“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”: la Pasqua della Risurrezione di Gesù Cristo è la vittoria della Vita sulla morte

“Dove sono quelli che mi aiuteranno di più ad essere umile, ad essere servitore come deve essere un vescovo? Dove sono quelli cui piacerebbe una visita?”(Papa Francesco). Sabato sera 30 Marzo 2013 nella Basilica di San Pietro in Roma, dalle ore 20:30, in diretta Tv sul canale 28 vaticano (CTV, anche su Internet), e in […]

“Dove sono quelli che mi aiuteranno di più ad essere umile, ad essere servitore come deve essere un vescovo? Dove sono quelli cui piacerebbe una visita?”(Papa Francesco). Sabato sera 30 Marzo 2013 nella Basilica di San Pietro in Roma, dalle ore 20:30, in diretta Tv sul canale 28 vaticano (CTV, anche su Internet), e in tutte le chiese del mondo, si terrà una delle più belle celebrazioni della Liturgia cristiana, la grande Veglia Pasquale che si aprirà con la Liturgia della Luce. La processione con il cero pasquale, lungo la navata della Basilica e di tutte le chiese, sarà accompagnata dalle luci e dalle candele che si accenderanno gradualmente. Per passare dall’oscurità della morte e del peccato alla luce della vita che è Crist, l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. Dai ceri pasquali e dall’acqua benedetta scaturiscono tutte le solenni benedizioni pasquali e sacramentali. Anche per esorcizzare il maligno. Un momento fondamentale di questa celebrazione è la Liturgia dei Sacramenti e dell’iniziazione cristiana: il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia. Nella notte di Pasqua (non solo in Vaticano) vi sono dei neofiti, cioè dei catecumeni preparati al Battesimo, che ricevono da Papa Francesco e dai sacerdoti di tutto il mondo il Battesimo durante la notte di Pasqua. Non solo il Battesimo, ma essendo adulti, nello stesso giorno, ricevono anche la Cresima e, per la prima volta, la Comunione. In questa Pasqua di Resurrezione, la liturgia della Veglia ci presenta il Vangelo in cui le donne, recatesi al sepolcro, lo trovano aperto: il corpo di Gesù non c’è. Mentre si domandano che senso abbia tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante, dicendo:“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. La Storia non sarà mai più la stessa. “Questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo”, canta la liturgia pasquale, con le parole del Salmo 117. Il silenzio e il digiuno del Venerdì e Sabato Santo, accompagnando la morte e sepoltura del Signore, si sono vestiti d’esultanza durante tutta la Veglia Pasquale, con l’accensione del cero, la “nuova luce”, con il canto dell’Exultet, nell’ascolto delle opere gloriose del Signore nella storia della salvezza, fino ad esplodere nel canto dell’Alleluia, nel Battesimo di nuovi figli di Dio e nell’esultanza incontenibile dell’Eucaristia. Si apre ora davanti a noi un lungo “giorno” solenne, festoso, che copre tutto il tempo pasquale: non perché alle ore 2 di notte scatta l’ora legale e bisogna mettere le lancette dell’orologio di un’ora in avanti. Ma perché cominciano con la Pasqua 50 giorni per prepararci a ricevere il Dono nuziale che il Signore ci ha guadagnato con il suo sacrificio: lo Spirito Santo. Di buon mattino le donne vanno al sepolcro con gli aromi preparati per ungere il corpo del Signore, ma trovano il sepolcro aperto e l’annuncio che il Signore non è qui, è risorto. Impaurite, senza sapere cosa fare, corrono dagli altri discepoli che semplicemente considerano le loro parole un vaneggiamento. Fino a constatare essi stessi che le cose stanno proprio come hanno detto le donne. La Risurrezione di Cristo, la Primizia, è la vittoria definitiva della vita sulla morte per sempre. Accadde il 7 Aprile dell’Anno Domini 30. La tomba vuota spaventa il diavolo. Perché quella di Gesù non è assimilabile alla risurrezione di Lazzaro (per una seconda morte). Ma è la Vita Eterna. Immortale. Di tutti insieme a Lui. Della Vita Eterna poco si parla nella Chiesa. Se il Sabato Santo è l’Ora della Madre, di Maria Santissima in preghiera con l’apostolo Giovanni e le pie donne, in attesa del compimento della Parola di Dio, la Grande Veglia Pasquale spalanca letteralmente i Cieli ai fedeli sulla Terra, allietati dall’annuncio della Risurrezione di Gesù e dalla Letizia della Madre di Dio. Cristo è davvero risorto! Un giorno gli abissi della terra si apriranno per tutti, le tombe si svuoteranno per manifestare la Gloria dell’Altissimo. La risurrezione interesserà tutti: chi per la Vita Eterna, chi per la dannazione eterna. Siamo pronti? Che significa per noi la Vita Eterna? “Il buon sacerdote – afferma Papa Francesco – si riconosce da come viene unto il suo popolo. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite…”. Ed ancora: “Siate vicini ai vostri sacerdoti con l’affetto e con la preghiera, perché siano sempre Pastori secondo il cuore di Dio”. Perché il pastore ha l’odore delle sue pecorelle. È come sempre semplice e diretto il messaggio di Papa Francesco. Il 28 Marzo era rivolto ai sacerdoti che, insieme con lui, hanno celebrato la messa crismale del Giovedì Santo nella basilica vaticana. Con poche, essenziali parole, il Sommo Pontefice  ha tracciato il profilo del sacerdote “secondo il cuore di Dio” e riproposto il senso  del sacramento dell’unzione “che – ricorda Papa Francesco – non serve a profumare il sacerdote ma a ungere la sua veste con l’olio e lasciarlo spargere sino all’orlo del mantello, affinché raggiunga quelle  periferie dove il popolo fedele è più esposto a quanti vogliono saccheggiare la sua fede. La nostra gente gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite”. Per questo “è necessario che il sacerdote esca, prima di tutto da se stesso, e raggiunga il suo gregge laddove c’è sofferenza, sangue versato cecità che desidera vedere; dove ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni”. Nel formulare questo invito, il Papa ha ricordato che “non è precisamente nelle autoesperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore”. In questo modo si rischia infatti di “minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente”. E bisogna farlo  con la gioia e con l’amore di Dio. Dunque, “mai essere preti tristi ma – insegna Papa Francesco – pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge e pescatori di uomini”. Una Chiesa che non pesca, è una chiesa mondana! Tornare alla semplicità nell’annuncio di Cristo, morto e risorto, abbattendo quegli impedimenti che sono di ostacolo all’evangelizzazione: residui di cerimoniali, eccesso di burocrazia, controversie passate. È l’esortazione del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, pronunciata Venerdì 29 Marzo durante la predica della Passione del Signore presieduta nella basilica vaticana da Papa Francesco. “La fede cristiana – afferma il sacerdote francescano – ha una risposta sicura” da dare ai grandi interrogativi del mondo secolarizzato e del nostro continente europeo. Steso sul pavimento della basilica di San Pietro, Papa Francesco, come i sacerdoti di tutte le chiese del mondo nel Venerdì Santo, compie il gesto di adorazione del Cristo morto in Croce. “Dall’alto del Calvario – spiega padre Raniero Cantalamessa – la vita umana appare diversa da come i nostri occhi la vedono”. Il sacerdote francescano cita come esempio tecnologico le foto della terra vista da un satellite in luce infrarossa: “esse ci danno un’immagine del pianeta che non conosciamo standoci dentro. In Gesù crocifisso, morto e risorto – osserva il predicatore della Casa Pontificia – appare evidente che nonostante le miserie, le ingiustizie, le mostruosità esistenti, il mondo nuovo è già iniziato. Il male e la morte sono sconfitti: Cristo è entrato nella morte come si entra in una prigione oscura; ma ne è uscito dalla parete opposta. Non è tornato indietro da dove era venuto, come Lazzaro che torna a vivere per morire di nuovo. Ha aperto una breccia verso la vita che nessuno potrà più richiudere, e per la quale tutti possono seguirlo. La morte non è più un muro contro cui si infrange ogni speranza umana; è diventata un ponte verso l’eternità. Un “ponte dei sospiri”, forse, perché a nessuno piace morire, ma un ponte, non più un abisso che tutto inghiotte”. Nel triduo pasquale, “vertice di questo anno della fede che il Papa emerito Benedetto XVI ci ha donato – sottolinea padre Cantalamessa – è urgente dire al mondo che Cristo è morto per tutti. Abbiamo la possibilità di prendere oggi la decisione più importante della nostra vita: credere”. Cosa straordinaria! “Questo Venerdì Santo celebrato nell’anno della fede e in presenza del nuovo successore di Pietro, potrebbe essere, se lo vogliamo, il principio di una nuova vita. Nella croce risiede la risposta sicura che solo la fede cristiana può dare ai grandi interrogativi del mondo secolarizzato, ai tanti “uomini alla finestra” che sognano di riceverla: dobbiamo fare il possibile – esorta il predicatore francescano – perché nella Chiesa il messaggio di Cristo non trovi impedimenti, ma esca libero e gioioso come quando iniziò la sua corsa: sappiamo quali sono gli impedimenti: i muri divisori, a partire da quelli che separano le varie chiese cristiane tra di loro, l’eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti”. Sono tempi nuovi per la Chiesa! Padre Cantalamessa la paragona a quegli edifici antichi che nel corso dei secoli per essere adattati alle esigenze del momento hanno subito modifiche: scalinate, stanze, tramezzi; adattamenti che possono non rispondere più alle esigenze attuali. Di qui l’invito a trovare il coraggio di abbatterli per riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle origini. “Fu la missione che ricevette un giorno un uomo che pregava davanti al crocifisso di San Damiano:“Va’, Francesco, ripara la mia Chiesa”. Che lo Spirito Santo, in questo momento in cui si apre per la Chiesa un tempo nuovo, pieno di speranza, ridesti negli uomini che sono alla finestra l’attesa del messaggio e nei messaggeri la volontà di farlo giungere ad essi, anche a costo della vita”. Poi, al Colosseo, di fronte al silenzio suscitato dalla morte di Cristo, Papa Francesco usa poche incisive parole: “è la Croce di Cristo che deve parlare all’uomo, Croce che offre la risposta di Dio al male del mondo, ma che è anche segno d’amore, misericordia e perdono”. Alla sua prima Via Crucis al Colosseo, dove a sorreggere la Croce c’erano una famiglia italiana, una indiana, un disabile, fedeli della Cina, del Libano, della Nigeria e del Brasile, il Romano Pontefice esorta a camminare sulla via della Croce di tutti i giorni nell’amore e nel perdono. “Una sola parola”. Papa Francesco lascia questo a chi lo ha seguito al Colosseo nel rito della Via Crucis. Vuole che nel silenzio della notte della morte di Cristo parli la Croce: “La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono”. Ma la Croce di Cristo è anche giudizio. “Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore – afferma Papa Francesco – sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva. La parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi”. Papa Francesco evidenzia l’insegnamento di Gesù. “I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la croce”. E anche i giovani libanesi, meditando le 14 stazioni della Via Crucis, hanno focalizzato la loro riflessione sulla Croce di Cristo, usando un’espressione di Efrem il Siro per definirla: “la croce di Cristo è il ponte attraverso il quale gli uomini passano dalla morte alla vita”. È questa la chiave di lettura per comprendere il mistero della Via Dolorosa: Gesù dona la vera vita, la Vita Eterna, e insegna che la strada per raggiungerla è quella della sua Passione. Da qui i parallelismi tra le sue tappe verso il Golgota e le sofferenze dell’uomo contemporaneo. E così il percorso di Cristo verso la crocifissione è oggi quello dei popoli, non soltanto del Medio Oriente, che soffrono pregiudizi e ingiustizie, dei cristiani che vivono divisioni, di molti innocenti vittime del terrorismo, dei nuovi martiri cristiani. Ma nella Via Crucis vengono meditati anche i mali odierni: la guerra, la violenza, le perversioni fatte passare per “nuovi diritti”, le piaghe, l’aborto e le malattie che affliggono molti. Nel ricordo della morte di Cristo c’è l’apertura alla speranza e per quanti promuovono l’aborto e difendono l’eutanasia l’invito ad impegnarsi nell’edificazione della civiltà della vita e dell’amore. “Vivere la Settimana Santa è entrare sempre più nella logica di Dio, quella dell’amore e del dono di sé” – insegna Papa Bergoglio. Sabato Santo è l’Ora della Madre. Il tempo che stiamo vivendo è segnato da grandi sofferenze. Sono le paure e i timori somministrati alle persone, ai giovani con ogni mezzo, il primo nemico! In popoli e nazioni intere, in diversi modi, continua la Passione del Signore Gesù. Le parole di Cristo:”Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”(Gv 15, 12), sono ancora disattese a causa dei nostri piccoli e grandi egoismi, ingiustizie, infedeltà. Maria continua a stare ai piedi della Croce e delle croci di ogni suo figlio: delle vittime di calamità naturali, del terrorismo e di quelle di ogni guerra; di coloro che sono oggetto di persecuzione per la loro fede o per la loro etnia; di coloro che soffrono per la mancanza di cibo, di casa, di libertà, di una terra, come pure di coloro che vivono nel buio della fede, nella solitudine, o nel peccato. Maria, nostra Madre guarda tutti noi come suoi figli, come popoli e nazioni del mondo intero. E vuole condurci ad essere un’unica famiglia, riunita nell’amore e nella verità. Vogliamo sentirci accolti dal suo Cuore materno e presentarle tutte queste sofferenze, e anche le nostre, personali o familiari, certi che Lei sa unirle al mistero vivificante della Passione del Suo Figlio che si compie nella speranza della Risurrezione. È bello vivere l’Ora della Madre, facendo nostra la riflessione proposta dal cardinal Martini nella Lettera pastorale “La Madonna del Sabato Santo”. Per noi cristiani c’è un “sabato che è al centro e al cuore della nostra fede: è il Sabato Santo, incastonato nel triduo pasquale della morte e resurrezione di Gesù come un tempo denso di sofferenza, di attesa e di speranza. È un sabato di grande silenzio, vissuto nel pianto dai primi discepoli che hanno ancora nel cuore le immagini dolorose della morte di Gesù, letta come la fine dei loro sogni messianici. È anche il Sabato Santo di Maria, Vergine fedele, arca dell’alleanza, Madre dell’amore. Ella vive il suo Sabato Santo nelle lacrime ma insieme nella forza della fede, sostenendo la fragile speranza dei discepoli. È in questo Sabato – che sta tra il dolore della Croce e la gioia di Pasqua – che i discepoli sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta, la dispersione dovuta all’assenza del Maestro, apparso agli uomini come il prigioniero della morte. È in questo Sabato Santo che Maria veglia nell’attesa, custodendo la certezza nella promessa di Dio e la speranza nella potenza che risuscita i morti. Nella Madonna del Sabato Santo leggeremo la nostra attesa, le nostre speranze, la fede vissuta come continuo passaggio verso il Mistero. Maria, Vergine fedele, ci farà riscoprire il primato dell’iniziativa di Dio e dell’ascolto credente della sua Parola; Maria, Madre del Crocifisso, ci condurrà a ripensare la carità per la quale Egli si è consegnato alla morte per noi, la carità che è il distintivo del discepolo e da cui nasce la Chiesa dell’amore”. I Beati e i Santi testimoniano la Verità del Risorto. La morte è finalmente inghiottita dalla vittoria. E il “buon profumo di Cristo”, la sua vittoria sopra la morte, incomincia a correre per le strade del mondo, ad espandersi ovunque in questi 1983 anni, portando consolazione, gioia, speranza, certezza di vita eterna. Che questa Buona Notizia raggiunga tutti e riempia i nostri cuori per sempre. Buona Pasqua! Alla Messa di Pasqua di Papa Francesco, Domenica 31 Marzo, alle ore 10:15 (www.vatican.va/) seguirà il messaggio di Papa Francesco “Urbi et Orbi” e i saluti augurali nelle diverse lingue. Felice Pasqua di Risurrezione!

Nicola Facciolini

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