Vincitori, vinti e assenti

Vince Renzi ai punti, anche perché Bersani incespica sul “pensionamento” forzato dei vecchi politici e pare rivolgersi più alle oligarchie che ai comuni cittadini. Tuttavia, secondo un sondaggio condotto tempestivamente da Quorum per La Stampa, l’atteso confronto tv andato in onda ieri sera su RaiUno fra i due candidati al ballottaggio delle primarie del centrosinistra […]

Vince Renzi ai punti, anche perché Bersani incespica sul “pensionamento” forzato dei vecchi politici e pare rivolgersi più alle oligarchie che ai comuni cittadini.
Tuttavia, secondo un sondaggio condotto tempestivamente da Quorum per La Stampa, l’atteso confronto tv andato in onda ieri sera su RaiUno fra i due candidati al ballottaggio delle primarie del centrosinistra di domenica prossima, non ha comunque spostato gli equilibri, anche perché durante la trasmissione, molto ben condotta da Monica Maggioni, Bersani è stato volutamente di sinistra (in politica estera, difesa, liberalizzazioni, pensioni e lavoro, per cercare di convincere a votarlo quel 15% che al primo turno è andato a Nichi Vendola (che comunque da Lilli Gruber ha dichiarato di lasciare libero i suoi sostenitori, anche se preferisce Bersani) e che domenica prossima potrebbe essere decisivo.
Renzi, che aveva annunciato che sarebbe andato a cercare gli stessi elettori, da questo punto di vista non ha prodotto una perfomance particolarmente efficace, anche se ha insistito sul tema che lo ha reso noto come rottamatore, cioè l’innovatore capace di spazzare via il passato e di portare aria nuova in politica, capace dunque di andare a pescare anche nell’area del non voto e dell’antipolitica.
Circa eventuali alleanze, Bersani ha auspicato accordi sia a destra con l’Udc che a sinistra con il Sel, mentre Renzi ha chiuso entrambe le porte, gettando invece nel dibattito il tema delle liberalizzazioni e della lotta alla mafia e dimostrando di avere già operato su entrambi durante le sue passate esperienze di governo, raccogliendo anche i complimenti dell’avversario, dimostratosi enormemente più impacciato sulle cose concrete da realizzare una volta vinte le elezioni.
Gli spettatori sono stati quasi 6,5 milioni, molti di più dei 5 milioni previsti dal dirigente di Rai1 e Gianfranco Leone che ne prevedeva 5,5 i con il 18 per cento di share (che invece è arrivata a 21).
Eppure non si è trattato di un record, poiché l’Occhetto-Berlusconi del 1994 su Canale 5 raccolse davanti alla televisione più di 10 milioni di italiani; il Prodi-Berlusconi del marzo 2006 raggiunse i 16 milioni e quello del 3 aprile dello stesso anno i 12 milioni.
Tornando al confronto di ieri, secondo Marcello Sorgi, “Renzi ha un linguaggio più immediato. Gli viene naturale rifuggire dal politichese. Se parla del Sud, dice Sud. Non Mezzogiorno”. Invece il Sole 24 Ore ha preferito Bersani che, secondo il quotidiano, ha convinto di più sulla crescita, le liberalizzazioni e le imprese.
Mancano tre giorni al secondo turno e Bersani appare ancora in vantaggio e anche se Renzi è piaciuto dal piccolo schermo più del segretario del Pd, questi è apparso più concreto quando ha detto: “Io non prometto 20 miliardi l’anno prossimo ma si deve iniziare subito a fare qualcosa”, ribadendo la possibilità di una patrimoniale e parlando di un “giro di solidarietà fiscale” per rimettere in moto i consumi.
Ma è piaciuto anche Renzi, incerto in altri temi (ad esempio l’Europa), quando ha dichiarato che bisogna rimettere in tasca i soldi al ceto medio e che lo stato centrale deve tagliare dove non ha mai avuto il coraggio di tagliare, ad esempio le tasse sul gioco d’azzardo che valgono 20 miliardi ma sono diminuite.
E mentre le sfide fra sostenitori dei due candidati si avviano in varie piazze italiane, il cittadino si attanaglia in attesa dell’incontro di oggi, alle 15 a palazzo Chigi, tra governo, parti sociali e amministratori locali sulla spinosa questione Ilva, con i lavoratori del gruppo in sciopero per otto ore, ma che non raggiungeranno Roma dove inizialmente era prevista una manifestazione.
Intanto sono riprese le ricerche dell’operaio disperso da ieri, precipitato con la cabina di una gru in mare, dopo che un tornado ha investito lo stabilimento di Taranto e l’azienda sta compilando l’inventario dei danni strutturali.
Sull’incontro di oggi le aspettative sono molto forti. Il sindaco di Genova, Marco Doria, ha scritto una lettera al presidente del consiglio Monti nella quale chiede che l’incontro diventi “decisivo per un’assunzione di responsabilità da parte del governo e dell’azienda”. “Si tratta – dice Doria – del destino di migliaia di lavoratori a livello nazionale, di cui 1760 operano nello stabilimento Ilva di Genova”.
Molti di più sono quelli di Taranto e Carlo De Benedetti supera tutti, spingendosi a dire che addirittura si potrebbe operare un sequestro per risanare, dicendo letterale: “Farei un sequestro conservativo, ridurrei la capacità produttiva e aggiornerei l’impianto. Poi direi ai Riva ‘prendi l’impianto e paga o altrimenti lo vendo’”.
Ma non è solo l’Ilva e la Puglia con la Liguria ad essere in crisi. Nel mio Abruzzo la Micron, secondo industria per grandezza, è a rischio chiusura, con coinvolgimento anche della sede di Rieti, dove rischiano 200 dipendenti. Per la sede di Avezzano sono a rischio 480 posti di lavoro, il 30 per cento del totale dei dipendenti, considerati dalla ditta, con una nota di ieri, in esubero e per ora non posti in cassa integrazione grazie ad un intervento urgente del ministro Passera, che ha fatto slittare il provvedimento, ma certo non risolve la questione, resa più grave dalla crisi generale e regionale che, secondo dati recenti di Confindustria, ha valori negativi circa occupazione, rendimento e, da qualche tempo, anche vendita esterna.
Non è da oggi che si parla con preoccupazione del futuro dello stabilimento marsicano e segnali più che evidenti di una situazione che stava mano man crescendo, sono stati denunciati già da tempo, avendo come risposta, soprattutto regionale, un atteggiamento attendista e dilatorio che, naturalmente, a solo rinviato ed aggravato il problema.
L’altro ieri, nella sala consigliare del comune di Avezzano, si è svolto un affollatissimo mega-vertice promosso dal sindaco Giovanni Di Pangrazio, con vari primi cittadini abruzzesi e laziali, Parlamentari e rappresentanti di Regione, Provincia, Sindacati e Associazioni di categoria, che hanno fatto quadrato attorno allo stabilimento di Avezzano: una realtà industriale fondamentale per l’economia e l’occupazione della Marsica, l’Abruzzo e il vicino Lazio.
Ieri si è svolto un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico, in cui è stata rappresentata al premier Monti che la partita Micron è strategica per un Paese che guarda al futuro e va condotta ai massimi livelli Istituzionali per salvaguardare lo stabilimento e l’intera forza lavoro.
Si è chiesto al governo di aprire una partita che riguardi l’intero settore della micro-elettronica, senza che si avviino giochi al ribasso destinati ad aprire la strada allo smantellamento del sito che comporterebbe, fra l’altro, l’arretramento del sistema Paese su tecnologie di fondamentale importanza per il futuro.
A Roma sono arrivati il sindaco di Avezzano Gianni Di Pangrazio, il presidente della Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo, il capo di gabinetto del sindaco dell’Aquila Pierpaolo Pietrucci e il deputato del Partito democratico Giovanni Lolli.
Non c’era, invece, il presidente della Regione, Gianni Chiodi, redarguito duramente dal consigliere regionale del Pd Giovanni D’Amico, che ha dichiarato questa assenza : “è una vergogna”.
Per la Micron sono arrivati Sergio Galbiati e il direttore di stabilimento, Riccardo Martorelli, i quali hanno inasprito gli animi con la notizia a sorpresa di un esubero di molto superiore a quanto annunciato (700 unità), oltre a dichiarare che, per ora, non vi sono offerte di acquisizione.
Altra doccia gelata l’assenza per il governo di Passera, che ha indotto il presidente del Corvo a dire che: ” “la defezione del ministro è un’offesa al territorio, ridateci Gianni Letta, lui sì che aveva a cuore le sorti dell’Abruzzo”.
Ieri sulla vicenda si era espresso il Consiglio regionale, con una risoluzione urgente portata “fuori sacco” durante i lavori dell’aula e firmata da un fronte trasversale di esponenti politici dell’Emiciclo.
Nel documento si chiedeva “un impegno affinché il presidente della Regione Abruzzo e la Giunta regionale sollecitino il governo a farsi parte attiva nella preoccupante situazione dello stabilimento Micron Technology di Avezzano”.
Ma l’assenza di Chiodi e la mancanza di Passera fanno temere per le sorti anche di questa realtà che garantisce, ancora oggi, una produzione pari al 40 per cento del prodotto interno lordo dell’area marsicana e ben il 10 per cento dell’export regionale.

Carlo Di Stanislao

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