Il viaggio come possibilità di scoperta, dei luoghi per ritrovare sé stessi, è il tema ricorrente in queste foto di Flavia Iandoli che prendono spunto da un viaggio in Portogallo, a Lisbona, per indagare con occhio attento le caratteristiche di una millenaria urbanizzazione, che soprattutto dal XVI secolo, all’apice della sua ricchezza diventò punto di partenza europeo per le rotte verso l’Africa, l’India, l’Estremo Oriente e soprattutto il Brasile, che appare nel suo insieme splendidamente disomogenea.
Lisbona, attualmente conta 547.631 abitanti, mentre la sua area metropolitana ne ospita più di 3 milioni, si sviluppa sulle sette colline lungo le rive del fiume Tago, che la taglia in due, ed è caratterizzata dalla sua rete di funicolari e di tram. Città affascinante e ricca di storia (le sue origini risalirebbero ai Fenici che popolarono quest’area già nel 1200 a. C. mentre Omero parlandone nell’Odissea, la cita con il nome di Olisipo, come fondata da Ulisse durante il suo viaggio di ritorno da Troia ad Itaca), è molto caratteristica grazie alla sua architettura manuelina e barocca, alle quali si mescolano anche elementi moreschi, riconoscibile a colpo d’occhio come un intricato sovrapporsi di abitazioni, che risultano nel complesso armoniche seppur nella loro diversità di forme e colori.
Il cuore di Lisbona, sul quale si soffermano alcune delle foto della Iandoli, è situato nella parte bassa, la Baixa, ricostruita dopo il terremoto del 1755. Gli scorci architettonici degli edifici antichi che si alternano a quelli moderni, attirano la sua attenzione, non fosse altro che per la compresenza di visioni differenti, e vengono da lei sorpresi e immortalati, come nell’istantanea che ci mostra uno scorcio di vicolo popolato da mobili, nel profilo rigido di un edificio contemporaneo, nel monumento alle scoperte che si protende sul mare, oppure nel vecchio tram bianco e rosso che arranca su una salita.
Flavia Iandoli girovagando con lo sguardo cerca di cogliere sorprendendoli quei particolari che l’occhio distratto del turista non vede; riprende i tetti rossi che sembrano uniformi, ma invece sono molto diversi tra loro tanto da sembrare le tessere di un grande mosaico, le facciate delle case con i caratteristici balconi in ferro battuto che si alternano uno all’altro, oppure i panni stesi ad un balcone, mossi dal vento, nell’intento di cogliere la quotidianità della vita nel suo discreto accadere, in una città crocevia di commerci per eccellenza, sin dalla sua origine punto di partenza per viaggi ed esplorazioni, dove culture e popolazioni diverse si sono incontrate e convivono da sempre.
Vladek Cwalinski
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