Più numerosi, più anziani e… più laici. Questa, in sintesi, la fotografia della popolazione europea secondo il rapporto sulle tendenze demografiche pubblicato oggi da Eurostat, l’Istituto di statistiche della Commissione europea.
Al 31 dicembre 2012, i 27 paesi dell’Unione europea contavano, in tutto, oltre mezzo miliardo d’abitanti (507,7 milioni per l’esattezza). Rispetto a 20 anni prima, vi è stato un aumento della popolazione del 6 per cento. Nello stesso arco di tempo è cresciuta la popolazione di 65 anni e oltre, passata dal 14 per cento del 1992 al 18 per cento del 2012, ed è diminuita quella giovanile.
Questi cambiamenti hanno un impatto considerevole sul potenziale economico dei vari paesi, e dell’Ue nel suo insieme, poiché modifica gli equilibri tra il contingente di popolazione “in età da lavoro” (15-64 anni) e gli altri due contingenti, quello al di sotto dei 15 anni e quello al di sopra dei 64.
Il tasso di dipendenza degli anziani, cioè il rapporto tra popolazione in età da lavoro e quella di 65 anni e oltre, è infatti aumentato dal 21 per cento nel 1992 al 27 per cento nel 2012. Il tasso di dipendenza dei giovani, ossia il rapporto tra la popolazione in età da lavoro e quella al di sotto dei 15 anni è invece sceso, dal 28 per cento del 1992 al 23 per cento nel 2012. Come risultato, la dipendenza complessiva nell’UE27 è rimasta pressoché stabile negli ultimi due decenni, essendo passata dal 49,5 per cento nel 1992 al 50 per cento nel 2012. In parole semplici, questo vuol dire che oggi, come venti anni fa, vi sono circa due persone in età lavorativa per ogni persona anagraficamente “a carico”.
Il tasso di dipendenza dei giovani è particolarmente alto in Germania, in Irlanda e in Francia (tra 33 per cento e 29 per cento). Quello di dipendenza degli anziani è invece alto in Italia, in Germania e a Cipro, dove in media vi è 1 anziano ogni 3 persone in età da lavoro. Sommando i due fenomeni, la dipendenza complessiva risulta alta soprattutto in Francia (56 per cento) e in Svezia (55 per cento).
Ma con il progressivo invecchiamento della popolazione cambiano anche i comportamenti sociali e culturali della popolazione Ue: diminuiscono i matrimoni, e aumentano divorzi e nascite fuori dal regime matrimoniale.
Il tasso di matrimoni è diminuito costantemente nel corso degli ultimi due decenni, da 6,3 matrimoni per 1000 abitanti a 4,4. Il più alto tasso di matrimonio a Cipro (7,3 per 1000 abitanti), Lituania (6,3) e Malta (6,1). I più bassi in Bulgaria (2,9), Slovenia (3,2), Lussemburgo (3,3), Spagna, Italia e Portogallo (3,4).
Aumentano invece nello stesso arco di tempo i divorzi: da 1,6 ogni 1000 abitanti a 1,9. I più alti tassi di divorzio in Lettonia (4,0 divorzi ogni 1000 abitanti) e Lituania (3,4). I più bassi a Malta (0,1), in Irlanda (0,7) e in Italia (0,9).
La tendenza al ribasso continuo del numero dei matrimoni si riflette anche nell’aumento dei bambini nati fuori del matrimonio. Venti anni fa, nascevano fuori del matrimonio 17 bambini su 100. Oggi lo stesso fenomeno riguarda 40 nascite su 100. Il fenomeno è in aumento in tutti gli Stati membri, anche se sono state osservate differenze significative tra gli Stati. In diversi paesi le nascite fuori del matrimonio sono ormai più numerose di quelle avvenute dentro il matrimonio: si tratta soprattutto di Estonia (60 per cento), Slovenia (57 per cento), Bulgaria e Francia (56 per cento ciascuno) e della Svezia (54 per cento). I più bassi tassi di nascite fuori del matrimonio si registrano invece in Grecia (7 per cento), Cipro (17 per cento), Polonia (21 per cento) e Italia (23 per cento).
Carlo Caldarini
[…] Fonte: improntalaquila.org […]