Il Colle è irato e Letta, che gareggia per probità e rigore con Grillo, minaccia i suoi ministri che scendono in piazza e dice: “Sappiate che io non mi faccio logorare, se siete al governo per fare campagna elettorale, me ne vado. Non resto a palazzo Chigi a ogni costo”.
La strigliata comincia on the road, in un pre-vertice con Alfano, in un mini-van Volkswagen con anche Lupi e il ministro ai rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, sulla strada verso il ritiro per fare “spogliatoio” e qui, dicono i ben informati, esplode uno scontro furioso.
Ricostruisce la vicenda Il Messagero e ci racconta che i due ministri Pdl tengono il punto ed assicurano che non potevano prendere le distanze da Berlusconi disertando la manifestazione di Brescia., affermando che se l’avessero fatto avrebbero potuto compromettere la vita del governo.
Ma il loro ragionamento non convince Letta, sicché lo scontro si fa sempre più aspro ed il mini-van che corre sull’autostrada, diventa un mini-campo di battaglia. Si narra di urla, di parole scandite con rabbia, con il primo ministro che impone una “regola aurea”: il divieto per tutti i componenti del governo di partecipare a manifestazioni politiche e a talk-show tv “finché il governo resterà in piedi”, spiegando che si tratta di “una questione di serietà”, perché “siamo al governo non in campagna elettorale”.
La tensione resta alta anche in abbazia e cominiciano già le ritorisioni, con laportavoce di Alfano, Danila Subranni, che dichiara che il vice-premier è contrario ai disegni di legge a favore della cittadinanza ai figli degli immigrati e delle unioni civili per i gay.
E non è finita. Scrive Il Tempo che due ministre, Josepha Idem, responsabile delle Pari Opportunità e Cécile Kyenge Kashetu, alla guida del dicastero dell’Integrazione e della Cooperazione, sono diventate due autentiche mine vaganti e la loro presenza al governo sta creando più di un imbarazzo al presidente del Consiglio e molte difficoltà ai colleghi, per le uscite intempestive di entrambe, che hanno messo a dura prova la coesione già fragile dell’esecutivo e non aiutano a contribuire alla creazione di quello spirito di collaborazione necessario per mandare in porto un fragile vascello in preda ai marosi.
La Idem, spiazzando tutti, ha dichiarato che presenterà un disegno di legge per le unioni civili, “prché non deve importare se uno ha scelto di con dividere la vita con una donna o un uomo, se una persona è gay, lesbica o eterosessuale”, non rendedosi conto che la sua apertura, per quanto legittima, , non rientra nel programma concordato dal premier e la sua iniziativa potrebbe causare danni gravissimi ed una frattura fra le parti.
Quanto all’altra ministra, ha annunciato “in solitaria”, senza cioè consultarsi con nessuno, tantomeno con il presidente del Consiglio, l’intenzione di riconoscere la cittadinanza a chiunque nasca sul suolo italiano, senza particolari condizioni o garanzie, senza peraraltro chiarire se il diritto di cittadinanza è legato al tempo di residenza dei genitori in Italia oppure se è lecito prescinderne; senza precisare se è accettabile che una donna incinta si muova dal suo Paese d’origine soltanto per partorire nel nostro Paese e, dunque, procurare così la cittadinanza al nascituro aggirando le regole.
Ed i problemi non sono finiti e vengono pure dall’esterno, con Giuliano Amato, premier rimasto in pectore, che a “Che tempio che fa”, striglia il Pd dopo le elezioni di Epifani e gli dice che ora “il Partito democratico deve dimostrare, e non solo dire, di essere il partito di cui l’Italia ha bisogno” e Letta a cui dice, che anche se il suo sarà un governo di durata inferiore al normale, alcune cose le può fare, a partire da un aumento del Pil.
Amato ha spiegato da Fazio che: “Noi siamo assillati dal problema del debito pubblici in rapporto con il Pil. Da due o tre anni questo debito cresce proporzionalmente perché diminuisce il prodotti interno lordo e la ricchezza che produciamo va indietro come i gamberi”.
Sicché, a suo avviso: “quello che il governo deve fare sa subito è fare in modo che aumenti il Pil. Se diminuisse, invece, la spesa pubblica si arriva che negli ospedali c’è la siringa ma non più la medicina da metterci dentro. Se dobbiamo togliere anche la siringa non so quanto la salute ci guadagna”.
L’11 maggio, come scrive “Formiche”, il finanziere-filosofo George Soros, in pensione dal mondo dei “giochi di denaro” e impegnato a tempo pieno nella fondazione filantropica Open Society, ha detto, mentre era ad Udine per ritirare un premio intitolato a Tiziano Terzani nell’ambito della manifestazione “Vicino/Lontano”; che la “luna di miele dei mercati con l’Italia non può durare” e che il ballo dello “spread” starebbe per riprendere.
Soros, a cui vengono, a torto o a ragione, addebitati i forti movimenti di capitali a breve che portarono alla fuoruscita dell’Italia dagli accordi europei sui cambi il tra il 16 ed 17 settembre 1992 e alla forte svalutazione della lira, è un autentico squalo travestito da filantropo (come ha scritto il Wall Street Journal) e le sue dichiaraziooni debbono davvero farci paura, rendendo cruciale, non solo per il governo Letta, ma per l’intera Nazione, la missione del Ministro dell’Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni a Londra e Bruxelles per partecipare al G7, all’Eurogruppo ed all’Ecofin, con l’obiettivo di convincere i colleghi della stabilità dell’Esecutivo e della qualità di programmi e misure allo scopo di giungere alla chiusura della “procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo”, che porterebbe ad una riduzione dello “spread” e riuscirebbe anche a portare una dilazione dei termini per raggiungere “l’equilibrio strutturale di bilancio” (come già ottenuto da Francia e Spagna).
Soros, che ad agosto è convolato a felici nozze con Tamiko Bolton, 42 anni più giovane di lui, dopo un fidanzamento di 4 anni, è un uomo i cui aspetti politici, economici e anche filosofici non possono che suscitare una giusta indignazione in chi ha a cuore gli interessi degli individui.
In un’intervista al The Guardian del 19 dicembre 1992, dichiarò: “Sono certo che le attività speculative hanno avuto delle conseguenze negative. Ma questo fatto non rientra nel mio pensiero. Non può. Se io mi astenessi da determinate azioni a causa di dubbi morali, allora cesserei di essere un efficace speculatore. Non ho neanche l’ombra di un rimorso perché faccio un profitto dalla speculazione sulla lira sterlina. Io non ho speculato contro la sterlina per aiutare l’Inghilterra, né l’ho fatto per danneggiarla. L’ho fatto semplicemente per far soldi”.
A prioposito del premio da lui ricevuto ed intitolato a Tiziano Terzani, sul Messaggero Veneto, Nicola Oliva, bocconiano, esponente del Pd di Prato, amico del sindaco Matteo Renzi e il giornalista americano Andrew Spannau, hanno espresso non pochi dubbi, ricordando le molte ombre morali nella vita del finanziere ungherese-americano che si è fatto miliardario con le operazioni speculative che hanno impoverito intere nazioni.
“Da qualche tempo – hanno sottolineano Spannau e Oliva – Soros si è fatto filosofo. Parla delle imperfezioni dei mercati finanziari e della necessità di creare delle società “aperte”, in linea con la concezione dell’Open Society del suo mentore Karl Popper.
Per questa missione ha finanziato movimenti politici di opposizione in tutto il mondo. Non è un caso che le sue campagne mirino sempre a smantellare gli stati nazionali. Cosí, oltre agli attacchi speculativi, Soros ha sostenuto le rivoluzioni colorate in Ucraina, Georgia e Bielorussia; è anche il principale finanziatore della campagna mondiale per la legalizzazione degli stupefacenti e dell’eutanasia. Ma non si tratta certamente di anti-autoritarismo. Infatti, lo strapotere della famosa Troika – Unione Europea, Fmi, Bce – seppur priva di legittimazione popolare, gli sta benissimo. Anzi, nell’introduzione al suo La Crisi Globale propone dei meccanismi per assicurare che i paesi con problemi di bilancio seguano i dettami della Bce e dei governi tecnici. Cosí, dopo avere passato in rassegna i disastri provocati dai mercati finanziari, propone di imporre quegli stessi disastri in modo piú diretto”.
In definitiva l’idea di Soros è di imporre i sacrifici a noi per salvare la finanza, ma, nonostante il sito NoBigBanks chieda di fermare “il dirigismo speculativo per cui si salvano le banche con immissioni illimitate di liquidità e si distrugge l’economia reale applicando un modello neoliberista degno del vecchio impero britannico” e conclude “gli squali comandano, mentre la normale gente paga”, il Terzani va proprio a lui: uno autentico squalo.
In una recente intervista sul Corriere Giuliano Amato ha rievocato i suoi trascorsi di studente povero, ricordati anche in un libro da uno di quelli, Alberto De Maio. Sia nel libro che nella intervista Amato ha rievocato, commosso, l’amicizia giovanile con Tiziano Terzani, che diventò, poi, il suo angelo custode.
La doppia presenza in circiostanze diverse di Terzani mi ha fatto riflettere e pensare a come, molto spesso, gli ideali di uno servano a coprire di vernice dorata gli sbagli di altri.
E’ curioso e significativo credo, che nella stessa intervista Amato dica che all’Italia servirebbe un presidente Deng, vaticinando che “se il Pd non riesce finalmente a identificare se stesso con la costruzione di un futuro credibile per l’Italia, è evidente che la sua ragione sociale ha cessato di essere perseguibile, e diventa preda di lotte intestine che lo distruggono”.
Un futuro, dice lui, liberista e meritocratico, gli stessi termine che hanno portato allo squalismo economico e politico distruttivo di questi anni.
“Dottor Amato e Mister Hyde” titolva l’Espresso per una succosa intervista uscita il 31 maggio 1992 a firma Antonio Padellaro in cui “l’amico Franco” (Bassanini) affossava la giravolta del dottor Sottile, prima fiero avversario di Bettino Craxi e poi consigliere del Principe.
La vicenda di Amato e Bassanini è legata da sempre a filo doppio, anche se, sul Corriere, di lui Amato non parla, preferendo ricordare gli studenti poveri e meritevoli del periodo pisano.
Entrambi professori universitari che inframezzano l’attività accademica a frequenti incursioni politiche e istituzionali, socialisti anomali approdati successivamente in area Pd con relazioni a tutto tondo, uomini di potere inscalfibile, intelligenti, con la passione per Siena e la Toscana, Amato e Bassanini sono secondo “Linkiesta”, anche i convitati di pietra nel pasticciaccio brutto Mps, con nessuno che li tiri in mezzo più di tanto, sfiorati appena negli articoli come lord protettori di Giuseppe Mussari, chiamati obliquamente in causa dai “compagni” Vincenzo Visco e Luigi Berlinguer su Corriere e Repubblica.
Comunque, anche guardando allo specifico caso Mps, l’Italia è la Nazione delle ammucchiate che, in caso del “babbo Monte”, si sono composte un po’ con D’Alema, un po’ con Rosi Bindi (che è della vicina Sinalunga e si dice che l’arrivo di Profumo sia anche farina del suo sacco, poiché la moglie del banchiere è bindiana) e un po’ di Berlinguer e con alcuni uomini forti inscalfibili, come, appunto, Bassanini e Amato.
E siccome siamo più inclini alla ammucchiate che alle ragionevoli strategie condivise, perché meravigliarsi che dagli “spogliatoi toscani” il governo esca ancor più confuso, fragile e diviso?
“Le ragazze invitate ad Arcore facevano parte di un sistema prostitutivo organizzato per il soddisfacimento del piacere sessuale di Silvio Berlusconi”, ha detto lda Boccassini,nel corso della requisitoria in corso al processo Ruby al tribunale di Milano, riferendosi alle feste dell’ex premier, riprendendo un passaggio della requisitoria del collega Antonio Sangermano, interrotta oltre un mese fa e sul fatto che Karima El Mahroug, la giovane marocchina nota come Ruby, avesse meno di 18 anni, per il pm “non c’è dubbio che questo fosse noto” a chi organizzava le feste di Arcore nel periodo di settembre 2009 per l’allora premier Silvio Berlusconi.
L’accusa è grave e l’attaco a fondo e diretto; eppure non si tratta del problema principale su cui concentrarci, con un governo a rischio giornaliero e dei partiti di maggioranza o inpegnati a salvaguardare il proprio capo o a trovare una via d’uscita da un pericolo tracollo.
In conseguenza di attacchi anche non provocati ai danni di esseri umani, operati da alcune specie in particolare, gli squali hanno guadagnato la fama, solo in parte giustificata, di essere pericolosi.
Sognare uno squalo equivale a simboleggiare l’emersione dal profondo mare onirico, di contenuti rimmossi che ci spaventano o ci minacciano.
Avidità, ambizione, mancanza di scrupoli, crudeltà, sono i sentimenti he nessuno vuole ammettere o sentire, energie dell’ombra che ribollono imprigionate nell‘inconscio e che nei sogni sono rapprsentati dagli squali.
“Homo homini lupus” è frase attribuita ad Hobbes, ma pronunciata già da Plauto Erasmo da Rotterdam e Bacone e alla cui origine, secondo Gramsci, dovrebe avere origine da una formula degli ecclesiastici medioevali, in latino grosso: Homo homini lupus, foemina foeminae lupior, sacerdos sacerdoti lupissimus”, ma che oggi, davvero, dovrebbe essere aggiornata.
La mancanza di lavoro uccide, a volte velocemente, altre lentamente, in uno stillicidio che toglie la dignità e la voglia di vivere, come raccontano le cronache recenti.
L’italiano medio si dibatte fra mille incerteze, con un presente impoverito ed un futuro che si presenta gravido di disgrazie.
Il terremoto economico ha vibrato la sua grande scossa e ne minaccia altre e non di assesrtamento, sicché le macerie prodotte, come nei terremoti veri, sono l’unico orizzonde su cui organizzare una vita difficile e con speranze derubate.
Hobbes è lontano anni luce dal giusnaturalismo classico che vede nell’uomo stesso la possibilità di individuare naturalmente ciò che è buono e ciò che non lo è e basandosi su Tucidide e Lucrezio (che guarda caso erano latini, quindi italiani), descrisse con spietato realismo l’egoismo quasi bestiale dell’uomo e la vanità del suo continuo affaccendarsi nel mondo, con una concezione misantropica che lo portò a sostenere che l’uomo vive tutto immerso nel suo egoismo malvagio e che oggi sembra quanto mai attuale.
Scrisse lo sfiduciato filosofo inglese, che perché questo egoismo non diventi pericoloso, lo stato deve sapere bene incanalarlo e raffrenarlo. Ecco appunto lo stato, se davvero si è in grado di concepirlo, sostenerlo, condividerlo e portarlo a compimento.
Carlo Di Stanislao
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