Legambiente ha presentato il dossier “Ombrina Mare: storie e numeri di un’operazione insensata”, con l’obiettivo di portare a conoscenza della popolazione abruzzese le tante forzature normative, le presunte compiacenze e l’aleatorietà dei numeri che non convincono l’Associazione.
Petrolio di pessima qualità e in quantità irrisorie, sufficiente a coprire appena lo 0,2% del consumo annuale nazionale; gas insignificante e corrispondente ad appena lo 0,001% del consumo nazionale. Sono questi i miseri numeri che secondo la Strategia Energetica Nazionale, di recente approvazione, dovrebbero contribuire a ridurre la dipendenza dall’estero e ad “abbassare la bolletta” energetica.
«Le royalties per la regione Abruzzo sono vergognose ed offensive: il valore di mezza tazzina di caffè all’anno per ogni cittadino abruzzese – dichiara Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo –. Altrettanto privo di significato è il canone annuale del permesso di ricerca equivalente ad appena tre mesi di assegno sociale da dividere tra tutti gli abruzzesi».
«La situazione è allarmante e totalmente fuori controllo: nella sola zona a mare, tra istanze e permessi di ricerca, istanze e concessioni di estrazione di idrocarburi, interessa una superficie di oltre 6.000 chilometri quadrati – dichiara Luzio Nelli, membro della segreteria regionale di Legambiente – In tal senso, è fortemente criticabile l’atteggiamento del Ministero dell’Ambiente che, in un anno e mezzo di tempo, ha disatteso una norma dello Stato, consentendo a Ombrina Mare di superare indenne i divieti posti a tutela dei mari italiani».
«Particolarmente grave la situazione, e altrettanto saranno le conseguenze, per l’Abruzzo che, nell’inquietante quadro del Ministro del petrolio Passera, sarebbe condannato a regione petrolchimica – dichiara Giuseppe Di Marco, membro della segreteria regionale di Legambiente – Lo sviluppo economico e l’uscita dalla crisi nel settore energia passano, al contrario di quanto sostiene il ministro, per una strada diversa, quella fondata sullo sviluppo delle rinnovabili e di serie politiche di efficienza in tutti i settori».
Politiche le quali, come ribadito più volte da Legambiente, partono dai trasporti, primi consumatori dei derivati del petrolio, e potrebbero non solo portare nei prossimi anni i nuovi occupati a 250 mila unità, ossia 10 volte i numeri che si otterrebbero dalle nuove trivellazioni, ma soprattutto garantire uno sviluppo futuro, anche sul piano economico, sicuramente molto
più sostenibile e duraturo rispetto ai soli 14 anni che, ad oggi, sono propagandati con la paradossale rincorsa allo scarsissimo oro nero made in Italy.
L’Associazione infine, stigmatizza l’operato del Governo Monti che ha attuato una vera e propria mutazione normativa ad societates che, in maniera lampante, evidenzia le favorevoli condizioni di vantaggio godute dalle compagnie petrolifere; condizioni che trovano perfetta sintesi nell’imbarazzante lettera di ringraziamento inviata al ministro Clini da Sergio Morandi, Amministratore Delegato della Medoilgas Italia S.p.A., appena dopo l’approvazione del decreto sviluppo sblocca trivelle.
Lo stesso ministro Clini che, qualche mese prima, si era mostrato ben contento di incontrare le società petrolifere britanniche, qual è la Medoilgas Italia S.p.A..
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