Oltre 500 mila le persone che in italia soffrono di epilessia. Di queste, oltre la metà sono bambini e adolescenti, che frequentano la scuola e altri luoghi di socializzazione. Eppure nelle scuole non si sa molto della malattia: tra i 700 insegnanti coinvolti nel progetto di formazione, tutti hanno detto di conoscere una malattia denominata “epilessia”, anche se il 41 per cento solo per sentito dire. Il 25 per cento ammette anche un’esperienza personale o familiare con la malattia e il 47 per cento riferisce di aver assistito a una crisi epilettica (il 25 per cento in classe). Alla domanda sulle cause dell’epilessia il 55 per cento ha riferito che sono genetiche e solo il 30 per cento ritiene che ci siano possibilità di guarigione. Secondo gli intervistati, l’epilessia pone ostacoli al lavoro (33 per cento), alla guida (52 per cento) e allo sport (34 per cento).
Circa metà degli insegnanti ha avuto in classe almeno un bambino con epilessia e ritiene di conoscere le procedure corrette da attuare in caso di crisi. In realtà, il 60 per cento dice che occorre chiamare l’ambulanza (per lo più non necessaria) e per il 30 per cento si deve inserire qualcosa nella bocca del bambino, manovra che invece va evitata. Infine, più di metà del campione ritiene che l’epilessia riduca (almeno in parte) le capacità di apprendimento, che il bambino con epilessia necessiti di sostegno scolastico, che possa avere disturbi del comportamento e problemi di relazione con gli altri bambini. “A differenza di quanto comunemente si crede – precisano gli esperti della Lice -, l’epilessia non incide in modo significativo sulle capacità di apprendimento né sulle possibilità di gioco: se non soffre di forme gravi, il bambino epilettico può prendere parte a tutte le attività che vengono svolte in classe”. La campagna di formazione ha coinvolto oltre 150 scuole elementari e ha visto la partecipazione di circa 15 mila alunni.
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