Se vi fosse una benché minima logica nella politica forse il proto-programma di Ada Lovelace, che Google ricorda oggi in occasione del 197° anniversario dalla nascita, ci aiuterebbe a capire. Ma la logica della politica, ammesso che esista, non è certo razionale, per cui né la macchina analitica di Babbage, né gli algoritmi di numeri razionali di Bernoulli possono nulla nel prevedere suo incedere repentino ed imprevisto.
Anche il grande Parmenide, tentando di dare una logica alla politica, cadde in più di una contraddizione e da chiarissimo nel pensiero, si fece oscura nelle proposizioni, al fine di riaffermare un principio di continuità nel fluire ciclico del tempo, di contro ad un visione del tempo lineare, discontinuo, storico che solo può concettualizzare la rottura e il mutamento sociale che la politica dovrebbe avere come autentico fine.
Comunque, a soli tre giorni dal suo rientro in campo, Berlusconi strappa profondamente la “strana maggioranza” che aveva sostenuto Monti e il suo governo tecnico ed Angeli Alfano, che ora è tornato ad allinearsi col capo, pur esprimendo stima nei confronti del professore, dichiara che quello del Pdl che ritira la fiducia non è “un gesto irresponsabile”, ignorando bellamente la delicatezza del momento
l’incertezza in cui precipita il Paese.
Così, come c’era da aspettarsi, nonostante Monti abbia cercato l’altro ieri di rassicurare l’Europa al vertice di Cannes (quello stesso che un anno fa aveva messo alle strette Berlusconi), la risposta dei mercati non si è fatta attendere, esibendo immediatamente segni vistosamente negativi: spread a 350 in apertura e perdita del 2% a Milano ad inizio di sessione, con tendenza al peggioramento.
Solo una settimana fa lo spread era sceso sotto la soglia dei 300, toccando i minimi degli ultimi 9 mesi. Poi la risalita giovedì e venerdì, in scia allo strappo del Pdl che ha di fatto staccato in anticipo la spina all’esecutivo.
I mercati temono che il prossimo governo non rispetti l’agenda Monti e le sue riforme e, nonostante le elezioni saranno anticipate solo di un mese, a pesare è lo scenario di incertezza politica dell’Italia che si avrà da qui a febbraio.
Monti ha dichiarato la sua intenzione a dimettersi dopo l’approvazione della Legge di Stabilità e Napolitano si è dato una settimana per decidere.
Solo la Lega con Maroni è felice dell’ennesimo disastro promosso da Berlusconi e il suo nuovo capo dichiara, gongolante anche per aver incassato il sostegno del Pdl in Lombardia: “Addio governo Monti (finalmente!), bentornato popolo sovrano. Ora al voto al più presto, anche a febbraio: noi siamo pronti. Prima il nord”.
Tutti gli altri sono sgomenti. Punta il dito contro Berlusconi Dario Francescini (Pd). “In due giorni dal suo ritorno in campo Berlusconi ha portato il Paese sull’orlo della crisi – ha dichiarato al Tg2 -, rischiando di vanificare i sacrifici compiuti dagli italiani per salvare l’economia”. Secondo Franceschini, che invoca il ritorno alle urne dopo la legge di stabilità, “ora non bisogna più perdere tempo”.
Esalta le scelte di Monti Pier Ferdinando Casini (Udc) che, oltre ad accelerare l’avvicinamento a Fini e al gruppo di Montezemolo, al Tg2, ha affermato, a proposto del ritorno di Berlusconi: “Anni di barzellette, demagogia e populismo ci hanno ridotto al punto in cui siamo. Da Monti è arrivato un gesto di serietà e responsabilità” e serve opporsi con forza “al ritorno del vecchio teatrino della politica”. E al Tg1, rispondendo a una domanda su una eventuale candidatura di Monti, il leader centrista ha detto: “C’è una politica seria che per quattro anni ha fatto opposizione a Berlusconi ed ha sostenuto Monti e c’è una società civile che non vuole il populismo. A questa noi dobbiamo dare una risposta”.
Preoccupato Raffaele Bonanni, segretario della CISL, che commentando ad Adnkronos il precipitare degli eventi, ha denunciato: “Dopo tanti sacrifici sostenuti dagli italiani, per tenere in piedi la credibilità del nostro Paese presso le cancellerie europee e mondiali e presso i mercati internazionali, c’è stato un atto di mancanza di responsabilità che costerà all’Italia e al quale spero sia Monti sia il presidente Napolitano possano farvi fronte e sappiano porre rimedio”.
Standard & Poor’s ha già anticipato che persistendo lo stato di incertezza applicativa delle riforme taglierà ulteriormente il nostro reating e la disillusione per il futuro diventa il concime per far crescere l’antipolitica ed il populismo. Soprattutto quest’ultimo, con Grillo e di nuovo, ora, Berlusconi, che certamente prometternno meno tasse e meno sacrifici senza chiarire da dove prendere i soldi e forse riusciranno a convincere più di un italiano che, perso Renzi, il Pd è venuto meno alla possibilità di trasformarsi in un vero partito socialdemocratico europeo e quindi a traghettare in acque più sicure la Nazione.
Intanto, all’estero, rispunterà l’idea che gli italiani sono un popolo lontano dalla condivisione di valori etici, religiosi e civili di autentica portata europea, un popolo del “franza o spagna purché se magna”, senza la dignità di cittadini di uno stato maturo, conquistata non solo con secoli di ritardo rispetto a Francia, Spagna o Inghilterra, forzati all’unione da Vittorio Emanuale II, Cavour, Garibaldi e Mazzini; ma soprattutto riproponendo anche ora alleanze (Pdl e Lega), fra compagini che si ritrovano benissimo nello staterello inefficiente e corrotto dei quali, fino al 1861, avevamo molteplici esempi e con ulteriori esempi anche successivi e recenti.
Uno degli interrogativi di adesso e se Monti scenderà in campo, cosa data per molto probabile, con il sostegno di UDC più Italia Futura e FLI, che comunque sono quotati come un prefisso telefonico, in quanto una allegra brigata di professionisti della politica e di apprendisti politici, come Montezemolo, non può attirare l’attenzione di consistenti fette dell’Italia moderata che, probabilmente, sarà ancora una volta galvanizzata dal Cavaliere, con i suoi slogan azzeccati, con la critica al fisco esoso, con la contestazione delle scelte europee che, come si vede, stenta ad avere una dimensione veramente politica come la volevano i padri fondatori.
C’è poi il (dis)valore aggiunto della critica alla magistratura, che Berlusconi sa condivisa da un popolo abituato a non rispettare nessuna regola, neanche quella del divieto di sosta.
Non ha logica la politica, lo scrive su Il Giornale e sul Foglio anche Giuliano Ferrara, che commentando l’uscita del Cav, che ha steso un velo di incredibilità su tutto, delegittimando ogni cosa e ogni persona e poi ha impostato o va impostando un tentativo di recupero fondato sulla funzione della sua personalità carismatica, sempre con le stesse modalità, tanti anni dopo, per la sesta volta, vaticina già una campagna elettorale dai toni odiosi, in cui i problemi italiani saranno disattesi e ingabbiati dentro false promesse, con una sinistra che arriverà (lo ha già fatto con Asor Rosa) ad invocare un un golpe con l’ausilio dei carabinieri ed i moderati che auspicheranno il ritorno di una tecnocrazia curatrice fallimentare della crisi finanziaria; mentre il redivivo salvatore, Silvio Berlusconi, cavalcherà i bisogni antifiscali e un falso senso del valore della libertà civile, tale da convincere, ancora una volta, la cosiddetta maggioranza silenziosa che, col tempo, è divenuta o fintamente arrabbiata o pronamente pecorona.
Alla fine avrà buon gioco quel populismo destrorso e reazionario che ci dipingerà il governo Monti, che ha sbagliato molto ma anche molto ha fatto per la dignità nazionale, come tecnici senza nessuna conoscenza dell’apparato, circondati da grand commis buoni per tutte le stagioni, pessimi consiglieri dei governi precedenti sia di Berlusconi che e Prodi, che negli anni non hanno mai spiegato ai loro ministri che non si va da nessuna parre se non si riordina l’apparato e le leggi che ne disciplinano l’azione, se non lo si rende impermeabile alle influenze delle lobby, come dimostra il vergognoso dato sulla diffusione della corruzione, resa nota nei giorni scorsi da Trasparency International.
Intanto diamo l’addio al professore dai buoni studi di economia, dalle importanti relazioni personali e di grande disponibilità istituzionale, come ha dimostrato nel novembre 2011 accettando l’invito di Napolitano a salvare l’Italia sull’orlo del baratro.
Tanti meriti ma scarsa sensibilità politica dimostrata da subito, fin dalla formazione della squadra di governo, con un ministro del lavoro sprovveduta e incapace di una disposizione transitoria che avrebbe evitato gli esodati, con un ministro dell’economia che è stato un modesto Ragioniere Generale dello Stato, con un Ministro delle sviluppo economico che non ha saputo neppure fare la mossa di un incentivo alla ripresa sul mercato interno, che non ha aperto o riavviato un cantiere.
Ma non per questo lo giubiliamo, ma solo perché Berlusconi ha di nuovo voglia di scendere in campo e l’opposizione tutta non è capace di fare quadrato ed aiutare gli italiani a pensare e non gettare, come al solito, tutto alle ortiche.
Dovremmo tutti e rapidamente rileggere la prima raccolta di Stephen King: “A volte ritornano”, del 1978, e ricordarci che se non si esercita la ragione si generano mostri tali da generare un mondo simile ad un lungo agghiacciante incubo: un allucinante tunnel di orrore, in cui ci vedremo rappresentati come un popolo di razzisti, di speculatori, di evasori fiscali, che benedice le leggi contro i “diversi” , esalta chi riesce ad evadere il fisco, giustifica il lavoro nero e le morti bianche e baratta la salute con il lavoro.
Orrore è l’aggettivo usato ieri sera da Busi per descrive Berlusconi a In Onda su La7, lo stesso che usò Casini a luglio, quando si paventò un ritorno del Cavaliere.
Hegel ha scritto che “ogni Nazione ha il governo che merita” e Wiston Churchill lo ha ribadito in più occasioni.
Oggi tremo al pensiero che forse ciò che meritiamo è un governo con Berlusconi e contorno di Nicole Minetti, espressione di una immaturità democratica intrisa da invidia strisciante in cui non ci si batte perché nessuna classe guadagni troppo ed abbia troppi privilegi, ma solo per entrare a farne parte, per condividerne vantaggi e prebende.
Carlo Di Stanislao
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