Chitarra e mandolino hanno una storia comune e antica. Alcuni ritengono che, mentre gli strumenti a fondo convesso derivino dalla lira greca, quelli a fondo piatto siano una evoluzione della citara ellenica. Altri ancora, invece, sostengono che vi siano tra i cordofoni a manico due filoni principali: quello del Tar di derivazione persiana è quello dell’Ud di provenienza araba.
Comunque stiano le cose mandolini e chitarre hanno assonanze e comunanze molteplici, usati soprattutto a fini coloristici nella musica popolare di tutta Europa, con ampio successo in Italia, Francia ed Inghilterra ed espansione ed ingresso anche nella musica colta fra il 600 ed il 700 dello scorso millennio.
La parentela stretta fra i due strumenti “a pizzico” è testimoniata anche da un loro ibrido: il colascione, strumento che ebbe grande impulso fra il XVI ed il XIX secolo, con due o tre corde allacciate al ponticello che era incollato alla tavola armonica, usato nella feste e per accompagnare il canto, accreditato come sottofondo in alcune antiche canzoni napoletane, ma che, allo stesso tempo, trovò collocazione nella musica colta nel XVIII secolo.
Assonanze e sonorità comuni fra chitarra e mandolino saranno il nucleo del concerto che il “Quintetto a Pizzico Aquilano” composto dai giovani musicisti Ferella, Di Luzio, Mammolo, Giardini e Di Persio, terranno il prossimo 9 dicembre, con inizio alle 18, preso l’Auditorium Sonofi di Scoppito, terzo incontro della rassegna “Chitarra e Cinema”, organizzata dal maestro Agostino Valente e nata dalla collaborazione fra il Comune di Scoppito, l’Accademia Chitarristica Aquilana, il Festival Internazionale della Chitarra, l’Associazione Musicale Il Fabbro Operoso e l’Istituto Cinematografico Lanterna Magica, pensata per mostrare come suoni ed immagini sono elementi attorno a cui l’intera umanità sogna e si allieta, componendo un benefico elisir a tutto tondo.
La scelta di arie popolari e di brani più complessi, ci consentirà di riflettere sul fatto che la musica è al centro del nostro esistere, accompagna i riti di passaggio e coordina quelli lavorativi, connettendo l’orecchio con l’occhio, il corpo, lo spirito, il movimento, l’emozione, in una continua tela percettiva e sensoriale.
“Il mondo è suono” si dice nell’induismo. “La musica è una vibrazione originaria, attraverso la quale l’intera esistenza è chiamata in vita, secondo la dottrina legata al culto di Yehweh in Africa occidentale, che afferma che in principio vi era il suono originario hu (hu-dze-ngo) e rimanda alla idea di creazione che viene dal Tibet e dalla Cina.
Secondo il modo di vedere tibetano, la “religione è suono” e “tutti i suoni sono preghiere”, sicché, per Nietzsche “Senza musica la vita sarebbe un errore”.
E poiché oggi viviamo in un universo fatto di interazioni fra linguaggi e di contaminazioni, particolare interesse destano manifestazioni, come quella di Scoppito, in cui più linguaggi (musica e cinema), si combinano assieme per abbattere la tradizionale barriera tra processi cognitivi ed emozionali, facendo emergere un’idea di persona come sistema integrato, alla cui formazione e al cui equilibrio dinamico concorrono la componente percettivo-motoria, quella logico-razionale e quella affettivo-sociale.
Ed è importante la scelta di repertori musicali in cui il corpo assume un suo valore ed una sua precisa importanza, soprattutto nelle manifestazioni non singole ma di gruppo (“Quartetto Leonardo” “Duo di Voce e Chitarra “Stoyanova-Phillot” “Quintetto a Pizzico” “Saggio finale degli Allievi della Accademia Chitarristica Aquilana”) la tanto desiderata unità corpo-mente, in un universo che continua a privilegiare traguardi formativi basati sulla presunta superiorità dei meccanismi di astrazione come strumenti privilegiati per la conoscenza, che sottovalutano il corpo nelle sue potenzialità cognitive.
Invece, come tutti gli incontri di Scoppito dimostrano, anche nelle rappresentazioni di concerti solisti (Francesco Mancini, di scena alle 21 del 12 dicembre) la non verbalità come strumento di comunicazione significativo tende comunque a enfatizzare il valore delle percezioni assegnando ad esse un ruolo di formalizzazione del pensiero assimilabile alla scrittura e gerarchicamente superiore ad altri sistemi di rappresentazione.
Carlo Di Stanislao
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