Tares: una patrimoniale mascherata

Se c’è una cosa che il Fisco sa fare bene è cambiare spesso il nome (e il volto) delle tasse. Salvo, ogni volta, aumentarne il peso. Era accaduto l’anno scorso con l’Imu, prima denominata Ici. E adesso entra in scena la neonata Tares (Tributo sui rifiuti e sui servizi). Che prenderà il posto della Tarsu […]

Se c’è una cosa che il Fisco sa fare bene è cambiare spesso il nome (e il volto) delle tasse. Salvo, ogni volta, aumentarne il peso. Era accaduto l’anno scorso con l’Imu, prima denominata Ici. E adesso entra in scena la neonata Tares (Tributo sui rifiuti e sui servizi). Che prenderà il posto della Tarsu (la Tassa sui rifiuti solidi urbani). Tasse pesanti e dagli acronimi piuttosto bruttini. Costose e di difficile comprensione. A cominciare dal nome. La sensazione – o meglio la certezza – è che i contribuenti, ancora una volta, corrono il rischio di perdere su tutti i fronti. Già l’Imu, apparsa all’orizzonte come imposta municipale destinata a finanziare i Comuni, è diventata nei fatti una pesante patrimoniale sulla casa. Adesso si rischia la replica con la Tares. Una sorta di mostriciattolo giuridico che contiene in sé due diversi tributi: la vecchia tassa rifiuti e la nuova imposta sui servizi indivisibili dei Comuni (le spese per l’illuminazione pubblica, per la polizia municipale, per il personale degli uffici amministrativi). Nei libri di diritto tributario esistono le tasse (sono il corrispettivo di un servizio, come appunto la raccolta dei rifiuti) e le imposte (i soldi che vanno a finanziare in modo indistinto il funzionamento della macchina statale o locale). Il Fisco italiano, unico al mondo, è riuscito nell’impresa di farle convivere sotto uno stesso nome. Una sorta di esperimento, non si sa quanto riuscito, di mutazione genetica. Un prelievo surrettizio a orologeria visto che il governo attualmente in carica lo lascia in eredità a quello successivo. Si sentono già voci di una possibile manovra. E alla fine chiunque salirà a Palazzo Chigi avrà davanti due sole strade: ridurre le spese o aumentare le imposte. Nel 2013, salvo proroghe che ssembrano necessarie, si pagherà la tassa rifiuti che sarà basata sia sulle dimensioni degli immobili, sia sul numero dei componenti del nucleo familiare che ci abitano. Giusto sembrerebbe, ma non sempre la ricchezza è proporzionale alla numerosità delle famiglie. La nuova tassa, però, sarà più pesante perché i Comuni dovranno coprire con le sue entrate il 100% del costo della raccolta rifiuti, mentre prima il tasso di copertura poteva essere inferiore. Ma non solo: le nuove regole faranno pagare ai contribuenti onesti anche quella quota che non viene normalmente pagata dai cittadini morosi. Un’altra assurdità di questa tassa geneticamente modificata. Gli onesti, insomma, si fanno carico anche della quota dei disonesti. Ma forse tanto strano non è, se si pensa che tutto il Fisco ruota attorno a questo distorto principio.E veniamo a quella quota della Tares che va a finanziare i servizi indivisibili: gettito stimato un miliardo in più rispetto a prima. Si pagheranno 30 centesimi per ogni metro quadrato di abitazione o stabilimento, quota che i Comuni possono portare a 40 centesimi. E che cos’é un prelievo legato alle dimensioni degli immobili se non una (nuova) patrimoniale mascherata? Con il paradosso che un bilocale nella periferia degradata di Roma pagherà più di un monolocale a Trinità dei Monti.Ma quel che preoccupa è soprattutto il pesante fardello che sta per scaricarsi sulle famiglie e sulle imprese che in soli sette mesi – da maggio a dicembre – saranno chiamate a sborsare tutte le tasse di un anno, tra acconti e saldi. Un ingorgo di scadenze, un complicato, costoso, ossessivo scioglilingua: Tares, Imu, Irpef, Ires. Tares, Imu, Irpef, Ires. Quattro tasse in sette mesi, forse, sono troppe.

Massimo Fracaro e Nicola Saldutti – corriere.it

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