Sarà trasmesso lunedì 29 aprile al cinema Farnese di Roma (Piazza Campo de’ Fiori, 56) il film “Voci nel buio”, scritto e diretto dal regista padovano trapiantato a Trieste, Rodolfo Bisatti, e prodotto da Gianluca Arcopinto, Kineofilm e Studio Arkadena. La storia, ambientata a Trieste, è incentrata sulla storia di Angelo, un professore universitario che ha abbandonato la carriera accademica e oggi vive chiuso in un silenzio tombale, consegnando giornali di notte. Sul muro di incomunicabilità che ha alzato tra sé e il mondo pesano l’impotenza e la frustrazione per il sanguinoso sgretolamento della ex Jugoslavia con il carico di esistenze spezzate che ne è derivato e la sua vicenda personale: il figlio Giovanni ha perso la vista all’età di quattro anni e di questa perdita Angelo si sente, per oscure ragioni, responsabile. Una cecità che però non ha nulla di spettacolare. Perché Giovanni, il vero protagonista del film, è un adolescente intelligente e sensibile che, come spesso accade nella vita vera, si troverà costretto a salvare i suoi genitori dalla disperata incapacità di comunicare che si è abbattuta sulle loro vite.
“Per me la disabilità è sempre stata un valore – ha raccontato qualche tempo fa il regista a “SuperAbile Magazine”, il mensile sui temi della disabilità edito dall’Inail e curato da Redattore sociale –. Avevo una nonna cieca, che faceva l’insegnante elementare. Sono cresciuto con una persona che, pur non vedendo niente, mi spiegava tutto. Mi hanno educato i suoi silenzi, le sue meditazioni, il racconto orale della sua vita. Anche in seguito ho trovato sempre compagni di vita che, per una ragione o per l’altra, erano considerati ‘socialmente sgraditi’ – prosegue –. Così ho cominciato ad associare la diversità all’idea di una riflessione più profonda. Come se chi si doveva dare molto da fare per emergere o semplicemente per restare dove stava divenisse, per questo motivo, portatore di un pensiero più complesso”.
La pellicola però non è la fine, ma solo l’inizio di un’avventura. Perché da quel lavoro è nato oggi un laboratorio di alfabetizzazione multisensoriale, gratuito, aperto a tutti e frequentato non solo da non vedenti, ma anche dai loro familiari e da tante persone interessate al cinema. “Formo i miei attori in laboratori che continuano dopo il film – sottolinea Bisatti –. Ma sia chiaro, non mi interessa il tema dell’integrazione fine a se stesso. Il vero problema sono i cosiddetti normodotati: in questo frastuono di suoni e di immagini sono loro che non sanno comunicare. Chi non vede ha spesso la capacità di raccontare un’immagine in modo straordinario. Non è una questione di fare del bene, ma lavorando con quelli che chiamiamo disabili si traggono enormi benefici. E allora il tema centrale non è l’integrazione, ma tornare alla fonte della comunicazione”. Intanto gli incontri proseguono, ogni sabato dalle 9.30 del mattino fino a sera. Incessantemente, senza stancarsi mai. “E ora vorrei che questa esperienza si trasformasse in un laboratorio permanente a Trieste – conclude il regista –. È la scuola di cinema che ho sempre sognato”. (ap)
eccellente lavoro