Per il 72 per cento degli adolescenti e giovanissimi italiani il cyberbullismo è “il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo”. Lo rivela l’indagine di Save the Children ”I ragazzi e il cyber bullismo”, realizzata da Ipsos e diffusa alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata istituita dalla Commissione Europea per la promozione di un utilizzos icuro e responsabile dei nuovi Media tra i più giovani. I social network sono la modalità d’attacco preferita dal cyberbullo (61 per cento), che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59 per cento) o tramite la creazione di gruppi ”contro” (57 per cento ). Quattro minori su 10 sono testimoni di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti “diversi” per aspetto fisico (67 per cento) per orientamento sessuale (56 per cento) o perché stranieri (43 per cento). Il fenomeno è ritenuto più pericoloso della droga (55 per cento), della possibilità di subire molestie da un adulto (44 per cento) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24 per cento).
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La ”diversità” attrae i cyberbulli. La ”diversità”, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo non secondario. Secondo gli osservatori è facile attirare l’attenzione del cyberbullo se ci si veste in modo insolito, se si ha un colore della pelle diverso ma anche se si è la più graziosa della classe. L’aspetto estetico (67 per cento, con picchi del 77 per cento tra le femmine dai 12 ai 14 anni), la timidezza (67 per cento, che sale al 71 per cento sempre per le ragazze preadolescenti), il supposto orientamento sessuale (56 per cento che arriva al 62 per i preadolescenti maschi), l’essere straniero (43 per cento), l’abbigliamento non convenzionale (48 per cento), la bellezza femminile che “spicca” nel gruppo (42 per cento), e persino la disabilità (31 per cento, che aumenta al 36 per cento tra le femmine dai 12 ai 14) possono essere valide motivazioni per prendere di mira qualcuno. Di minore importanza, o almeno non abbastanza per attirare l’attenzione dei bulli, sono invece considerati l’orientamento politico o religioso, causa di atti di bullismo rispettivamente per il 22 e il 20 per cento dei ragazzi.
Bulli a scuola. Se per il 67 per cento dei ragazzi italiani si può esser ”puntati” durante la sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di aggregazione, per l’80 per cento dei minori intervistati la scuola rappresenta la ”residenza elettiva del bullismo nella vita reale, che trova rinforzo ed eco in quella virtuale attraverso un utilizzo pressoché costante di dispositivi di ultima generazione”. Questa percentuale si innalza all’86 per cento nei pre-adolescenti maschi.
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