Fascinoso, protagonista di chiacchierate storie d’amore con le sue attrici, molto amato all’estero e premiato negli anni ’80 e ’90 nei principali festival europei per i suoi film di critica sociale, Zhang Yimou, l’autore di ‘Lanterne Rosse’, ‘Sorgo Rosso’, ‘Hero’ e ‘La città proibita’, il regista della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino, conosciuto in Italia anche per aver curato al Maggio Musicale Fiorentino un allestimento della Turandot e fra i prediletti di Tarantino, rischia ora una multa da 19 milioni di euro nella sua Cina, nazione in cui il superamento della’unico figlio (lui ne ha messi al mondo sette), è reato grave e difficilmente superabile, anche per chi è molto famoso.
La notizia e’ apparsa sul sito web del ‘Quotidiano del Popolo’, l’organo di stampa del Partito Comunista Cinese, ma gia’ circolavano sul web le accuse e le critiche al regista per aver violato le leggi che proibiscono alle famiglie di avere piu’ di un figlio. Secondo il ‘Chonqing Evening News’, Zhang, che ha 61 anni, nell’ultimo decennio ha avuto tre figli con l’attrice Chen Ting, con cui si e’ sposato in segreto nel 2011, a cui vanno aggiunti un maschio avuto dalla moglie precedente, Xiao Hua e tre figli nati da relazioni con donne diverse di cui non si conosce l’identita’. Ancora oggi, nel 2012, fra le tante libertà represse in Cina, non è consentito ai genitori di avere il numero desiderato di figli ed anche per sposarsi e per mettere al mondo un figlio è obbligatorio ricevere una licenza speciale emessa dal governo.
Dopo il terremoto nella provincia del Sichuan del maggio del 2008, il regime ha attenuato le strette regole della politica del figlio unico e ha concesso alcune eccezioni per le famiglie vittime della catastrofe.
Secondo l’opinione delle autorità cinesi, il problema non è la crudele pratica delle sterilizzazioni e degli aborti forzati ma il danno che ne potrebbe derivare all’economia. Infatti, nella Cina di oggi tutto è permesso nel nome del nuovo dio: il profitto. Quindi, in nome dell’utile e del lucro, è lecito inquinare le terre, i fiumi, i mari e l’atmosfera, sfruttare donne e bambini, costretti al lavoro forzato nei laogai per produrre a costo zero a vantaggio economico del regime e delle multinazionali, guadagnare sulla vendita degli organi dei condannati a morte e sfruttare i minatori e i lavoratori che muoiono a migliaia ogni anno a causa della mancanza di misure minime di igiene e di sicurezza. Tutto ciò in nome del dio denaro e in ossequio allo slogan lanciato da Den Xiaoping “arricchirsi è glorioso”.
Le origini per così dire filosofiche della pianificazione familiare sono, quindi, l’utilitarismo e l’edonismo, che Amintore Fanfani e Francesco Vito, nei loro testi di economia, chiamavano giustamente “spirito capitalista”.
“La politica cinese del figlio unico provoca più violenza contro le donne e le bambine di ogni altra politica sulla terra, di ogni politica ufficiale nella storia mondiale”.
Queste sono le parole appassionate di Reggie Littlejohn, un avvocato statunitense, fondatrice di Women’s Rights Without Frontiers, un’associazione internazionale che lotta contro l’aborto forzato e la schiavitù sessuale in Cina. Californiana, in gioventù ha lavorato accanto a Madre Teresa nei bassifondi di Calcutta. Littlejohn ha avuto i primi contatti con questa politica quando ha rappresentato dei rifugiati cinesi che chiedevano asilo politico negli Stati Uniti negli anni Novanta.
Ma la brutalità dell’aborto forzato non è l’unica violazione dei diritti umani conseguente alla infame “politica di pianificazione familiare”. Essa porta anche al cosiddetto “genericidio”, per la tradizionale preferenza cinese per i maschi, che lascia le femmine soggette all’aborto, all’abbandono e all’infanticidio. Esso porta anche alla schiavitù sessuale poiché l’eliminazione delle femmine ha indotto un maggior traffico di donne provenienti dai Paesi vicini alla Cina, attirate da un eccesso di circa 37 milioni di maschi cinesi rispetto alle femmine.
E sebbene il collegamento non sia pienamente dimostrato, questa politica può anche essere la causa di un più elevato tasso di suicidio tra le donne in Cina (l’Organizzazione mondiale della sanità dice che il Paese ha il più alto tasso di suicidio femminile al mondo, con circa 500 donne cinesi che ogni giorno mettono fine alla propria vita).
Le statistiche riguardanti la politica cinese del figlio unico sono sconcertanti. Da che è stata avviata, nel 1979, le autorità si vantano di dire che sono state prevenute 400 milioni di nascite. Il Governo dice anche che sono circa 13 milioni gli aborti che vengono effettuati ogni anno. Questo ammonta a 1.458 ogni 60 minuti o – come ha detto Littlejohn – “a un massacro di Piazza Tienanmen ogni ora”.
Carlo Di Stanislao
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