Il Comitato 16 Novembre, asssociazione per la S.L.A. e le patologie altamente invalidanti interroga il dott. Melazzini, affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, visti gli evidentissimi miglioramenti del suo stato di salute, cosa abbia fatto per riprendere funzionalità ormai perdute. Melazzini, con risposta scritta spiega di essersi sottoposto ad un trapianto di staminali autologhe presso la struttura di Pavia di cui era primario oncologo. In Italia non è possibile effettuare un trapianto di staminali prelevate da un embrione, è possibile utilizzare solo staminali adulte prelevate dal midollo osseo e con protocolli sottoposti all’approvazione dell’ISS. Scrive il Comitato: ” ogni giorno ci interfacciamo con i medici che inneggiano alla prudenza ed al rispetto delle regole civili, etiche e professionali, quelle regole che impediscono loro di prescriverci, o anche solo consigliarci, rimedi la cui sicurezza ed efficacia non sia documentata, e regolarmente e scientificamente testata”. Continua il Comitato 16 Novembre: ” l’iter, tuttavia, per sua diretta ammissione, non è stato seguito dal Dott. Melazzini che ha potuto sottoporsi a tale sperimentazione senza doversi attenere ai vincoli dettati per tutti gli altri ammalati”. La dichiarazione risale al 2010. Il dott. Melazzini salutava gli ammalati di SLA che rappresentava, in quanto Presidente dell’Associazione AISLA, dicendogli che i suoi ritrovati movimenti erano dovuti all’ “adrenalina” che aveva in circolo. ” C’è molta poca chiarezza in tutto ciò e riteniamo che, per farla e per dare risposte a tutti gli ammalati che la chiedono, si debba partire dalla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, luogo in cui il trapianto è stato possibile, documentando ufficialmente tempo, modalità ed autorizzazione all’esecuzione dell’intervento, che non può essere stato realizzato dal Dott. Melazzini in solitudine”. Il Comitato 16 Novembre si dice pronto, in assenza di risposte, a ”sporgere formale denuncia”. Le cellule staminali embrionali sono oggetto di un acceso dibattito etico e ad esse molti affidano le speranze di nuove cure per malattie molto gravi, come Parkinson, Alzheimer e sclerosi multipla. Possibile ci si fermi davanti ad una questione puramente etica? Chi sa di dover morire o chi sa di essere costretto ad una vita imprigionato in un corpo incapace di rispondere ai più elementari istinti biologici o fisici è pronto a fare i viaggi della speranza in nazioni dove tale cura è possibile come in Cina perchè la speranza è l’ultima a morire. Naturale quindi che chi non ha niente da perdere sia pronto a fare da cavia. Ma perchè tanto riserbo nell’utilizzare le cellule staminali, anche prelevate dagli embrioni, se ciò significherebbe salvare la vita a centinaia di malati? Alcuni miglioramenti sono stati riscontrati anche nei malati di Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e di Duchenne trattati con le staminali adulte: seppure esse non costituiscono una terapia risolutiva, tuttavia hanno mostrato di poter incidere positivamente sulla qualità di vita dei pazienti. Con quelle embrionali? Resta il dubbio del dott. Melazzini visti i suoi sorprendenti miglioramenti. Prelevare staminali da un embrione significa uccidere l’embrione stesso, un aborto se vogliamo semplificare, ma, chi non sarebbe pronto a questo pur di salvare la vita di un proprio caro? Da noi l’aborto, si sa, è indicato come peccato mortale. Anche l’uso delle cellule staminali prelevate da un adulto non è uguale ovunque in Italia. Federico, ventisei mesi, rischia di morire. Un giudice del Tribunale di Pesaro come la burocrazia hanno deciso per lui e per i suoi genitori. Il papà di Federico chiede sostegno per combattere con lui, una battaglia per la vita, quella di un bimbo senza colpe e malato, gravemente malato. Federico è affetto dal morbo di Krabbe, una malattia degenerativa che porta alla morte, la più violenta e devastante delle leucodistrofie, malattia che non lascia scampo. «Il giudice che ha negato l’utilizzo delle staminali del metodo Vannoni, deve vedere con i suoi occhi che la vita di nostro figlio se ne sta andando». Salvatore Bonavita, 39 anni, affetto da sindrome di Niemann-Pick (malattia neurodegenerativa che porta a perdere progressivamente l’uso dei muscoli), e per il quale il padre Luigi si è rivolto alla magistratura, potrà essere curato con il metodo Stamina. Nonostante il blocco del ministero della Salute, i giudici di tutta Italia, in più di 20 casi, consentono le «cure compassionevoli» con le staminali del metodo Vannoni. Così, dopo aver vinto i ricorsi, bambini affetti da malattie neurodegenerative ricevono le infusioni di cellule staminali e cominciano a stare meglio. Il caso della piccola Sofia che ora, grazie all’attenzione dei media, potrà tornare a curarsi. «A 25 giorni circa dalla diagnosi di cecità assoluta e paralisi totale, circa 40 giorni dopo l’infusione – raccontano la madre e il padre della bambina – Sofia smette di vomitare (accadeva anche 10 volte al giorno) e comincia a muovere le braccia. Migliora nella deglutizione – continua la madre – il che ci faceva ben sperare di toglierle l’alimentazione forzata per via endovenosa. L’oculista che l’ha rivisitata ha riscontrato un improvviso miglioramento dell’attività pupillare oltre al fatto straordinario – aggiunge il padre – di ricominciare ad evacuare da sola, cosa che non accadeva ormai da circa un anno e mezzo». E non chiamiamole «cure compassionevoli».
Staminali tra speranza, etica, vita o morte
Il Comitato 16 Novembre, asssociazione per la S.L.A. e le patologie altamente invalidanti interroga il dott. Melazzini, affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, visti gli evidentissimi miglioramenti del suo stato di salute, cosa abbia fatto per riprendere funzionalità ormai perdute. Melazzini, con risposta scritta spiega di essersi sottoposto ad un trapianto di staminali autologhe presso la […]
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