“Adorare Dio vuole dire imparare a stare con Lui, spogliarci dei nostri idoli nascosti, metterlo al centro della nostra vita. Sotto la tua protezione, Madre, è la Chiesa. Cura la Chiesa”(Papa Francesco). Il Santo Padre Francesco affida alle cure amorevoli di Maria Santissima il mondo intero e la Chiesa. Il Signore Dio “ci invia ad annunciarlo con gioia come il Risorto”. È il forte invito alla testimonianza della fede, con la parola e con la vita, che Papa Francesco rivolge nella Messa presieduta Domenica pomeriggio 14 Aprile 2013 in occasione della sua prima visita alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. A concelebrare con Papa Bergoglio anche Dom Edmund Power, padre Abate dell’Abbazia di San Paolo e il cardinale James Michael Harvey, arciprete della Basilica papale. Numerosi i fedeli presenti. All’inizio il Sommo Pontefice sosta in preghiera al Sepolcro di San Paolo e incensa il “Trophæun” dell’Apostolo. San Paolo ha annunciato il Signore con la parola, lo ha testimoniato con il martirio e lo ha adorato con tutto il cuore: partendo dalla figura dell’Apostolo delle Genti, di Pietro e degli altri Apostoli, Papa Bergoglio sviluppa la sua omelia sui tre verbi: “annunciare, testimoniare, adorare”. Con la prima lettura, il Papa ricorda come gli Apostoli annuncino con coraggio il messaggio che hanno ricevuto da Gesù. Non li ferma il comando di tacere, non li ferma l’essere flagellati o il venire incarcerati. “E noi? – domanda Papa Francesco – sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce dall’ascolto e si rafforza nell’annuncio”. L’incontro con Cristo dà una direzione nuova e, dunque, come gli Apostoli rendono testimonianza con la vita, così anche i cristiani del XXI Secolo, 1983 anni dopo la Risurrezione del Signore. Nel Vangelo proclamato, Cristo ricorda a Pietro che quando sarà vecchio, un altro lo porterà dove lui non vuole. “È una parola rivolta anzitutto a noi Pastori: non si può pascere il gregge di Dio se non si accetta di essere portati dalla volontà di Dio anche dove non vorremmo – rivela Papa Bergoglio – se non si è disposti a testimoniare Cristo con il dono di noi stessi, senza riserve, senza calcoli, a volte anche a prezzo della nostra vita. Ma questo vale per tutti: il Vangelo va annunciato e testimoniato”. Come in un “grande affresco” vi sono tanti colori e sfumature, così certamente anche la testimonianza della fede ha tante forme. “Nel grande disegno di Dio – afferma Papa Francesco – ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi nascosti, una sorta di classe media della santità, come diceva uno scrittore francese, di cui tutti possiamo fare parte ma – rileva il Pontefice – in varie parti del mondo c’è anche chi soffre, come Pietro e gli Apostoli, a causa del Vangelo; c’è chi dona la sua vita per rimanere fedele a Cristo con una testimonianza segnata dal prezzo del sangue. Ricordiamolo bene tutti, non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria a Dio!”. Papa Francesco richiama l’attenzione sul messaggio centrale del serafico Poverello di Assisi. “Mi viene in mente adesso un consiglio che San Francesco di Assisi dava ai suoi fratelli: ‘predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole’. Predicare con la vita, la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa”. Ma annunciare e testimoniare sono possibili solo se “siamo vicini a Lui: questo è un punto importante per noi – spiega il Papa – vivere un rapporto intenso con Gesù, un’intimità di dialogo e di vita. Vorrei che ci ponessimo tutti una domanda: Tu, io, adoriamo il Signore?” – chiede Papa Francesco ricordando cosa significhi adorare il Signore: “fermarci a dialogare con Lui”, con una Persona Vivente, “credere, non semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita, vuol dire – rivela il Papa – che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, della nostra storia. Fare questo ha una come conseguenza nella nostra vita di spogliarci dei tanti idoli piccoli e grandi nei quali molte volte riponiamo la nostra sicurezza” e che spesso teniamo ben nascosti come “l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli unici padroni della nostra vita, qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri”. Papa Bergoglio richiama i fatti concreti della fede. “Questa sera vorrei che una domanda risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo con sincerità: ho pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita, che mi impedisce di adorare il Signore? Adorare è spogliarci dei nostri idoli anche quelli più nascosti, e scegliere il Signore come centro, come via maestra della nostra vita. Il Signore ci ha fatto il grande dono di sceglierci come suoi discepoli e ci invita – sottolinea il Papa – ad annunciarlo come il Risorto con la parola e la testimonianza della nostra vita spogliandoci degli idoli e adorando Lui solo”. Al termine della Santa Messa, Papa Francesco si è recato nella Cappella del Crocifisso per venerare l’icona della Madonna Theotokos Hodigitria (XIII secolo), davanti alla quale il 22 Aprile 1541 Sant’Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni fecero la loro professione religiosa solenne, evento fondamentale per la nascente Compagnia di Gesù. Un gesto significato per (far) riscoprire la festa dei Santi Pietro e Paolo del prossimo 29 Giugno 2013, una solennità religiosa, ma non civile, che in Italia molti vorrebbero semplicemente relegata al culto di pochi. La grande folla di fedeli, almeno 80mila, in Piazza San Pietro per il Regina Coeli di Papa Francesco, in una stupenda giornata primaverile, hanno inteso dal discorso del Romano Pontefice il nucleo centrale della testimonianza degli Apostoli. Perché la vita di ogni cristiano si rispecchi in quei Atti dei primi santi e martiri della fede. “Cari fratelli e sorelle, buongiorno!”. È il saluto ormai consueto con cui il Papa si rivolge al Popolo di Dio come Vescovo di Roma. La pagina biblica citata dal Sommo Pontefice riferisce che “la prima predicazione degli Apostoli a Gerusalemme riempì la città della notizia che Gesù era veramente risorto, secondo le Scritture, ed era il Messia annunciato dai Profeti. I sommi sacerdoti e i capi della città cercano di stroncare sul nascere la comunità dei credenti e fanno imprigionare gli Apostoli, ordinando loro di non insegnare più nel suo nome. Ma Pietro e gli altri Undici rispondono: ‘Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo’. Gli Apostoli vengono flagellati e gli viene nuovamente imposto ‘di non parlare più nel nome di Gesù’. Ma essi se ne vanno, ‘lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi’ a causa del Signore”. Il Papa si chiede dove abbiano trovato i primi discepoli “la forza per questa testimonianza” e da dove venisse “la gioia e il coraggio dell’annuncio, malgrado gli ostacoli e le violenze. Non dimentichiamo – afferma Papa Francesco – che gli Apostoli erano persone semplici, non erano scribi, dottori della legge, né appartenenti alla classe sacerdotale. Come hanno potuto, con i loro limiti e avversati dalle autorità, riempire Gerusalemme con il loro insegnamento?”. C’è evidentemente una forma di “energia” spirituale nuova in azione negli Apostoli. “È chiaro che solo la presenza con loro del Signore Risorto e l’azione dello Spirito Santo possono spiegare questo fatto. È il Signore che era con loro e lo Spirito che li spingeva alla predicazione spiega questo fatto straordinario. La loro fede si basava su un’esperienza così forte e personale di Cristo morto e risorto, che non avevano paura di nulla e di nessuno, e addirittura vedevano le persecuzioni come un motivo di onore, che permetteva loro di seguire le orme di Gesù e di assomigliare a Lui, testimoniandolo con la vita. Questa vicenda della prima comunità cristiana – prosegue il Santo Padre – ci dice una cosa molto importante, che vale per la Chiesa di tutti i tempi, anche per noi: quando una persona conosce veramente Gesù Cristo e crede in Lui, sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non può fare a meno di comunicare questa esperienza. E se questa persona incontra incomprensioni o avversità si comporta come Gesù nella sua Passione: risponde con l’amore e con la forza della verità”. Papa Bergoglio ha chiesto l’aiuto di Maria Santissima affinché “la Chiesa in tutto il mondo annunci con franchezza e coraggio la Risurrezione del Signore e ne dia valida testimonianza con segni di amore fraterno”. L’amicizia pura. “L’amore fraterno è la testimonianza più vicina che noi possiamo dare del fatto che Gesù è con noi vivo, che Gesù è risorto. Preghiamo in modo particolare per i cristiani che soffrono persecuzione: ma in questo tempo, ci sono tanti cristiani che soffrono persecuzioni, tanti, tanti in tanti Paesi! Preghiamo per loro con amore, dal nostro cuore: sentano la presenza viva e confortante del Signore Risorto”. Dopo il Regina Coeli, Papa Francesco ha ricordato che Sabato 13 Aprile 2013, a Venezia, è stato proclamato Beato, Don Luca Passi, sacerdote bergamasco del 1800, fondatore dell’Opera laicale Santa Dorotea e dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea. “Rendiamo grazie a Dio per questa testimonianza di questo Beato!”. E, ricordando che in Italia si celebra la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sul tema “Le nuove generazioni oltre la crisi”, il Papa sottolinea che “questo Ateneo, nato dalla mente e dal cuore di Padre Agostino Gemelli e con un grande sostegno popolare, ha preparato migliaia e migliaia di giovani ad essere cittadini competenti e responsabili, costruttori del bene comune. Invito a sostenere sempre questo Ateneo, perché continui ad offrire alle nuove generazioni un’ottima formazione, per affrontare le sfide del tempo presente”. È passato un mese dall’elezione alla Cattedra di Pietro del Cardinale Jorge Mario Bergoglio. Fin dai primissimi momenti del suo Pontificato, Papa Francesco ha conquistato fedeli e non, con la sua semplicità, la sua tenerezza, la sua spontaneità. Alcune sue parole come alcuni suoi gesti fanno già parte della storia e della memoria. Papa Francesco è un dono dell’Altissimo. Quel “Buonasera!”, rivolto dalla Loggia delle Benedizioni alle centinaia di migliaia di fedeli in piazza San Pietro, appena un’ora dopo l’elezione, quel 13 Marzo 2013, e che tanto ha stupito il mondo per la sua sorprendente semplicità, ha ora il sapore della familiarità quotidiana. Per tutti e non solo per i fedeli di Buenos Aires che, negli anni, hanno imparato a conoscere e amare lo stile semplice, umile, evangelico, del loro pastore. Vescovo e popolo, insieme, tutti fratelli e amici in Cristo. Una “chiave di volta” che Francesco ha voluto subito “sistemare” nella Chiesa di Cristo e richiamare affacciandosi dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana. Il Popolo di Dio al quale il nuovo Vescovo di Roma, in modo inedito, chiede di pregare inchinandosi per riceverne la benedizione. “E adesso vorrei dare la benedizione, ma prima, prima vi chiedo un favore: prima che il Vescovo benedica il Popolo, vi chiedo che voi pregate il Signore perché mi benedica: la preghiera del Popolo che chiede la benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me”. Sono le prime parole di Papa Francesco al mondo. Il giorno dopo l’Elezione, come annunciato ai fedeli, Papa Bergoglio si reca di mattina presto alla Basilica di Santa Maria Maggiore per rendere omaggio alla Vergine. Il nuovo Vescovo di Roma porta dei fiori alla Madonna. Un gesto che richiama con forza la dimensione mariana di Jorge Mario Bergoglio. Poi, nel pomeriggio, la prima Messa celebrata da Papa, nella Cappella Sistina, assieme ai “fratelli cardinali”. Papa Francesco incentra la sua omelia su tre parole: “camminare, edificare, confessare”. Al centro di queste azioni che contraddistinguono la vita di Discepoli di Cristo, è il suo monito, deve sempre esserci la Croce. “Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo Discepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non Discepoli del Signore”(Messa pro Ecclesia, 14 Marzo 2013). E sempre ai padri cardinali, ricevuti il 15 Marzo in Udienza, il Sommo Pontefice chiede con forza di non cedere “al pessimismo”, all’amarezza che il “diavolo ci offre ogni giorno”. Non bisogna cedere al pessimismo, osserva, perché “lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione”. Nei primissimi giorni di Pontificato, sembra a tutti naturale pensare che il nome scelto dal Papa sia legato a San Francesco d’Assisi. Un pensiero che il Santo Padre conferma incontrando i giornalisti di tutto il mondo nell’Aula Paolo VI, dove gli viene regalato un iPad Mini della Apple. Papa Bergoglio confida alcune emozioni vissute al Conclave e in particolare rammenta l’invito del cardinale brasiliano Hummes a non dimenticare i poveri. “Non dimenticarti dei poveri! E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero. Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”(Udienza ai giornalisti, 16 Marzo).
La prima Domenica da Papa viene vissuta da Francesco come una “giornata normale”. È un sacerdote, un vescovo e, dunque, celebra una Messa nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano. All’uscita, tra gioia e stupore, il Santo Padre va a salutare i tantissimi fedeli che si sono assiepati fuori dall’ingresso. È il primo bagno di folla per Papa Francesco, di un pastore che, come dovrebbero fare tutti i sacerdoti e religiosi, non vuole sottrarsi all’abbraccio dei suoi fedeli. E che rientra nella logica della Misericordia, nel “dna” di Jorge Mario Bergoglio come si coglie anche dal suo motto episcopale: “Miserando atque eligendo”. Non stupisce che nel primo Angelus davanti ad una Piazza San Pietro gremita, Papa Francesco parli proprio dell’amore di Dio che mai si stanca di perdonare. “Lui, mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti”(Angelus, 17 Marzo). Due giorni dopo piazza San Pietro torna a riempirsi. Stavolta non solo di semplici fedeli ma anche di capi di Stato e leader religiosi, tra cui il Patriarca ecumenico Bartolomeo I. È il 19 Marzo, la festa di San Giuseppe patrono della Chiesa universale. Papa Francesco celebra la Messa per l’inizio del suo ministero petrino. Il Papa percorre più volte la piazza a bordo della sua jeep scoperta e più volte si ferma per salutare i fedeli, per baciare i bambini. Va incontro ai malati, ai sofferenti, ai disabili: li benedice, li abbraccia. È l’amorevole abbraccio di un padre ai figli che hanno più bisogno e che dovrebbero sempre stare in prima fila. Ad ascoltare il 266mo Romano Pontefice ci sono i potenti della Terra, ma Papa Francesco vuole vicino a sé gli ultimi, come un rappresentante dei poveri “cartoneros” di Buenos Aires. Dell’omelia, focalizzata sul tema del “custodire” il prossimo e il creato, rimarrà nella memoria il passaggio sul potere come servizio. “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce”(Messa di inizio Pontificato, 19 Marzo). “Uno dei servizi che il Papa può rendere all’umanità è quello di essere costruttore di ponti, Pontefice appunto, e promotore di pace”. San Francesco è l’uomo del dialogo e il Papa che, per primo, ha preso il suo nome vuole mettersi sul cammino del Poverello d’Assisi, come dichiara agli ambasciatori di tutto il mondo, nell’udienza al Corpo diplomatico presso la Santa Sede.“Desidero proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare!”(Udienza a Corpo diplomatico, 22 Marzo). Il giorno dopo, un evento che entra nei libri di storia: Papa Francesco incontra Benedetto XVI a Castel Gandolfo. Per la prima volta un Papa abbraccia un Papa emerito. È l’abbraccio tra due “fratelli”, come sottolinea Papa Bergoglio in un momento di grande commozione. Significativamente questo avvenimento unico avviene alla vigilia della prima Settimana Santa celebrata dal nuovo Vescovo di Roma. Il 24 Marzo, Domenica delle Palme, un tiepido Sole riscalda gli oltre 200mila fedeli che sono convenuti in piazza San Pietro per la Messa. Tantissimi i giovani presenti e proprio a loro, il Santo Padre rivolge parole di incoraggiamento. “E per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù”(Domenica delle Palme, 24 Marzo). Il Giovedi Santo, il Papa spiega questa esortazione ai giovani detenuti del Carcere romano di Casal del Marmo. Papa Francesco lava i piedi a 12 di loro, tra cui due ragazze. A questi giovani porta “la carezza di Gesù”, la “misericordia di Dio” che mai si stanca di perdonare. Prima della Messa “in Coena Domini”, celebrata nel carcere minorile, la mattina il Vescovo di Roma celebra la Messa crismale con i sacerdoti della sua diocesi. Nell’omelia, l’invito ai preti romani, e non solo, ad uscire da se stessi, per andare nelle periferie, fisiche e esistenziali, dove il popolo soffre di più. Un pastore, avverte il Papa, non può non conoscere le sue pecore.
“Questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini”. (Messa crismale, 28 Marzo). E “un pastore, anzi ogni cristiano – ricorda Papa Bergoglio alla sua prima Via Crucis al Colosseo – deve sapere che la Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. Ecco da dove nasce la speranza del cristiano, proclama con forza la Domenica di Pasqua: dall’amore di Gesù che ha vinto la morte”. Sono passate meno di tre settimane dall’elezione e Papa Francesco torna ad affacciarsi dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana. “Cristo è risorto”, annuncia con il volto gioioso. E nel messaggio pasquale incoraggia tutti, “a Roma e nel mondo”, a lasciarsi trasformare da Gesù. “Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire il creato e far fiorire la giustizia e la pace”(Benedizione Urbi et orbi, 31 Marzo). Prima della Benedizione “Urbi et Orbi” Papa Francesco gira più volte a bordo della sua jeep scoperta in piazza San Pietro, per salutare quanti più fedeli possibili. Tanti i bambini che il Santo Padre bacia e benedice, come avverrà in ogni Udienza generale del Mercoledì (in diretta Tv e “streaming” su Internet, dalle ore 10:30, su Tv2000 e Radio Vaticana, grazie al Centro Televisivo Vaticano). Commovente l’abbraccio prolungato che il Santo Padre riserva ad un giovane disabile. Immagine che è già un simbolo del suo Pontificato. Tra i gesti evangelici che colpiscono, in queste prime settimane, la scelta del Papa di rimanere ad abitare nella Casa Santa Marta. Ogni mattina, il Santo Padre celebra una Messa nella Cappella della Domus. Le omelie sono sempre online grazie alla Radio Vaticana e così i fedeli di tutto il mondo possono avere il commento del Papa al Vangelo del giorno. Ecumenismo, impegno per i poveri, slancio verso la nuova evangelizzazione: sono tra i temi che il nuovo Papa mette al centro del suo ministero già nel primo mese. Tra questi spicca anche il rilievo che il Santo Padre attribuisce ai laici e in particolare alle donne. All’Udienza generale del 3 Aprile, tra gli applausi dei fedeli, Papa Francesco elogia il genio femminile al servizio del Vangelo e della Verità. “E questo è bello, e questo è un po’ la missione delle donne, delle mamme, delle nonne. Dare testimonianza ai loro figli, ai loro nipotini, che Gesù è vivo, è vivente, è risorto. Mamme e donne, avanti con questa testimonianza!”(Udienza generale, 3 Aprile). “Avanti con questa testimonianza”. Un’esortazione che, con parole sempre diverse ma con lo stesso spirito, Papa Francesco ripete Domenica 7 Aprile quando al Regina Coeli in piazza San Pietro richiama il Beato Wojtyla nell’esortare i fedeli a “non avere paura di annunciare Gesù e di portarlo” ovunque nel mondo, nelle piazze tra la gente, finanche dai tetti. E una piazza l’aspetta con trepidazione il pomeriggio. È piazza San Giovanni in Laterano, gremita di fedeli per la presa di possesso della Basilica Lateranense, della sua Cattedra di Vescovo di Roma insieme al Popolo. Il fedele rapporto di amicizia e fruttuosa collaborazione, Vescovo e Popolo, con cui si era presentato al mondo la sera del 13 Marzo, torna a risuonare con grande forza nel saluto che Papa Francesco rivolge ai romani. “E andiamo avanti tutti insieme, il Popolo e il Vescovo, tutti insieme, avanti sempre con la gioia della Risurrezione di Gesù: Lui sempre è al nostro fianco”(Messa in San Giovanni in Laterano, 7 Aprile). “Di fonte ai problemi della vita, il cristiano non prenda scorciatoie ma si affidi sempre a Dio, che non gli farà mancare il suo aiuto”. È questo, in sintesi, il messaggio che Papa Francesco. “La vita non va truccata quando le cose vanno male, perché questo vuol dire non avere fiducia in Dio, che della vita è il Signore. Un cristiano, viceversa, sa accettare ciò che gli accade”. È una profonda lezione di vita quella che Papa Francesco desume dalla lettura degli Atti degli Apostoli, che la liturgia propone in questi giorni dopo la Pasqua. Il Sommo Pontefice continua a riflettere sulle vicende della prima comunità cristiana. La situazione vede i nuovi fratelli di fede discutere tra loro (greci contro ebrei) a causa di alcune necessità pratiche, come l’assistenza alle vedove, giudicata trascurata. Papa Francesco si sofferma sulla scena e osserva: “La prima cosa che fanno è mormorare: chiacchierare uno contro l’altro: ma questo non porta ad alcuna soluzione, questo non dà soluzione. Gli Apostoli, con l’assistenza dello Spirito Santo, hanno reagito bene: hanno convocato il gruppo dei Discepoli e hanno parlato. E quello è il primo passo: quando ci sono difficoltà, bisogna guardarle bene e prenderle e parlarne. Mai nasconderle. Ed è quello che gli Apostoli fanno. Non si nascondono ma – afferma il Papa – valutano e decidono, senza tergiversare. Avendo compreso che il loro primo dovere era la preghiera e il servizio della Parola”, optano per dei diaconi che li assistano in tali servizi. E qui, legando questa vicenda dei primi cristiani alla lettura del Vangelo che vede Gesù rassicurare i Discepoli sul lago in tempesta, Papa Francesco chiosa: “Quando ci sono i problemi, bisogna prenderli e il Signore ci aiuterà a risolverli.
Non dobbiamo avere paura dei problemi: Gesù stesso dice ai suoi discepoli: ‘Sono io, non abbiate paura. Sono io’. Sempre. Con le difficoltà della vita, con i problemi, con le nuove cose che dobbiamo prendere: il Signore è là. Possiamo sbagliare, davvero, ma Lui è sempre vicino a noi e dice: ‘Hai sbagliato, riprendi la strada giusta. Non è un buon atteggiamento quello di truccare la vita, di fare il maquillage alla vita: no, no. La vita è com’è, è la realtà. È come Dio vuole che sia o come Dio permette che sia, ma è com’è, e dobbiamo prenderla com’è. E lo Spirito del Signore ci darà la soluzione ai problemi”. Gesù dice: “Non abbiate paura, sono io!”. Messaggio che Papa Francesco ribadisce: “è la parola di Gesù, sempre: nelle difficoltà, nei momenti dove tutto è oscuro e non sappiamo cosa fare”. Dunque, “prendiamo le cose come vengono, con lo Spirito del Signore e l’aiuto dello Spirito Santo. E così andiamo avanti, sicuri su una strada giusta: chiediamo al Signore questa grazia: di non avere paura, di non truccare la vita, di prendere la vita come viene e cercare di risolvere i problemi come hanno fatto gli Apostoli, e cercare pure l’incontro con Gesù che sempre è di fianco a noi, anche nei momenti più oscuri della vita”. Papa Francesco, riprendendo un suggerimento emerso nel corso delle Congregazioni Generali precedenti al Conclave, ha costituito un gruppo di cardinali per consigliarlo nel “governo” della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica “Pastor bonus” sulla Curia Romana. Lo riferisce un comunicato della Segreteria di Stato. Tale gruppo è costituito dai cardinali: Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; Francisco Javier Errazuriz Ossa, Arcivescovo emerito di Santiago del Cile (Cile); Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay (India); Reinhard Marx, Arcivescovo di München und Freising (Germania); Laurent Monswengo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); Sean Patrick O’Malley. O.F.M. Cap., Arcivescovo di Boston (U.S.A.); George Pell, Arcivescovo di Sidney (Australia); Oscar Andrés Maradiaga Rodríguez S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), con funzione di coordinatore. Nel gruppo figura anche monsignor Marcello Semeraro, Vescovo di Albano, con funzione di segretario. La prima riunione collettiva del gruppo è stata fissata per i giorni 1-3 Ottobre 2013. Il Papa è sin d’ora in contatto con i menzionati Cardinali. Al mondo che non riesce più a sollevare gli occhi verso l’alto, i cristiani dimostrino con la loro vita che Dio è un Padre che li ama sempre. È il “cuore” della catechesi di Mercoledì 10 Aprile che Papa Francesco ha tenuto in piazza San Pietro per l’Udienza generale, davanti a oltre 30mila persone. Il Sommo Pontefice ha espresso la sua vicinanza alle popolazioni colpite dal terremoto nel Sud dell’Iran e, al momento dei saluti, ha utilizzato per la prima volta la lingua spagnola. È la tenerezza che Papa Francesco riversa sulla folla prima di offrirle qualsiasi insegnamento, con i suoi sguardi sorridenti e panoramici, con l’affetto che promana da ogni suo cenno o gesto, come quello di aiutare un bimbo a rimettere in bocca il “ciuccio”, per dare sempre volta carne e ossa alle sue parole, per renderle autentiche alla luce del Vangelo. Papa Francesco si sofferma sulle fondamenta della fede Cristiana, “senza le quali crolla tutta la casa”, e cioè sulla certezza che Gesù è morto ma poi è risorto ed è rinato a una vita nuova. “Questa vita è anche per noi, grazie al Battesimo: è proprio lo Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo che ci insegna, ci spinge, a dire a Dio ‘Padre’, e meglio ‘Abbà’ è ‘Papà’, così è il nostro Dio, è un papà per noi. E Dio ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo”. Gli applausi in aumento vertiginoso sono il “termometro” della sete e dell’affetto del Popolo che non sembra mai sazio di ascoltare dalle labbra di Papa Francesco la Parola vivente di un Dio che è Amore e Perdono, non un giudice ma un “Papà” dal cuore larghissimo. “Noi possiamo vivere da figli! E questa è la nostra dignità. Comportarci come veri figli! Questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci trasformi e ci renda come Lui; vuol dire cercare di vivere da cristiani, cercare di seguirlo, anche se vediamo i nostri limiti e le nostre debolezze”. Del resto, aggiunge il Papa, il “nostro essere figli di Dio è soggetto a rischi, perché la tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre alle porte. Per questo – sottolinea con forza il Pontefice – dobbiamo avere il coraggio della fede, non lasciarci condurre dalla mentalità che ci dice: Dio non serve, non è importante per te. È proprio il contrario: solo comportandoci da figli di Dio, senza scoraggiarci per le nostre cadute, per i nostri peccati, sentendoci amati da Lui, la nostra vita sarà nuova, animata dalla serenità e dalla gioia. Dio è la nostra forza! Dio è la nostra speranza! E Dio è una speranza che non delude” – afferma Papa Bergoglio, ripetendolo per tre volte. “La speranza di noi cristiani è forte, sicura, solida in questa terra, dove Dio ci ha chiamati a camminare, ed è aperta all’eternità, perché fondata su Dio, che è sempre fedele. Non dobbiamo dimenticarlo: Dio sempre è fedele, Dio sempre è fedele con noi. Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui”. E questo comportamento, sarà un “segno visibile, chiaro, luminoso per tutti: è
un servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo sguardo verso Dio”. Papa Francesco conclude la catechesi elevando un appello per il violento sisma di ieri in Iran: “Prego per le vittime ed esprimo la mia vicinanza alle popolazioni colpite da questa calamità. Preghiamo per tutti questi fratelli e sorelle dell’Iran”. L’Udienza del Mercoledì passa così alla storia del suo Pontificato per essere la prima nella quale Papa Francesco utilizza una lingua diversa dall’italiano, la sua lingua madre, lo spagnolo, i cui saluti raggiungono, tra i presenti, anche i dirigenti del Club Atlético S. Lorenzo, da sempre la squadra del “cuore” del Sommo Pontefice gesuita argentino. E un ulteriore gesto di attenzione e solidarietà è per i lavoratori dell’Istituto Dermatologico dell’Immacolata, coinvolti dalla crisi in cui versa la struttura. “Auspico – dice loro Papa Francesco – che quanto prima si possa trovare una positiva soluzione in una situazione così difficile”. Papa Bergoglio, all’omelia della Messa presieduta nella cappella della Casa Santa Marta il 15 Aprile 2013, afferma che “la calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone”. Il Sommo Pontefice ha invitato a pregare per i tanti martiri che anche oggi sono falsamente accusati, perseguitati e uccisi in odio alla fede. “Stefano, il primo martire della Chiesa, è una vittima della calunnia. E la calunnia è peggio di un peccato: la calunnia è un’espressione diretta di Satana”. Non usa mezzi termini Papa Francesco per stigmatizzare uno dei più spregevoli comportamenti umani. La lettura degli Atti degli Apostoli presenta Stefano, uno dei diaconi nominati, dai Discepoli, che viene trascinato davanti al Sinedrio per via della sua testimonianza al Vangelo, accompagnata da segni straordinari. E davanti al Sinedrio – si legge nel testo – compaiono ad accusare Stefano dei “falsi testimoni”. Sul punto, Papa Francesco è netto: poiché – nota – “non andava bene la lotta pulita, la lotta tra uomini buoni”, i nemici di Stefano hanno imboccato “la strada della lotta sporca: la calunnia”. Così Papa Francesco offre una lezione esemplare a chi ha orecchi sani per ascoltare. “Noi tutti siamo peccatori: tutti. Abbiamo peccati. Ma la calunnia è un’altra cosa. È un peccato, sicuro, ma è un’altra cosa. La calunnia vuole distruggere l’opera di Dio; la calunnia nasce da una cosa molto cattiva: nasce dall’odio. E chi fa l’odio è Satana. La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone, nelle anime. La calunnia utilizza la menzogna per andare avanti. E non dubitiamo, eh? Dove c’è calunnia c’è Satana, proprio lui”. Dal comportamento degli accusatori, Papa Francesco sposta l’attenzione su quello dell’accusato. “Stefano – osserva il Papa – non ricambia menzogna con menzogna, non vuole andare per quella strada per salvarsi. Lui guarda il Signore e obbedisce alla legge”, rimanendo nella pace e nella verità di Cristo. “Ed è quanto – ribadisce il Santo Padre – succede nella storia della Chiesa”, perché dal primo martire a oggi numerosissimi sono gli esempi di chi ha testimoniato il Vangelo con estremo coraggio. “Ma il tempo dei martiri non è finito: anche oggi possiamo dire, in verità, che la Chiesa ha più martiri che nel tempo dei primi secoli. La Chiesa ha tanti uomini e donne che sono calunniati, che sono perseguitati, che sono ammazzati in odio a Gesù, in odio alla fede: questo è ammazzato perché insegna catechismo, questo viene ammazzato perché porta la croce. Oggi, in tanti Paesi, li calunniano, li perseguono: sono fratelli e sorelle nostri che oggi soffrono, in questo tempo dei martiri”. Papa Francesco ricorda che la nostra è un’epoca con più martiri che non quella dei primi secoli. “È un’epoca di così tante turbolenze spirituali”, che richiama alla mente del Pontefice l’immagine di un’icona russa antica di secoli, quella della Madonna che copre con il suo manto il Popolo di Dio. “Noi preghiamo la Madonna che ci protegga, e nei tempi di turbolenza spirituale il posto più sicuro è sotto il manto della Madonna. È la mamma che cura la Chiesa. E in questo tempo di martiri, è lei un po’ – non so se si dice così, in italiano – la protagonista, la protagonista della protezione: è la mamma. Diciamole con fede: Sotto la tua protezione, Madre, è la Chiesa. Cura la Chiesa”. E il mondo intero. Prepariamoci.
Nicola Facciolini
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