Dalle rovine italiane una lezione per New York

L’Aquila, capoluogo dell’Abruzzo, nell’Italia centrale, è lontanissima da Rockaways e Staten Island, ma la sua battaglia per la rinascita dopo il sisma può essere un avvertimento per New York, dopo l’uragano Sandy. Il terremoto dell’aprile 2009 uccise centinaia di persone e lasciò decine di migliaia di aquilani senza casa, frantumando l’armonioso ed esteso centro storico, […]

L’Aquila, capoluogo dell’Abruzzo, nell’Italia centrale, è lontanissima da Rockaways e Staten Island, ma la sua battaglia per la rinascita dopo il sisma può essere un avvertimento per New York, dopo l’uragano Sandy.
Il terremoto dell’aprile 2009 uccise centinaia di persone e lasciò decine di migliaia di aquilani senza casa, frantumando l’armonioso ed esteso centro storico, cuore culturale ed economico della città. Furono costruite case “provvisorie”: “new towns”, come diceva il primo ministro italiano di allora, Silvio Berlusconi, vantando gli appartamenti tristi, isolati, stretti e costosi che lui fece costruire per gli aquilani senza casa lungo fasce disabitate intorno alla città, tagliate fuori dal transito e dalla vita civile. Non si crearono infrastrutture e non si raggiunse un consenso pubblico su come combattere la dispersione, che cosa salvare, che cosa sacrificare e come.
Da allora le autorità italiane hanno continuato a promettere di restaurare la città come era prima, ma finora sono stati riparati meno di una dozzina delle centinaia di fabbricati danneggiati del centro storico, che è una specie di città fantasma. Mai una mecca del turismo, nonostante le sue belle chiese e piazze, L’Aquila era una città operosa di circa 75.000 abitanti, sede di una università e di molte famiglie con radici risalenti al medio evo.
Adesso i turisti arrivano per guardare le macerie a bocca aperta. Il porno-rovine è diventato la nuova industria locale.
Un segnale di progresso è arrivato ad ottobre, quando il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato per inaugurare il nuovo auditorium progettato da Renzo Piano in un parco nel centro storico, una delle poche iniziative della città dopo il sisma. Il Presidente Napolitano ha criticato le “new towns” poiché distolgono attenzione e risorse dalla sfida primaria: restituire la vita al centro della città.
Il governo della regione ha ora preso il controllo dell’impegno per la rinascita dopo una serie di fallimenti delle autorità centrali. Il problema rimane per residenti e politici, come al solito dopo un disastro, mentre le memorie del sisma svaniscono fuori della regione.
Che cosa è rilevante per la zona di New York? Nonostante la necessità di grossi cambiamenti e di discorsi chiari a fronte delle conoscenze sulla crescita dei livelli del mare e l’ aumento degli uragani, le autorità hanno seguito in larga parte l’esempio degli italiani, promettendo ai proprietari delle case devastate di ricostruire i quartieri tenendo conto dei rischi ambientali. Hanno nascosto che lo spostamento e la ricollocazione degli abitanti siano politicamente impossibili.
Sono stato a L’Aquila parecchie volte dopo il terremoto, la prima volta un paio di giorni dopo il sisma, recentemente prima della inaugurazione dell’auditorium di Renzo Piano, per vederlo in costruzione e per parlare con i residenti e con Pietro Di Stefano, assessore alla ricostruzione – pianificazione del comune dell’Aquila. “ Siamo entrati in un labirinto assurdo”, mi ha detto. “Avevamo bisogno di un nuovo progetto di città.” Poi ha parlato della necessità di restaurare alcuni fabbricati del centro della città. Sembrava accettare la futilità di discutere di demolizione di case e nuove costruzioni, mentre i proprietari chiedono il danaro dello stato. Proprio non mi sembrava parlare di un nuovo progetto di città.
Ho citato il progetto di Renzo Piano. Pensato dall’architetto e dal suo amico Claudio Abbado, il direttore d’orchestra, per riportare un po’ di cultura e vita notturna nel centro della città, l’ auditorium di 240 posti unisce cubi multicolori e pannelli di pino di Trento, la provincia italiana che ha sponsorizzato il progetto. (La sala non era del tutto finita per la cerimonia di inaugurazione e, come spesso accade in Italia, fu chiusa subito dopo. Ci sono progetti per terminarla ed organizzare concerti l’anno prossimo).
Anomala nella città storica dell’Aquila, la sala è stata in parte progettata come prototipo per un tipo di legno riciclabile ed antisismico che potrebbe sostituire bene ed a poco prezzo le case in pietra del centro, cosicché la gente possa finalmente ritornarci. A metro quadro, la sala costa un quarto delle “new towns”.
Quando ho suggerito fabbricati di legno, il Sig. Di Stefano si è irrigidito. Ha incominciato ad accarezzare il più vicino fabbricato in pietra come fosse il cane di famiglia. “Impossibile”, ha detto.
“Questa è una città di pietra” ha ribadito. “Queste case sono state costruite dalle famiglie nel corso dei secoli, ed hanno la loro storia. Che cosa sarebbe Firenze senza campanile di Giotto, o Pisa senza la torre? I fabbricati sono quello che noi siamo.”
Che cos’è una città? L’insieme dei suoi fabbricati o la vita che si svolge in essi? L’Aquila ha delle belle architetture, chiese barocche e fabbricati pubblici del Razionalismo del primo novecento. Questi potrebbero essere restaurati e riaperti, ed un paio lo sono già. Ma ciò che rende speciale la città sono gli spazi pubblici, le vie e le piazze. Sembra che le autorità responsabili della salvezza del centro, concentrati sui palazzi anziché sull’urbanistica, non se ne rendano conto, e che lascino morire L’Aquila, ogni giorno un pò di più.
E così ora, sulla piazza principale, i vecchi si riuniscono nelle mattine di sole, provenienti da luoghi lontanissimi. Passeggiano nella strada principale, come facevano prima del sisma, poi si disperdono verso le case disseminate lontano. Antonio Antonacci, avvocato in pensione, chiacchierava in Piazza Duomo con tre amici, quando io mi sono fermato. “ È ancora il solo centro città che abbiamo,” mi ha detto.
I newyorkesi non sono particolarmente attaccati a vecchie case di pietra. La città ha una storia di audacia e adattabilità che hanno contribuito alla prosperità della regione. Ma la progettazione del secolo scorso ha anche fatto sì che molti siano scettici riguardo ad un cambiamento infrastrutturale su larga scala.
Detto questo, alcuni proprietari di case distrutte a New York hanno già reso noto che stanno progettando di ricollocarsi in zone più sicure, e Shaun Donovan, il ministro incaricato dal Presidente Obama di guidare il lavoro di recupero dopo l’uragano Sandy, sembra aperto a grandi idee. Una calamità può anche essere un’opportunità per politici ambiziosi, non per un presidente al secondo mandato, liberato dal pensiero del futuro.
Sebbene L’Aquila sia diversa da New York sotto molti aspetti fondamentali, i suoi ultimi anni suggeriscono che un disastro non distrugge solo case e vita umane. Mette alla prova l’immaginazione e la capacità di cambiamento di una città e di uno stato.

Michael Kimmelman
Traduzione integrale di Emanuela Medoro

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