Serata della Epifania al Sistina, per l’ultima replica di “My Fair Lady”, immortale piece di Bernard Show, con, per protagonisti, Luca Ward e Vittoria Belvedere. Le coreografie di Roberto Croce sono belle, ma il resto delude, perché la rappresentazione non trasmette né coglie la vera intenzione di Show: buttare all’aria ogni cosa divertendosi a mettere oggetti e persone con la testa in giù e le gambe in aria; con una “moralità” alla rovescia.
Ma ciò che non ho visto al Sistina, l’ho visto ieri sera a Porta a Porta, con Berlusconi che rovescia ogni cosa e, complice Vespa, smonta ogni singolo fatto e lo trasforma, invertendolo a suo favore.
E’ un acrobata ed un giocoliere Berlusconi, uno che ancora sa bene come imbonire ed ipnotizzare lo spettatore medio, che è il prodotto in una annosa e reiterata autofagia, espressione di una pigrizia sistemica, nata come effetto di un mancato passaggio del nostro organismo sociale, dalla protezione infantile all’autonomia adulta.
Così è facile per lui volgere distopicamente ogni domanda sul suo operato, in affermazioni contro un sistema che non permette ad un premier di decidere e che non permette all’industria né di crescere né di espandersi, con troppi ed inutili meccanismi pubblici di protezione, infeudato alle oligarchie partitiche e alle burocrazie statali, per di più sotto scasso delle burocrazie sindacali, con conseguente perdita di occasioni di lavoro e di reddito. Una sorta di “buco nero”, che inghiotte tutte le energie del Paese e contro cui è lui l’unico cavaliere capace di opporsi.
Il suo è un gioco raffinato, fatto di astrazioni alla Beckett e di assurdo allo Burgess, semplificati per palati non adusi a concettualizzazioni e bizantinismi, totalmente distopico, basato sulla convinzione che siccome nei media (e soprattutto in tv), ormai nulla è più veritiero o ha senso, il linguaggio non può che rimbalzare in un dialogo dell’assurdo e del fraintendimento.
E così come nel miglior Burgess, il crescendo lessicale del Cavaliere, che ride e fa battute e poi ridiventa serio, facendo credere che lui può essere ogni cosa e ogni personaggio, utile in ogni circostanza, raggiunge l’apice quando crea le condizioni per cui i linguaggi degli altri, quelli che criticano, replicano e non sono d’accordo, diventa incomprensibile, tale da far porre la domanda, sempre allo spettatore medio, del perché tanti sciocchi non lo comprendono o c’è l’hanno con lui.
Così il Cavaliere riprende un canovaccio vecchio e consolidato, fatto di sapienza di linguaggio e di gesti, ma anche conscio che servono le sfuriate, non contro chi è pedissequo come Vespa, ma contro gli altri, per guadagnare credibilità e consensi.
Dopo la lite con Giletti, con la gag del “Me ne vado – Me ne vado” trasformata in rap dai The Jackal e lo sfogo a Otto e Mezzo su La7, nei confronti di Lilli Gruber, prova che il Cavalier furioso è tornato in campo e, in vista delle elezioni 2013, ha ripreso confidenza col media più amato, quello che lo ha portato nelle case degli italiani, facendone conoscere vizi e virtù.
Ora si attende il clou stasera da Santoro: uno scontro fra titani che si detestano da tempo e da tempo si misurano a braccio di ferro.
Ma forse lo scopo dei due grandi rivali (Berlusconi e Santoro) è giunto ad un accomodante compromesso, che ricorda in fondo l’incipit de L’Orlando Furioso, con Angelica che fugge e i suoi spasimanti che l’inseguono, duellano, ansimano per possederla, ma poi non combinano niente, con il senso d’un girare a vuoto che pare insensato, vano e mattoide, come vane e mattoidi paiono le apparizioni televisive di Berlusconi che, fra dati che solo lui considera esatti ed affermazioni di provata efficacia (la politica che si serve della magistratura contro il suo operato), ostenta amore e sfrenati slanci ed eccesso di ardore per l’Italia, anche se poi, gli avversari ed anche gli alleati infingardi e traditori (Fini ed i suoi), hanno fatto dei suoi buoni propositi un bel falò.
Com’è noto la storia di Berlusconi sul “piccolo schermo” è anche una storia di impeti, escandescenze e scenate, iniziate nel 2001, quando dall’altro capo di un telefono tuona contro Michele Santoro durante il Raggio Verde, accusando il giornalista di svolgere “un processo in diretta”. Santoro si difese, sottolineando il fatto di essere “un dipendente del Servizio Pubblico, ma non sono un suo dipendente”. Non bastò, tuttavia, ad evitare l’Editto Bulgaro e la sua scomparsa per qualche anno dalla tv di Stato.
E la cosa è continuata con Lucia Annunziata, il 12 marzo 2006, durante la campagna elettorale in vista delle politiche poi vinte da Romano Prodi, con lui stizzito perché la ex Presidente Rai non gli dà la possibilità di terminare le risposte. Dopo una discussione interminabile, intervallata anche in questo caso da una serie di “Ora mi alzo e me ne vado”, l’allora premier lasciò lo studio di In Mezz’Ora, con , nei confronti della Annunziata, un’accusa al veleno: “Lei è di sinistra, lei pensa di decidere anche per gli altri, mentre io sono un liberale e decido solo per me stesso”.
E non ha perso il vizio (o l’abitudine), sicché, il 2 giugno del 2010, chiamò in diretta a Ballarò per contestare quanto detto poco prima dal vicedirettore di Repubblica, Giannini, a proposito della politica del governo sull’evasione fiscale e, ancora, nel 2011, con altra telefonata a “L’infedele”, definita trasmissione disgustosa, con una conduzione “spregevole, turpe, ripugnante”, con accuse a Gad Lerner di avanzare “tesi false e distorte, lontane dalla realtà”, circa il coinvolgimento della consigliera regionale Nicole Minetti (definita “una persona splendida, seria e preparata” dice Silvio) nel caso Ruby.
Vedremo cosa tirerà fuori stasera da Santoro che oggi vedrà faccia a faccia per la prima volta dalla cacciata del 2002.
I contatti della vigilia sono all’insegna del fair play, ma fino a un certo punto. Perchè Santoro ha assicurato: “Non farò trappoloni” e lui ha risposto: “Mi fido”.
E tuttavia, prima del duello, la bombardiera finto rosa dell’armata berlusconiana – cioè il settimanale Chi – ha sparato un servizio fotografico sulle ”vacanze di Santoro alla Maldive”, dove il guevarista di La7 è immortalato, con pinne, maschera e boccaglio tra le mani, davanti a un bungalow da 1.500 euro a notte.
“Non ho paura di Santoro, sono un combattende ha detto stamani Berlusconi”, proseguendo di sentirsi tranquillo e soprattutto sapendo che, comunque andranno le cose, la visibilità porta voti.
E poi lui, da grande trasformista o, per dirla con Monti, spirito cangiante, non ha paura dei confronti sul piccolo schermo.
Anche perché sa che Santoro è come lui malato di share, simili nel piglio populista e super-narcisi, che, pertanto, sanno a memoria il canotaggio dei rispettivi ruoli.
Sarà Santoro a gridare a Berlusconi “si contenga!”, nel caso il Cavaliere s’arrabbiasse come ha fatto con la troppo educata Lilli Gruber e se non vorrà farsi interrompere nei suoi ragionamenti, potrà rispolverare la risposta del 2001: “Io non sono un suo dipendente”.
Certamente stasera, a “Servizio Pubblico su La7”, titolo “Mi consenta”, si rinnoverà in un’occasione storica, lo scontro fra due nemici eccellenti che hanno caratterizzato, nel bene e nel male, l’ultimo ventennio: il leader carismatico del populismo reazionario e del liberismo più sfrenato ed il suo oppositore più strenuo e irriducibile, autentico sciamano (come lui) della tv.
Adesso che né Prodi né D’Alema avranno un seggio, adesso che ascoltare sia Monti che Bersani mette sonno, mentre Santoro è nella sua postazione di capitan Achab sul Pequod e Berlusconi in quella della Balena rediviva e furiosa, sarà in fondo divertente seguirne lo scontro in tv.
Anche se tutto appare già deciso e concordato, nei ruoli e nello sviluppo, anche per quanto riguarda l’incontenibile (di solito) Travaglio, che ha già annunciato che stringerà la mano al signore di Arcore e ha chiarito : “Non è mica un duello all’ O.K. Corral”.
Tuttavia, pensando proprio al film di Sturges, mi viene in mente che, anche se le cose sono studiate da ambo le parti, è sempre possibile che lo sviluppo sia imprevisto ed imprevedibile , con inaspettati risvolti umani e drammatici, che magari non ci faranno rimpiangere le due ore passate davanti alla tv.
Ma forse mi sbaglio e alla fine scopriremo che ciascuno gioca solo un ruolo da monomaniaco, con l’idea fissa di piacere al maggior numero di italiani che, in fondo, sono anch’essi pervasi da semplici manie, Non è non quelle ispirate da un dio, di cui parla Platone, e neanche espressioni patologiche secondo la moderna psicologia, ma simili a quelle messe da Ariosto nelle furie di Orlando, di Rinaldo, di Rodomonte e degli altri, che sono qualcosa come l’incaponimento d’un animale per montare la femmina, o per scornare i rivali, o per dominare il gregge, la mandria, il gruppo.
Carlo Di Stanislao
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