Non ha vinto né Santoro né Berlusconi, bensì lo spettacolo, condotto in modo astuto da due autentici campioni del super-show, che, da consumati e cattivissimi esperti di combat, hanno prima finto di essere colombe, per poi azzannarsi nel finale, con Berlusconi che ruba il posto e infama Travaglio e Santoro che diventa una belva e grida: “lei sta distruggendo una trasmissione interessante. Si vergogni”, con il primo ironico che gli replica:” E lei, Santoro, dovrebbe alzarsi e andarsene”.
Ha ragione Mario Ajello che sul Messaggero commenta che la gente vuole una tv così e non quella sorta di inciucio tra il padrone di casa ed ospite con cui la puntata era iniziata.
E’ durata quasi tre ore la trasmissione, ma tutti si ricorderanno dei quindici minuti in cui Berlusconi invita Travaglio ad alzarsi dalla sedia che lui aveva occupato fino a poco prima, ”perche’ questo e’ il mio posto”, e prima di sedersi la pulisce con dei fogli e poi con un fazzoletto, dopo aver letto una lettera che (dichiara) gli hanno scritto, in cui sciorina veleno contro il giornalista de Il Fatto Quotidiano, entrato nel suo Giornale per raccomandazione (di Giovanni Arpino, che era suo zio), che lo ha fatto litigare con Montanelli, che è stato condannato in sede civile dieci volte e che, conclude, ha fatto i soldi parlando male di lui e gettandogli addosso tutto il fango possibile.
Questo rimarrà nella mente degli spettatori, Berlusconi che, dopo la tirata, prima di sedersi, pulisce la sedia e non la sua incredibile replica al fatto di non aver capito la portata della crisi del 2009 o di aver appoggiato le politiche del governo Monti da cui ora dissente.
Berlusconi fa il suo show, spiega tutto ed attribuisce al fatto che, con l’attuale Costituzione, un premier ha le mani legate, il non essere riuscito a portare a termine le riforme promesse, per aggiungere che: ”I professori dopo un po’ sono diventati sordi ai nostri interventi perché diciamocelo chiaro si erano montanti tutti la testa e hanno portato il paese nella situazione in cui siamo. Per conoscere la crisi e trovare le soluzioni occorre vivere nel paese reale e io avevo i conti delle mie aziende in forte attivo e che pagavano carichi fiscali elevati. Io non vivo dietro a una scrivania dell’università”’.
“Ragazzi, non fatevi infinocchiare” e’ la frase rivolta dall’ex premier alla platea prima di lasciare la scena, ma la sensazione è stata quella che tutti siamo stati infinocchiati in una trasmissione ben pianificata in ogni passaggio, pure nello scontro con il sangue ai denti come gran finale.
In fondo, nonostante gli interventi di Santoro &Co., Berlusconi è riuscito a dire esattamente le stesse cose che ha detto a Porta a Porta.
La sinistra porta dentro l’ invidia che ha l’ideologia comunista, più disumana e criminale ed e’ rimasta la stessa.
L’attuale farraginosità del sistema istituzionale, dove ci vuole una media di 400 giorni per discutere in Parlamento un disegno di legge dell’esecutivo, non permette di governare come si dovrebbe l’Italia, sicché il primo problema e’ cambiare la Costituzione per dare più potere al presidente del Consiglio.
Bisogna votare a uno dei grandi partiti, Pd o Pdl e non disperdere i voti. Dietro la caduta del suo governo una imboscata ordita a livello internazionale, con cospiratori anche interni, che hanno più a cuore le sorti delle banche che quelle dei cittadini.
Solo lui è in grado di contrastare la tendenza alla germanizzazione de l’Europa e la capacità di dare seguito ad una Europa davvero equa ed unita e non ad una confederazione in cui vi sono stati premiati ed altri sempre più depredati.
E’ riuscito anche a dire che lo spread è una bufala, che avrebbe preferito non tornare in politica ma costruire ospedali per bambini e una università in cui invitare i grandi capi di stato che conosce, ad insegnare come si governano le nazioni e, senza una replica convincente, a dire ancora che l’Italia stava benissimo con lui, con ristoranti pieni, voli aerei super-prenotati, disoccupazione nella media fisiologica e famiglie più ricche e felici.
E sono solo punzecchiature senza effetto le quarantadue ragazze che paga mensilmente chiamate in causa da Travaglio, le cattive frequentazioni e il caso di Barbara Matera, prima nel suo libro paga, poi, dal 2009, eletta al Parlamento europeo e quindi (a colpi di 20.000 euro al mese), nel libro paga di tutti noi.
Share da riunione parrocchiale, invece, per ”Porta a Porta” su Raiuno con ospite Pier Luigi Bersani, che vuole, anche lui, eliminare l’Imu e che critica Monti per la sua salita in politica, ma senza produrre né un brivido né un minimo di entusiasmo.
In definitiva, ieri sera, ancora una volt, Berlusconi stravincere sul fronte dello spettacolo, togliendosi di dosso la fase Honecker (leggasi: politico ormai alla frutta e fuori dal tempo) e ritornando l’irresistibile showman che fu in passato.
Complici, purtroppo, anche Santoro ed i suoi.
Intanto Bersani, che non è certo un gran comunicatore, se ne sta chiotto in disparte, convinto che essere avanti lo pone in condizione di poter essere chiaro e serio, anche perché, ritiene, buttarla sullo show non gli conviene, poiché su quel campo non può competere.
Resta il problema di Santoro, che ha recitato a soggetto, con tanto di dichiarato amore comunista, alla fine, nel presentare in patetico Vauro, anche lui decisamente sotto tono, ma che, a parte l’ira finale, ha in fondo consentito a Berlusconi tutto ciò che si era preventivato.
Nel caso della Gruber si è detto che è troppo educata per arginare un uomo avvezzo al piccolo schermo e alla rissa spacciata per dialettica ed ora, dopo la puntata intitolata “Mi consenta”, pare proprio che Santoro abbia capito che, per restare in vita, ci vuole Berlusconi, poiché se lui spariresse sparirebbe anche l’anti-Berlusconismo ed allora meglio resuscitarlo, apparendo come antagonisti (ma addomesticati) e paladini della libera informazione.
Non mi meraviglierò, pertanto, se in una prossima puntata, con ospite Bersani, Santoro, abilmente, insinui il dubbio sulla possibile convivenza, nella stessa coalizione, di Vendola e l’ex direttore generale di Confindustria, Galli, spia di un pericolo evidente: la riedizione dell’ultima esperienza del governo guidato da Romano Prodi che si infranse sotto i colpi di una maggioranza troppo frastagliata, la cui “golden share” era allora in mano a Bertinotti e compagni ed oggi passerebbe nelle mani del Nicky nazionale.
Ed astutamente sarà suggerito agli spettatori, che la grande occasione Bersani l’ha perduta rinunciando all’alleanza strategica con i centristi, sacrificati sull’altare dell’accordo con Vendola, incamerando una percentuale pressoché equivalente, ma chiudendosi le porte, forse definitivamente, ad una apertura dell’alleanza al centro, storicamente condizione essenziale per la sinistra ai fini di una credibile e duratura posizione di governo.
Poi, nel caso quasi certo di una presenza di Monti, già oscar per la frequentazione in tv, che ha sbaragliato la concorrenza, occupando con la sua espressione severa ben 160 ore nelle scalette dei tg del Bel Paese, lasciando Berlusconi e Bersani rispettivamente a 60 e 70 ore dietro di lui, e apparendo in video – come
“notizia” o in prima persona – per più tempo di Giorgio Napolitano, Matteo Renzi e Angelino Alfano messi insieme; si farà in modo di far notare che, in fondo, il governo tecnico, per l’80% ha fatto quello che aveva messo in cantiere il governo Berlusconi e, a parte una certa credibilità mondiale, non ha certo favorito lo stato di benessere del Paese.
Per cui tanto vale pensare non tanto ad una terza repubblica (ormai ci siamo ufficialmente arrivati) con un quadrilatero politico (centro-destra, centro-sinistra, montiani e arrabbiati, composti da Cinque Stelle e Arancioni), ma un più salutare bipolarismo, con conservatori riuniti nel Pdl e progressisti dentro ad un Pd, con ala estrema mitigata dalla presenza di Tabagi.
Intanto, ieri sera, abbiamo assistito al falso match fra due che hanno capito come funziona la televisione, che si sono punzecchiati su chi avesse la laurea e chi avesse frequentato le serali, ma che in fondo si sono assistiti reciprocamente.
Come notato da Giorgio De L’Atri su La Gazzetta Del Sud, un match volutamente diviso in due tempi, con il primo che ha visto un Berlusconi rilassato, ridente, sfottente cheha rintuzzato quasi ogni attacco, in una delle sue performance migliori ed il secondo con un’improvvisa, inopinata e studiata caduta di gusto, perché è di spazzatura che gli spettatori di oggi si nutrono.
Santoro ha sbagliato perché ha tentato di colpire nello stesso momento Monti e Berlusconi. È partito con un servizio, molto ben fatto, sulla crisi nel paese e in particolare sullo scoramento di un centro industriale come Lumezzane, dove un tempo c’era una fabbrica ogni dieci abitanti e adesso si vive una crisi spaventosa. Ma, quando il servizio è finito, Berlusconi ha avuto gioco facile nel dire: è tutto vero, la crisi è spaventosa e attribuire tutto questo al governo tecnico di Monti.
Per poi scoppiettare in uno dei suoi numeri più frequenti e riusciti, quello dell’impossibilità di governare il paese, con la necessità di dotare il presidente del consiglio di poteri e la peste rappresentata dai partitini.
Ciò che è certo è che Bersani in tv annoia e Monti perde consensi. Se ieri sera è andata in onda una farsa, la scorsa settimana, sempre su La7, a Otto e mezzo, è andata in onda una tragicommedia, con la Gruber che palesando una certa disponibilità d’animo nei confronti di Monti, ha tentato in tutti i modi di stimolare l’ospite con interventi appropriati e lui che ha proseguito imperterrito a predicare come fosse sul pulpito e ignorando che la politica, soprattutto mediatica, è tutt’altra cosa.
Altrettanto certo è il potere della tv sui cittadini, tanto forte che l’economia e la politica ci hanno messo le loro mani sopra da tempo, provocando la grande malattia dell’informazione che è il monopolio con il relativo perdersi del pluralismo di idee e di culture, che formano la diversità delle opinioni e dei pensieri. Una malattia che serve, di volta in volta, ai poteri che governano il mondo.
Secondo una recente ricerca curata a livello globale daInitiative, la “performance-led media communications company”, parte del gruppo IPG, anche i social media sono stati inglobati ed hanno un impatto estremamente positivo sugli ascolti televisivi, grazie a un nuovo gruppo di appassionati telespettatori che, utilizzando i social per commentare e confrontarsi sui programmi e sulla pubblicità televisiva, influenza le scelte e le opinioni riguardo ai contenuti e, soprattutto, ai brand; sicchè internet, piuttosto che sostituirla, ha dato alla televisione l’opportunità e gli strumenti per trasmettere su più schermi e su più devices, creando un fenomeno all’interno dei social media in grado di amplificare la comunicazione sia dei contenuti (programmazione televisiva) sia dei messaggi (creatività pubblicitaria).
“Una volta tanto, caro mio televisore, sarai costretto ad ascoltarmi”, scrisse qualche anno fa Carlo Maria Martini, discorrendo sul fatto che, quando arrivò in Italia, negli anni Cinquanta, le persone uscivano di casa e si riunivano nei bar per vederla e la tv era un festoso momento di incontro, da consumare tutti di fronte alle immagini in bianco e nero del Musichiere o di Lascia o Raddoppia. Oggi, a poco più di quarant’anni dalla nascita sembra aver cambiato completamente il suo ruolo, per divenire, da evocatrice di incontri di gruppo, in compagna di nuove solitudini ed infiniti condizionamenti.
Nel 2011, Antonio Gibelli, nel suo bel libro “Berlusconi passato alla storia”, si interrogava non solo sull’eredità del Cavaliere (una cultura dell’apparire che nessuno sembra avere davvero intenzione di rimuovere ), ma anche sul perchè del suo successo, almeno in parte riconducibile all’utilizzo dei mass media e ad un conflitto d’interessi troppo trascurato anche a sinistra.
E la risposta, acutissima, fu che tanto invasiva e penetrante presenza, durata per quasi un quinto di secolo (se non di più), “non solo sulla politica, ma sulla teoria e sulla prassi di un mondo fondato sui principi, è stata dovuta alla perfetta conoscenza delle possibilità manipolatrici e demagogiche dei media e del principale fra questi: la tv .
“Nihil novi sub sole”, chiosava Gibelli, ricordando che già B. Brecht, nel suo Arbeitsjournal, aveva detto : “Un fascismo americano sarebbe democratico” e con i media e la tv, questo ha mostrato Berlusconi di sé stesso agli italiani.
Nel 1994, quando la sua avventura politica è cominciata, scriveva Augias su la Repubblica del 6 novembre 2011, le sue televisioni erano sull’orlo del fallimento. “E’ stata la sua carica oltre ad alcuni grossolani errori ed omissioni della sinistra” a favorirne l’ascesa e la crescita economico-politica.
D’altra parte lui stesso ha ammesso (ma non ieri, non sufficientemente incalzato sul tema), che le ragioni per le quali non si dimette e disperatamente resiste sulla sua posizione di leader politico, tiene conto dei vantaggi economici delle sue aziende, in primis le televisioni, e non certo per i drammi che vive il nostro Paese.
In fondo Berlusconi ha invertito lo scopo della televisione secondo McLuhan che, a proposito di mass media e cioè che il vero potere di un mezzo di comunicazione di massa, diceva che esso è nei mutamenti che introduce nei rapporti umani, cambiando gli uomini e i loro modi di pensare.
Berlusconi (ma anche Santoro), gioca per lo status quo, ben sapendo, da Karl Popper che “una democrazia” è in pericolo quando il potere della televisione è compreso sino in fondo”.
In fondo i grandi comunicatori, politici, giornalisti o di altro tipo, sanno a memoria quel passo di McLuhan che dice: “Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti, prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti. Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un’azienda privata”.
Carlo Di Stanislao
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