Nuova paura in Giappone, con riflessioni

Mentre continua a salire il bilancio delle vittime nelle Filippine per il passaggio del tifone Bopha, con le autorità che parlano di 420 persone morte e quasi 400 dispersi, una forte scossa di terremoto di magnitudo 7.4 secondo l’americana Usgs (7.3 per la Japan Meteorological Agency), è stata registrata oggi nel nord est del Giappone, verificatasi alle […]

Mentre continua a salire il bilancio delle vittime nelle Filippine per il passaggio del tifone Bopha, con le autorità che parlano di 420 persone morte e quasi 400 dispersi, una forte scossa di terremoto di magnitudo 7.4 secondo l’americana Usgs (7.3 per la Japan Meteorological Agency), è stata registrata oggi nel nord est del Giappone, verificatasi alle 17.18 locali (le 9.18 in Italia), con epicentro a 240 km dalle coste della prefettura di Miyagi e con ipocentro a 10 km di profondità.
Come conseguenza, alle 8.02 locali (le 10.02 in Italia) uno tsumani di circa un metro, è stato registrato nella città di Ishinomaki, nella stessa prefettura, che ora è a rischio di maremoti fino a 2 metri.
A Tokio la scossa è stata avvertita in modo netto e la stessa Tokyo Tower, la cui antenna è stata appena riparata dopo i danni subiti dal terremoto dell’11 marzo 2011, ha oscillato, con un effetto ben visibile anche occhio nudo.
L’instabilità che caratterizza le isole del Giappone si verifica tutt’intorno all’oceano Pacifico, per cui si parla di “anello di fuoco”, di cui l’arcipelago sarebbe una delle sezioni più attive.
Il terremoto più grave del Paese risale alla primavera dello scorso anno, con una scossa di 8,9 gradi Richter e una tsumani da dieci metri, che hanno causato la morte di 100.000 persone e fuoriuscite radioattive dalla centrale nucleare di Fukushima.
Una commissione governativa prontamente nominata, a luglio scorso ha concluso che l’errore fu umano, poiché l’intero apparato di organismi preposti alla sicurezza della centrale e del terriotorio avevano lavorato non superficialità e scarso senso di responsabilità nel proteggere le vite delle persone e della comunità.
Gli esperti, tra cui c’era il premio nobel per la chimica nel 2002 Koichi Tanaka, hanno fatto riferimento a problemi di organizzazione e formazione all’interno della Tepco, la ditta appaltatrice dell’impianto, con operai obbligati a “lavorare al buio, alla sola luce di lanterne”.
Il rapporto infine, definiva dubbia la risposta del governo nipponico, con creazione di “confusione nella catena di comando” e sviluppo di una considerevole “perdita di tempo” negli interventi.
Prima di questo, il terremoto più disastroso si verificò nel 1923:, con epicentro nella baia di Sagami, danni ingenti a Tokyo e Yokohama e la morte di circa 200.000 persone.
Intanto, dopo l’uragano sugli Stati Uniti, quello delle Filippine, i vari terremoti che si inseguono nei quattro continenti, i sostenitori della fine del mondo Maya paventano a giorni (21 dicembre) una catastrofe definitiva, senza tener conto che ci sono molte profezie finite nel nulla, come quella del 2000 di un certo John Titor, che diceva in un forum di internet di essere tornato indietro dal 2036 con la Macchina del Tempo e raccontava fatti che però non si sono verificati: turbolenze sociali negli Stati Uniti nel 2005 e guerra civile nel 2008; occupazione del Giappone da parte della Cina, attacco israeliano ai paesi arabi e terza guerra mondiale scatenata dalla Russia con armi atomiche, che per fortuna sono rimasti solo racconti.
E c’è anche chi, in queste ore, torna a caldeggiare l’idea (davvero balzana), che alla base dei cambiamenti climatici e delle scosse sismiche di una certa intensità rilevate in questi ultimi anni, ci sarebbe la tecnologia HAARP, utilizzata per scopi diversi da quelli ufficiali, in grado di bombardare la ionosfera con migliaia di GIGA-WATTS, responsabili dei disastri che poi registriamo sul nostro pianeta. Il tutto partirebbe dai celebri (e piuttosto misteriosi, poiché coperti da segreto militare), studi di Telsa e certo è che una convenzione contro le modifiche ambientali esiste a livello europeo dal lontano 1977 a testimonianza che oltre ad essere vietate dalle legge, le“guerre ambientali” sono possibili.
Molto più documentato e credibile è lo studio di un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), dell’Università dell’Ontario e dell’Istituto di Geoscienze di Madrid, pubblicato su “Nature Geoscience”, con il titolo: “Gli effetti dello sfruttamento a lungo termine delle falde acquifere sul Terremoto di Lorca (Spagna meridionale) del Maggio 2011”, in cui si dimostra come le variazioni del campo di stress a medio-bassa profondità, indotte da attività umane, possano influenzare l’attività sismica di faglie locali, con dirette conseguenze nella valutazione della pericolosità sismica.
Il volume “Le terre della Baronia”, a cura di Giandomenico Cifani e Giovanni Cialone dell’Istituto delle tecnologie della costruzione (Itc) del Cnr dell’Aquila, dimostra invece, in maniera diretta, che se, come pare, non è possibile prevedere i terremoti, una seria politica di prevenzione diventa l’unica azione efficace per rendere meno vulnerabile il territorio agli eventi sismici.
Pertanto, occorre costruire con rigore per tutelare il patrimonio storico-architettonico e artistico e garantire la sicurezza dei cittadini nel tempo.
E spendere con oculatezza i denari, giacché vari studi mostrano che le risorse impiegate per la ricostruzione dopo i terremoti del Friuli e dell’Irpinia sarebbero stati sufficienti per adeguare sismicamente tutto il patrimonio edilizio nazionale.
Lo scorso giugno, Il Fatto Quotidiano, commentando in linea sul sito della università di Messina (http://ww2.unime.it/osservatorio/age5/presentazioni/AGE_2008-Pinho_etal-ScenarioMessina.pdf ), relativo alla possibilità, da molti ritenuta molto concreta, che un sisma di vaste proporzioni possa riguardare l’area fra Calabria e Sicilia, ha scritto: “le stime sul costo della riparazione del danno e sulle vittime a causa del collasso strutturale sono cancellate da una serie di ‘X’. E se, come pare, il numero di X corrisponde al numero di cifre cancellate, si parla di miliardi di euro e, appunto, decine di migliaia di morti”.
In quella occasione fu intervistato il prof. Martelli, direttore del Centro di Ricerche Enea di Bologna, per un discorso di tipo probabilistico, che dichiarò che la : “preoccupazione dei sismologhi è che il ‘poi’ non sia tanto lontano per cui è necessario attivarsi per cercare di prepararsi in termini di protezione civile e di verificare le strutture che possano dare i problemi maggiori e che non conosciamo bene in termini di vulnerabilità, come alcuni impianti chimici che abbiamo a Priolo e Milazzo”.
Molto più chiaro del calendario Maya.

Carlo Di Stanislao

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