video: entra nel vagone e comincia a suonare il violino. Un suono pulito, emozionante, uno sguardo intenso e profondo. Il bambino conosce a memoria il tragitto della metro, la sua sviolinata finisce prima della fermata successiva, il tempo di andare a chiedere ai passeggeri un po’ di elemosina, probabilmente da consegnare a qualcuno.
Il “trucco” è non guardare. I passeggeri non guardano mai in faccia chi viene a chiedere l’elemosina, e si limitano ad un cenno di diniego con la testa. Quel bambino è solo uno dei tanti mendicanti che dimenticheranno facendo finta di non vedere. Quel bambino è uno dei tanti schiavi che non hanno diritti. Quel bambino si trascina ogni giorno con il suo violino lungo le affollate banchine della metro per riportare a casa qualche moneta. Quel bambino nuore ogni giorno sotto gli sguardi indifferenti di tutti i benpensanti incravattati che affollano la metro e pensano di risolvere il problema guardando da un’altra parte.
L’infanzia di quel bambino viene violentata ogni giorno, e l’adulto che vivrà al suo posto verrà scacciato e allontanato da tutti: dagli stessi che ogni giorno guardano da un’altra parte.
Fabio Zenadocchio
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