Assistenti familiari e badanti lasciate sole con gli anziani, esposte a stress elevato per guadagnare qualcosa in più, ma che troppo spesso finiscono per tagliare i ponti con famigliari e amici. È questo, secondo Raffaella Maioni, responsabile nazionale di Acli Colf, il contesto in cui si trovano diverse badanti e assistenti famigliari che in alcuni determina situazioni problematiche, dagli esiti anche drammatici, come nel caso della 24enne georgiana che ha confessato l’omicidio dell’anziana che accudiva a Prato, tagliandole la gola in un raptus di follia. Ultimo episodio di una serie di tragedie simili. “Il caso in questione è particolare. Secondo quanto si apprende dalla stampa la ragazza aveva già dei problemi in quanto secondo un’amica aveva già tentato un suicidio. Ma la vicenda deve farci interrogare sull’assistenza famigliare – spiega Maioni -, sui ritmi di lavoro molto stressanti e sulle lavoratrici che restano in casa sole senza riuscire ad avere qualcuno con cui parlare, con cui confrontarsi”.
Solitudine e stress che per Maioni sono maggiormente diffuse quando non c’è un rapporto stretto con la famiglia dell’assistito e che in alcuni casi possono comportare anche disturbi psichici. “Alcune ricerche segnalano casi di burn-out (esito patologico da stress che riguarda chi esercita professioni d’aiuto, ndr) di assistenti famigliari in Italia che ritornando in patria sono state accolte in centri dove fanno percorsi di recupero. La chiamano “sindrome Italia” legata al fenomeno del lavoro domestico in situazioni di alto stress. Si tratta di persone che non riescono a gestire la parte emotiva e il rapporto di lavoro. Per questo la formazione nel settore del lavoro domestico è molto importante, per capire che ci sono delle tecniche per riuscire a gestire anche patologie più gravi e situazioni di lavoro difficili”.
Lavoratrici sotto stress che però non hanno servizi di riferimento a cui rivolgersi. “Non ci sono dei servizi sociali per gli assistenti famigliari – spiega Maioni -. Sarebbe utile cercare di rapportarsi con i servizi sociali sul territorio, chiedere aiuto anche ai medici di base nei momenti in cui non si riesce a gestire l’anziano e poi avere rapporti con la famiglia. Ci sono infine le associazioni come la nostra, che cercano di dare un supporto”. Tuttavia, per Maioni, la prima regola da rispettare per evitare situazioni di stress e affaticamento è quella di non lasciare soli gli anziani con le lavoratrici. “Non si può delegare totalmente la cura ad un’altra persona – aggiunge -. Bisogna seguire il rapporto di lavoro e fare in modo che la lavoratrice sia nella rete dei servizi socio-sanitari, che abbia rapporto con i servizi sociali o col medico”. Un insieme di accortezze che vanno precedute da una riflessione sui bisogni della famiglia e sul livello di gravità dell’assistito, in base ai quali cercare una persona che abbia una professionalità che corrisponda alle necessità. “Non c’è un vincolo che permetta di assumere solo persone formate – conclude -, però si può chiedere al lavoratore o all’ente terzo un curriculum che risponda ai propri bisogni”.
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