“Sordi e stranieri: due condizioni che incidono sulla competenza linguistica e che, secondo la nostra esperienza, hanno molti punti di contatto per quanto riguarda la didattica dell’insegnamento dell’italiano come L2 (lingua seconda)”: si apre così l’introduzione del nuovo “Manuale di lingua italiana per sordi stranieri” di Simona Bonanno, Francesca Delliri, Enrico Dolza ed Enrica Maglione, Cartman Editore 2012, che verrà presentato domani, 15 marzo, presso l’Istituto Statale Sordi di Roma. Si parte da una semplice considerazione: nel processo di apprendimento di una nuova lingua, persone sorde e persone straniere presentano molti punti in comune: “gli errori linguistici compiuti dai sordi stranieri sono gli stessi compiuti dai sordi italiani o dagli stranieri udenti”. Errori simili, di ortografia, morfologia e sintassi, evidentemente sono la manifestazione di bisogni simili, quindi anche le proposte didattiche ed educative possono essere accomunate. Nel caso di persone sorde straniere questa condizione è amplificata perché ci si trova di fronte a chi è straniero della lingua due volte: spesso l’adulto sordo immigrato non ha appreso neanche la prima lingua nel paese d’origine e questo rende estremamente difficile l’apprendimento di una lingua seconda. A maggior ragione per il fatto che di solito chi emigra lo fa in un’età adulta, quando si è superato il cosiddetto “periodo critico”, cioè l’età dell’infanzia in cui si realizza quel processo di acquisizione naturale della lingua. Il manuale intende colmare il vuoto delle proposte educative rivolte ai sordi stranieri, una popolazione in crescita nella società italiana, soprattutto nelle scuole, la cui presenza pone forti interrogativi di metodo per la didattica.
Troppo spesso, infatti, il parlare e il comprendere una lingua viene dato per scontato e considerato un dato naturale, dimenticando tutti quei processi cognitivi molto complessi che sono alla base della sua acquisizione. L’approccio seguito dagli autori del manuale, tutti esperti linguisti , educatori e mediatori della comunicazione, è quello della linguistica generativista di Chomsky. Un metodo che consiste nel presentare la lingua così com’è nei contesti comunicativi, evitando le rigide spiegazioni grammaticali e l’assimilazione meccanica, in favore di un’acquisizione più spontanea possibile. In termini operativi secondo questo approccio, molto diffuso negli studi contemporanei, è preferibile utilizzare le cosiddette “coppie minime” e le opposizioni di frasi: è l’accostare due frasi che differiscono per un solo elemento che fa vedere e scoprire la struttura profonda di una lingua, al di dell’apprendimento delle regole.
Attraverso immagini, fumetti, colori e dizionari illustrati che consentono di sfruttare al meglio le possibilità comunicative offerte dalla vista, il manuale si pone diversi obiettivi: innanzitutto quello linguistico, cioè l’avvicinamento all’italiano scritto; poi l’obiettivo comunicativo, cioè l’immersione dello studente nel contesto comunicativo vivo della lingua, attraverso la simulazione di diverse situazioni d’uso; infine, l’obiettivo educativo, cioè il dare informazioni pratiche sui servizi presenti sul territorio, in modo da favorire l’inclusione sociale, che è anche il mezzo più efficace per realizzare l’integrazione del sordo straniero. Attraverso i nove capitoli del libro si vuole, cioè, stimolare non solo l’apprendimento della lingua, ma l’autonomia sociale degli studenti: e lo si fa con una didattica aperta e interattiva che prevede esercizi di role play, lavori di gruppo, discussioni guidate e riproduzione di contesti reali, come il supermercato, il bar o il ristorante, per imparare a interagire in modo adeguato. (Giulia Lo Giudice)
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