Di acqua si vive, di acqua si muore

I conflitti legati al controllo dell’acqua, bene per eccellenza ma anche sempre più raro, rappresentano l’ultima novità di un pianeta impazzito, un dramma dalle conseguenze dirompenti di cui politica ed istituzioni ancora non hanno preso atto Gli scenari internazionali mutano con cadenze pressoché quotidiane e con modalità di cui è difficile valutare entità ed effetti; […]

I conflitti legati al controllo dell’acqua, bene per eccellenza ma anche sempre più raro, rappresentano l’ultima novità di un pianeta impazzito, un dramma dalle conseguenze dirompenti di cui politica ed istituzioni ancora non hanno preso atto

Gli scenari internazionali mutano con cadenze pressoché quotidiane e con modalità di cui è difficile valutare entità ed effetti; l’Europa è attanagliata da una crisi senza precedenti che rischia di far collassate un sistema economico e sociale che sino a cinque anni fa sembrava inattaccabile, al contempo nuovi paesi avanzano e reclamano un ruolo di primissimo piano nella conduzione del pianeta, Cina ed India su tutti il cui prodotto interno lordo cresce con ritmi impressionanti e, per svariati versi, dalla difficile interpretazione. Una situazione del genere, indubbiamente più confusa che mai , è in grado di dispensare accadimenti a getto continuo ma non tutte le novità sono necessariamente positive, una di esse al contrario rappresentata com’è dalla guerre legate al possesso dell’acqua rischia di innescare una sequenza di eventi dirompenti, atti a sconvolgere a breve la vita di decine di milioni di persone.
“Di acqua si vive, di acqua si muore”, uno slogan cinicamente efficace ma che in realtà esemplifica una situazione ad altissimo tasso di drammaticità, una delle ultime frontiere di un pianeta per più versi impazzito, spesso in mano ad elitès politiche fameliche ed incompetenti ed in quanto tali incapaci di comprendere come il progresso, quello più autentico e duraturo, non possa essere svincolato dal reciproco rispetto tra i popoli e dalla valorizzazione di beni di cui tutti, stante la loro irrinunciabilità, debbono poter usufruire senza distinzioni di razza e di condizioni sociali. Per l’acqua, incredibile a dirsi, considerazioni del genere non valgono più, ed in effetti ha dell’incredibile che il bene per eccellenza, fonte ineguagliabile di vita e benessere, da simbolo della felicità sia degradato a strumento di morte, atto a creare ulteriori situazioni di disagio sociale, dunque ad innescare o rinfocolare rivalità e tensioni tra paesi che spesso e volentieri sfociano in veri e propri conflitti.
Un argomento del genere, stante la sua complessità, non può certamente essere esaurito in poche righe, e tuttavia un minimo di precisazione si impone, anche per provare a comprendere quanto di negativo su questo versante potrebbe riservarci il futuro.
I dati forniti al riguardo da una serie di enti ed associazioni, tra i quali Fao, Unicef e Medici Senza Frontiere, ci ricordano che allo stato attuale sono una cinquantina circa le guerre legate alla proprietà, spartizione ed uso dell’acqua, una cifra impressionante e destinata ad aumentare nel futuro prossimo, e che tuttavia trova una solida spiegazione nelle enormi disparità legate a questo insostituibile bene; si stima infatti in circa 10.000 il numero di persone che quotidianamente muore per malattie legate alla mancanza di acqua o all’utilizzo di acque inquinate, al contempo la popolazione dei paesi ricchi (l’11% dell’umanità) consuma quasi il 90% dei beni mondiali, acqua inclusa, il 60% delle fonti idriche è localizzato in soli nove paesi, tra cui Usa e Russia, mentre sono ben 80 gli stati, raggruppanti il 40% della popolazione del pianeta, che subiscono da sempre una situazione di grave penuria idrica.
Sulla base di queste statistiche c’è ne è abbastanza, dunque, per comprendere come i conflitti legati all’ “oro blu” siano destinati ad avere lunga vita e a prosperare, acuiti come sono da altri fattori quali nazionalismi, fondamentalismi religiosi, xenofobia, rivalità etniche, una miscela terrificante in grado di innescare nuove violenze acuendo parimenti situazioni già di per sé difficili e, quel che è peggio, delineando scenari apocalittici, alla stregua dei quali è lecito ipotizzare perfino un conflitto su scala mondiale.
E’ semplicemente vergognoso che il bene per eccellenza sia appannaggio di pochi “eletti”, l’opulento (ma sempre meno) mondo occidentale, ed è parimenti vergognoso che l’acqua, da simbolo di benessere, progresso e fratellanza, scada a mezzo di violenza e sopraffazione, d’altro canto la maggior parte delle analisi sulle “guerre dell’acqua” cita come cause scatenanti la penuria d’acqua contrapposta ad un bisogno crescente ed ineludibile della stessa, ragion per cui se le risorse idriche di un territorio diminuiranno gli abitanti dello stesso cercheranno quasi istintivamente di appropriarsene, dando la parola alle armi se necessario.
Ma, una volta di troppo, è l’indifferenza della politica, quella che conta, a generare o aggravare situazioni di instabilità sociale, fornendo un valido contributo alla loro degenerazione in guerre, e a ben guardare sono ben pochi i capi di stato ad aver preso coscienza di un simile dramma, quasi che l’acqua e le problematiche ad essa legate non trovino spazio nelle loro agende di incontri e discussioni.
Il rapporto 2006 sullo sviluppo umano, a cura del Programma Per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), interamente dedicato all’acqua, stabilisce tra gli altri che “I Paesi possono anche emanare leggi relative all’acqua considerandola un bene nazionale….L’acqua può alimentare conflitti ma anche agire da ponte per la cooperazione”, sottolineando con efficacia che “in alcuni casi di Stati che per altri motivi sono in conflitto politico o militare i governi sono riusciti comunque a trovare modi per continuare a collaborare per quel che riguardava la gestione delle acque”.
Fare una previsione certa di un fenomeno tuttora in fase di evoluzione è quanto mai problematico, ma è fuor di dubbio che i conflitti causati o inaspriti dalla necessità di accaparrarsi risorse idriche sempre più scarse sono in costante aumento, toccando temi di primaria importanza quali la sicurezza nazionale, lo sviluppo economico, la sostenibilità ambientale e l’equità, e ponendosi in definitiva come ulteriore elemento di destabilizzazione per la pace e per i già fragili equilibri del pianeta.

Giuseppe Di Braccio

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