In Italia gli scandali si susseguono senza posa, come se l’unico modo di essere non possa che comporsi di malversazioni e tangenti. Ci si dipana ancora nelle intricate vicende di MPS e scoppia il nuovo caso Finmeccanica, con “stecche” milionarie e misura cautelare disposta a carico del presidente e ad Giuseppe Orsi, col ministro Grilli che dice che la situazione è grave ma che la fiducia nel cda, che si riunisce oggi, è piena da parte del governo.
E mentre si indigna la destra, soprattutto la Lega, perché la si accusa di essere la sostenitrice di Orsi, l’India ha fatto sapere che metterà Finmeccanica nella sua blacklist e annullerà l’accordo per l’acquisto di 12 elicotteri Agusta Westland se le accuse di corruzione contro il gruppo italiano saranno accertate.
Intanto il vicepresidente dell’organo di autogoverno delle toghe, Michele Vietti, ha ribadito che il Consiglio superiore della magistratura è estraneo alla vicenda, iniziata dalla procura di Napoli (il solito Woodcock) nell’aprile scorso e poi avocata, per competenza, dalla procura di Busto Arsizio.
Certo, va ricordato che, il pubblico ministero Woodcock non brilla certo per risultati giudiziari. Sette anni fa il presidente della Camera Gianfranco Fini gli consigliò bruscamente di smetterla: “Woodcock” disse il 18 giugno 2006 l’allora leader di An “è un signore che in un paese serio avrebbe cambiato già mestiere”.
Woodcock comunque non si è dato per vinto e, nel 2011, con Milano e Reggio Calabria è stato l’artefice dell’approfondimento specifico richiesto su Francesco Belsito, il tesoriere della Lega, con tutte le note conseguenze.
Di origini britanniche ma con forte accento napoletano, Woodcock trasloca nel settembre 2009 dalla procura di Potenza a quella di Napoli, essendo già uno dei pm più controversi d’Italia. Arriva in Basilicata nel 1999 e catapulta la piccola procura al centro delle attenzioni mediatiche. Nel 2003 parte come un turbine l’indagine Vipgate: 78 indagati, fra cui Tony Renis e due ministri (Maurizio Gasparri e Antonio Marzano), accusati di associazione per delinquere, turbativa d’appalto, estorsione, corruzione e favoreggiamento: il giudice respinge gli arresti e dichiara l’incompetenza di Potenza, e Roma archivia.
Curiosamente, lui stesso, tre anni fa, si era pubblicamente dichiarato “contro la logica di sbattere il mostro” in prima pagina, scrivendolo nella prefazione al libro della fidanzata Federica Sciarelli, “Il mostro innocente” (Rizzoli), dove si racconta la storia di Gino Girolimoni, l’uomo che fu accusato ingiustamente di essere “il mostro di Roma”.
Ma si sa, l’Italia è il Paese in cui si possono ed anzi si debbono velocemente cambiare idee.
Comunque di Finmeccanica ora si occupano altri, che hanno disposto gli arresti per Orsi ed i domiciliari per l’amministratore delegato Bruno Spagnolini, scrivendo sulla ordinanza di arresto del primo, che avrebbe intrapreso “contatti con ambienti del Csm per ottenere la nomina del nuovo dirigente dell’ufficio inquirente procedente e, dunque, per escludere dall’indagine il magistrato che indagava sul suo conto”.
Comunque, appare evidente che, come ha detto il presidente della regione Liguria Burlando, tenendo conto delle evidenti difficoltà della Fiat, la brutta vicenda di Finmeccanica fa diminuire ulteriormente il già debole profilo industriale del Paese, sicché, a fronte del tentativo di risanamento finanziario, faticosamente perseguito pagando un prezzo altissimo in termini sociali, rischia di essere vanificato, considerando ciò che emerge nella prassi di una struttura con decine di migliaia di dipendenti e partecipata dal Tesoro per il 31%.
E per non farci mancare nulla, i pm di Milano accusano ora Formigoni di aver ricevuto “utilità” per 8 milioni di euro in cambio di appoggi alla Maugeri, per aver garantito alla fondazione “a fronte delle illecite remunerazioni”, una “protezione globale” e per essersi adoperato affinchè fossero adottati da parte della Giunta, in violazione di legge e dei doveri di imparzialità, di anno in anno, provvedimenti diretti ad erogare consistenti somme di denaro e a procurare altri indebiti vantaggi economici all’ente con sede a Pavia.
La vicenda riguarda il caso, con al centro la fondazione Maugeri e una distrazione milionaria dalle sue casse avvenuta tra il 1997 e il 2011, per la quale Daccò, Simone e altre cinque persone sono già state destinatarie di una ordinanza di custodia cautelare.
Le accuse, a vario titolo, sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, frode fiscale, riciclaggio e interposizione fittizia.
Naturalmente Formigoni parla di “bombe ad orologeria” e tutta la sinistra usa la situazione per screditare un governo, di destra, che della Sanità aveva fatto il suo punto di forza.
Soprattutto lo fa Ambrosoli, candidato di centro-sinistra al Pirellone, che con lo slogan “Ripartiamo dalla buona sanità”, esplora i 6 cardini su cui intende poggiare la rivoluzione in sanità, spiegando qual e’ il punto di partenza: un sistema in cui oggi “nel pubblico diminuiscono le prestazioni e nel privato incrementano, in cui i tempi delle liste d’attesa aumentano, in cui il 55% delle visite specialistiche sono pagate direttamente dai cittadini”.
Ciò che è certo (lo dico da medico), la gestione e la organizzazione del sistema sanitario necessitano di competenze amministrative; ma anche, e soprattutto, di contenuti, di strategia e di pianificazione, che possono essere garantiti solo dai professionisti della sanità (medici, infermieri, tecnici, ricercatori, ecc), che vivono in prima persona queste problematiche.
Occorre, in primo luogo, rendere tutto più trasparente (a partire dalle liste di attesa, fino ad arrivare al censimento ed alla valutazione della qualità delle prestazioni), potenziare la rete di servizi sul territorio, riducendo la pressione sugli ospedali e investire in prevenzione primaria, perché ridurre gli investimenti in sanità significa inesorabilmente avere una popolazione più malata tra cinque anni; e non possiamo permettercelo. Bisogna istituire un organo di vigilanza, realmente indipendente, che monitori la effettiva corretta destinazione delle risorse allocate in sanità, valutandone la appropriatezza. E in ultimo, bisogna ridefinire i criteri di scelta dei manager e dei dirigenti, basato su meriti e qualità.
Facile a dirsi ma complicato in una Italia tanto incline a oscure scorciatoie.
Carlo Di Stanislao
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