Chiamiamola solidarietà o umanità o slancio di generosità individuale a rischio della propria vita. Questa storia ha un valore universale e racchiude i più alti sentimenti dell’uomo. Anche un pezzo di sapone può svelare una storia. E per un figlio di un salvato dalla furia nazifascista è ancora più emozionante raccontarla.
Antonio Zarrelli giunge a Roma da Cautano, in provincia di Benevento; fa il militare ad Albano e in questo periodo incontra Maddalena Zarrelli, se ne innamora e la sposa. Nei primi anni ’20, assieme a lei che impiega una somma importante per questo progetto ambizioso, mette su un saponificio, con sede nel quartiere San Giovanni, che in pochi anni diventa il secondo saponificio d’Italia.
Enrico Della Seta è Maggiore dell’Esercito Italiano, responsabile di un importante ufficio al Ministero della Guerra- Reduce dalla missione in Spagna. E’ di antica famiglia ebraica romana, vicepresidente della Comunità, con le leggi razziali discriminanti per gli ebrei, emanate dal Fascismo con l’avallo del Re. Nell’autunno del 1938 si trova improvvisamente senza lavoro con moglie, suocero e con due bambini a carico. Non ci sono più entrate, e il futuro è fosco.
Dal 1940, trova impiego come direttore amministrativo proprio nel saponificio di Antonio e Maddalena. E proprio quando, dopo il 16 Ottobre 1943, la situazione per gli ebrei in Italia precipita, con i nazi-fascisti alle calcagna, è proprio Antonio ad offrire a Enrico e alla sua famiglia per nove lunghi mesi, un ricovero sicuro in uno degli appartamenti sopra lo stabilimento di sapone a San Giovanni. Vengono loro forniti documenti falsi e carte annonarie per la sopravvivenza e le necessità quotidiane. Un gesto coraggioso: chi nascondeva ebrei metteva a repentaglio anche la propria vita.
Finita la guerra, Antonio Zarrelli, viene accusato di connivenza con il regime fascista e di essere stato il “saponiere del Duce”. Un’accusa infamante per chi, al tempo, non aveva opzione di scelta. E’ proprio in questa fase che Enrico Della Seta viene a testimoniare in favore di Antonio, contribuendo così al suo scagionamento.
Dopo 70 anni Maurizio Della Seta, che da bambino, proprio lì visse nascosto per quegli interminabili drammatici mesi, incontra per la prima volta Pino Zarrelli, nipote di Antonio, e la famiglia del salvatore, che conosceva questa storia di coraggio e umanità. Quattro generazioni si ritrovano nel ricordo dei propri nonni “eroi umani”, a loro modo inconsapevoli. E sono tanti i dettagli e gli aneddoti di un’Italia generosa, una pagina da non dimenticare, che emergono dallo scrigno della memoria di due famiglie.
Fotografie d’epoca, documenti originali e tanti racconti, in un appartamento che racconta una storia che, dal quartiere Prati, porta sino a San Giovanni, all’ombra della grande ciminiera industriale, punto di riferimento per i cacciabombardieri tedeschi che solcavano il cielo della Capitale nel ’44, diretti al fronte di Anzio dopo lo sbarco alleato. Un appartamento che, oggi, guarda bonariamente lo sviluppo della città conservando una pagina di storia e umanità che merita di essere tramandata.
E’ desiderio della famiglia Della Seta istruire al più presto la pratica per riconoscere Antonio Zarrelli “Giusto tra le Nazioni”, che è la massima onorificenza concessa dallo Stato d’Israele per chi abbia salvato vite umane e si sia distinto per atti eroici durante la Guerra
stasera poco prima di leggere questa commovente storia scritta in modo efficace e asciutto scevra da facili sentimentalismi ho ricordato questa frase dal libro di Rita Levi montalcini una donna di rara bellezza fatta di coscienza e scienza.«Mi sono molte volte domandata come potessimo dedicarci con tanto entusiasmo all’analisi di questo piccolo problema di neuroembriologia, mentre le armate tedesche dilagavano in quasi tutta l’Europa disseminando la distruzione e la morte e minacciando la sopravvivenza stessa della civiltà occidentale. La risposta è nella disperata e in parte inconscia volontà di ignorare quel che accade, quando la piena consapevolezza ci priverebbe della possibilità di continuare a vivere.» Penso che chiunque abbia avuto la consapevolezza della imponente bellezza dell’umanita’ del Talmud ha salvato una vita e l’umanita’.Oltre le atrocita’gli uomini Giusti hanno saputo prodigarsi per perpetuare il cammino della Vita oltre gli accadimenti storici grazie a loro si sono potute superare le nefandezze del razzismo poco a poco e così potremo continuare coltivando la memoria di quell’insegnamento che si trae dalla storia delle discriminazioni non c’è nessuna motivazione orrenda che sopravviva all’uomo per giustificarsi