Sale a 40 il numero dei morti a seguito del terremoto di magnitudo 7,8 che ha colpito ieri la provincia del Baluchistan e fonti della Caritas pakistana sostengono che almeno il 70% delle abitazioni è crollato sul versante pakistano.
A due passi dalla città di Zahedan, a nord dell’epicentro del sisma, c’è il più fiorente mercato di oppio del Paese. Da qui passa il commercio proveniente dai campi dell’Afghanistan.
Non solo. In Sistan e Baluchistan è in corso la costruzione di un importante gasdotto che unisce Tehran e Islamabad passando per la Siria. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e l’omologo pakistano, Asif Ali Zardari, poche settimane fa, hanno inaugurato con una cerimonia ufficiale nella località iraniana di Chabahar, i lavori del gasdotto che dovrà entrare in funzione nel 2014.
La protezione civile è impegnata in attività di soccorso e di salvataggio. P. Renald Lawrence, OMI, missionario a Quetta, capoluogo del Beluchistan, riferisce a Fides: “La zona colpita è a circa 600km a Sud di Quetta. Vi sono molti sfollati, ci siamo attivati per l’assistenza. Questa mattina abbiamo avuto un incontro per avviare aiuti umanitari, in coordinamento con la Caritas Pakistan”.
Diversa la situazione in Iran, dove le agenzie locali – Fars news agency e Isna – giustificano i pochi danni sostenendo che il territorio è poco popolato e sfatando le notizie allarmanti date dagli stessi media iraniani che prevedevano decine di vittime. La maggior parte dei residenti vive in tende e abitazioni costruite con mattoni di fango, che avrebbero limitato il numero di crolli ed eventuali vittime. Per gli esperti, la catastrofe è stata evitata soprattutto grazie alla profondità del terremoto, circa 95 km, che ha frenato la forza delle onde sismiche, facendo percepire in superficie un sisma del 4° grado della scala Richter.
Oggi una violenta nuova scossa di magnitudo 5,7 è stata registrata alle 7.45 ora locale (le 5.15 in Italia) e, nel frattempo, anche gli Stati Uniti hanno proposto, per voce del segretario John Kerry, aiuti sia al Pakistan che all’Iran.
Ricordiamo che, nonostante i sentimenti anti americani prevalenti nella maggioranza della popolazione, gli Usa erano intervenuti anche nei soccorsi per i terremotati del Kashmir devastato da un potente sisma nel 2005.
L’area colpita è fra le più povere e desertiche della intera regione ed è da decenni nelle mani di milizie paramilitari e forze dell’Fcb, che per questa occasione stanno però collaborando con l’esercito.
Scrive Asianews che da ambo le parti mancano medicinali per i feriti, mentre Radio Vaticana lamenta che dal governo iraniano non giunge alcun dato ufficiale.
Dalla parte pakistana, i militari hanno trasportato da ieri una ventina di feriti gravi dalla regione di Mashkel al principale capoluogo di Quetta dove possono ricevere cure mediche adeguate. Si stima che almeno 700 abitazioni sono state danneggiate nella città di Mashkel e altre decine a Panjgur. L’area interessata dalla calamita’ ha una popolazione di circa 10-15 mila persone. Al lavoro ci sono circa 300 soldati, tra cui medici e ingegneri.
Ciò che è certo è che il numero dei morti e degli sfollati è destinato ad aumentare e che il terremoto rischia di mettere a terra un Paese già profondamente ferito per le sanzioni internazionali al programma nucleare, anche se le conseguenze dei limiti imposti all’esportazione del petrolio viene costantemente aggirata dalle autorità iraniane con l’aiuto di escamotage escogitati da vari ufficiali del Golfo.
Carlo Di Stanislao
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