E’ il primo gesuita, il primo del Sud-America ed il primo a scegliere il nome del Santo della povertà e delle letizia.
Molti non conoscono il nuovo Papa, ma sono in parecchi, soprattutto giovani, visibilmente contenti e commossi per la scelta di questa novità della Chiesa. Piazza San Pietro e’ un tappeto illuminato di telefonini e tablet puntati verso il balcone dove il nuovo Papa, Francesco I, ha elargito la benedizione Urbi et Orbi.
Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, che ha scelto il nome di Francesco, è il primo Papa latino-americano, un Papa schivo e di poche parole, che ha saputo calamitare subito l’attenzione e l’entusiamo della folla che gremiva piazza S. Pietro.
Dopo aver ringraziato il Papa Emerito Ratzinger, ha recitato il Padre Nostro e l’Ave Maria con grande partecipazione dei presenti, mentre dai maxischermi sono arrivate le immagini delle bandiere argentine che sventolavano sul sagrato.
Il suo primo discorso, con una semplice vestito bianco e la croce pastorale che portava sul petto, come Vescovo di Buenos Aires, è stato semplice ed umile e stamani, poco dopo le otto, è andato a chiedere aiuto alla Madonna, come ieri lo aveva chiesta ai fedeli riuniti in piazza S. Pietro, per il suo pontificato che tutti gli osservatori già intravedono pieno di rinnovamenti.
A Santa Maria Maggiore con lui c’erano il prefetto della Casa Pontificia, monsignor George Gaenswein,e il vice prefetto, Leonardo Sapienza.
La visita è stata breve ma sufficiente per una preghiera, avvolta in un mistico silenzio, davanti all’Altare della Vergine e per rivolgersi poi ai confessori e raccomandare loro: “Siate misericordiosi, le anime hanno bisogno della vostra misericordia”.
Misericordia in greco si dice eleos ed indica il sentimento di intima commozione, la compassione, la pietà, che per i cristiani è anche capacità di condividere e lenire le miserie altrui: materiali, ma anche morali e spirituali.
La Madonna della Misericordia nell’iconografia dal XIII secolo è rappresentata in piedi, nell’atto di accogliere sotto il suo ampio manto i fedeli o i religiosi a lei devoti, di solito inginocchiati in preghiera ed un Papa misericordioso e protettivo è apparso Francesco I che in una una delle ultime interviste rilasciate prima di partire dall’Argentina per il Conclave, al quotidiano “La Nacion, aveva detto “Non ho nessuna possibilità di diventare papa, l’età questa volta gioca contro di me”.
In effetti non era mai entrato nel toto-Papa di questi giorni, anche se era stato lui il più votato dopo Ratzinger nel Conclave precedente.
“Misericordia voglio e non sacrificio” ha detto il Cristo, usando la parola ebraica hésed, che indica la trama dei sentimenti profondi che intercorrono tra persone legate da un vincolo autentico e costante.
Nel testo greco con cui è scritta una delle più antiche versioni della Bibbia, conosciuta come la “Bibbia dei LXX” dal numero tradizionale di redattori che la tradussero dall’ebraico, il termine più usato è appunto misericordia, non collocato nella sfera giuridica bensì in quella psicologica, movendo da una profonda commozione dell’animo per tradursi in gesti di pietà o di compassione, e di bontà.
E la misericordia, ci dicono i testi sacri, va provata verso tutti, soprattutto i peccatori, perché la bontà di Dio supera ogni limite, come si legge nei Salmi.
In questi poi si chiarisce che se tutto nel mondo è opera di Dio, nulla si sottrae al suo governo, alla sua provvidenza e dunque neanche alla sua misericordia (Salmo 33,5), tanto che il saggio può e deve affermare che la compassione del Signore è per ogni carne e che egli spande su tutti la sua misericordia.
Come ha scritto tempo fa il Cardinale Angelo Bagnascogiustizia e misericordia, con l’annuncio cristiano, smettono definitivamente di essere alternative e diventano virtù che non solo si richiamano vicendevolmente, ma non possono più fare a meno l’una dell’altra. “La misericordia senza giustizia è madre della dissoluzione”, dirà san Tommaso, aggiungendo che “la giustizia senza misericordia è crudeltà”. Un rapporto simbiotico in cui però la dignità della persona è la bussola decisiva, deputata a conferire alla giustizia il suo vero dinamismo, il suo vero valore, spingendo la giustizia stessa verso mete sempre più alte che, trovando completamento nella misericordia, rendono il cammino dell’umanità sempre più confacente all’immagine di Dio impressa nel volto umano.
Il giusfilosofo tedesco Josef Pieper ha scritto che “essere giusto vuol dire convalidare l’altro come tale, vuol dire insomma offrire il riconoscimento, là dove non è possibile l’amore. E la giustizia avverte, dal canto suo, che esiste un altro, il quale non è come me e tuttavia ha anche lui il diritto al suo”. Dunque, la giustizia è la virtù che ci porta a riconoscere a ciascuno ciò che gli spetta, ciò che è suo.
Ma cosa significa “rendere il suo a ciascuno”? Padre Joseph de Finance, nella sua Etica generale, individua due significati di “suo”. Il primo è quello tradizionale, di pronome possessivo, che designa una unità di possedente e di posseduto: quest’ultimo è riferito al primo come la parte al tutto, l’organo al vivente, lo strumento all’agente. In questo senso – scrive de Finance – si dirà che “ogni esistente “possiede” i suoi principi intrinseci: (…) essi sono i “suoi” perché maggiormente collegati al suo essere”, senza i quali quell’individuo non potrebbe essere quello che è, senza dei quali non potrebbe esistere. Sotto questo aspetto, la giustizia rappresenta, per ciascun individuo, il suo dovuto, proprio per consentirgli di essere, unico e irripetibile.
Monsignor Mauro Maria Morfino, vescovo di Alghero-Bosa, dopo l’elezione di questo Papa,con un Conclave d meno di 24 ore e al quinto scrutinio, ha rievocato una pagina del “poverello d’Assisi”, in cui si dice: “Per qualche tempo ancora si aggirò intorno al suo nuovo dominio di povertà. Vide una cappella in rovina, san Damiano. Udì una voce: Francesco, riedifica la mia chiesa che va in rovina”.
Una nomina inattesa che è frutto della la volontà dei cardinali di coinvolgere direttamente nuove parti del mondo e, soprattutto, la figura di uomo disposto a rinnovare profondamente la Chiesa, in modo rivoluzionario.
Figlio di emigranti italiani il nuovo Pontefice porta con se una storia che ci tocca profondamente e che ha sviluppato con stile francescano e senso di grande attenzione al rinnovamento.
Un rinnovamento necessario in una Chiesa attraversata da scandali e divisioni, tutta concentrata su giochi di poteri e che ora ha la necessità di costruire nuovi centri ed una nuova, più attuale dimensione.
Carlo Di Stanislao
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