“Ho acquistato un senso dell’appartenenza che non avevo mai sentito”, “non siamo buoni né a ricostruire né a protestare”. Due delle tante frasi colte durante lo spettacolo di cine-teatro “Aquilane, voci e visioni da una città dispersa” messo in scena a Monticchio, Gran Teatro Parco delle Arti, domenica 19 maggio 2013. Lo spettacolo è stato pensato e realizzatto da associazioni aquilane che operano nel campo dello spettacolo: Animammersa, Big Sur, Officina Visioni in collaborazione con la Società “B. Barattelli”. E’ uno spettacolo coinvolgente, commovente, fatto fondendo varie tecniche comunicative: parola, musica e immagini.
Mi pare dunque doveroso ripensare a qualche aspetto della recente storia aquilana da cui questo spettacolo germoglia. Subito dopo la fine della guerra, dal 1945 ad oggi, a L’Aquila c’è stato un fiorire di iniziative a carattere culturale, che hanno portato alla nascita della Società dei Concerti intitolata a Bonaventura Barattelli, seguita da tante altre istituzioni nate nel campo musicale, quali il Conservatorio “Casella”, I Solisti Aquilani e l’Istituzione Sinfonica Abruzzese. Nel campo delle arti figurative, dall’esperienza e dall’opera di tanti artisti aquilani, sono nate l ’Accademia delle Belle Arti, l’Accademia dell’ Immagine. Inoltre sono nati ed operano, nonostante tante difficoltà, il Teatro l’Uovo ed il Teatro Zeta che hanno svelato ed insegnato i segreti del palcoscenico a tanti giovani aquilani. Tutto ciò mentre l’Università degli Studi statale, motore di attività di ricerca in campo umanistico e scientifico, fioriva e cresceva per numero di studenti e qualità dell’ offerta formativa.
E’ da questo fertile, ricchissimo ed operoso terreno di ricerca ed impegno culturale che nasce uno spettacolo come “Aquilane”. Ha ripercorso tutta la vicenda del sisma e del dopo sisma, fondendo esperienze teatrali, cinematografiche e musicali. Partendo dalla rappresentazione delle macerie materiali ed umane di quella notte, passa a rappresentarne il seguito, puntando l’attenzione sul progetto C.A.S.E., che, dando un’abitazione provvisoria/permanente a molti, ha di fatto dimenticato nell’abbandono totale il vecchio centro storico. E’ un progetto alternativo e sostitutivo della sua ricostruzione che rende difficilissimo, e forse per molti impossibile, il ritorno alle case d’origine, quelle vere. Dunque ecco nascere sentimenti di appartenenza alla comunità forse prima ignorati o meno sentiti, e desideri di protesta, mai espressi del tutto e sempre da una sola parte della popolazione. Non dimentichiamo che ancora oggi c’è chi dice che L’Aquila, nella sua tragedia, ha avuto molto, forse troppo, volutamente ignorando l’ opinione di chi avrebbe preferito minori spese per il provvisorio e un maggiore ed immediato impegno per il centro storico.
Dunque questo spettacolo è una bellissima ed efficace espressione dell’ aquilanità verace, fatta di cultura antica e recente, coltivata e praticata con passione da tanti, ieri ed oggi, e che trova tecniche, competenze ed abilità per esprimere la difficilissima realtà ed i sentimenti di oggi, nella bellezza dell’arte. Bellissimo, un ottimo motivo in più per la partecipazione dell ’Aquila al concorso di capitale della cultura ’19, sfida quasi impossibile, vista la concorrenza delle altre città aspiranti al titolo, ma fortemente stimolante, per tutti quelli che amano mettersi in gioco per trasformare sogni in realtà.
Emanuela Medoro
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