Salute: legionella, le regioni del nord le più colpite dal virus

Le regioni italiane più colpite dal virus della legionella sembrano essere quelle centro settentrionali “solo perché ci sono più controlli”. Così la dottoressa Marina Rotondi, responsabile del Laboratorio analisi cliniche Marilab S.r.l, e del laboratorio Marilab Haccp accreditato ACCREDIA, spiega come mai nel sud siano stati riscontrati meno casi di contagio. Ridurre i livelli di […]

Le regioni italiane più colpite dal virus della legionella sembrano essere quelle centro settentrionali “solo perché ci sono più controlli”. Così la dottoressa Marina Rotondi, responsabile del Laboratorio analisi cliniche Marilab S.r.l, e del laboratorio Marilab Haccp accreditato ACCREDIA, spiega come mai nel sud siano stati riscontrati meno casi di contagio. Ridurre i livelli di contaminazione degli impianti idrici di tutte le grandi strutture pubbliche e private presenti nella sanità, nello sport e nel turismo è “importante per limitare la possibilità di contrarre la Legionella”. Innanzi tutto esistono diverse forme di legionellosi e non tutte possono causare decesso. “Quella più severa, cioè con il più elevato tasso di mortalità – precisa Rotondi – è la malattia dei legionari, che si manifesta come una polmonite e si cura con gli antibiotici. Ha un periodo di incubazione che varia dai 2 ai 10 giorni”. La febbre di Pontiac, invece, è una forma “meno severa di Legionellosi e si manifesta come un’influenza, con un periodo di incubazione di 24-48 ore. È autolimitante, nel senso che si risolve da sola”. Infine, c’è la forma subclinica in cui il paziente “non manifesta alcuna sintomatologia, saprà di essere entrato in contatto con la legionella solo perché nel suo organismo risulteranno presenti anticorpi specifici”. Non sono stati “mai segnalati casi di trasmissione inter-umani – chiarisce l’analista – l’unico modo di prenderla è inalando acqua contaminata”. Il batterio può essere diagnosticato attraverso diverse tipologie di indagine: “La ricerca dell’antigene solubile urinario ha il limite di essere specifica per il solo siero gruppo 1 della Legionella pneumophila e se ci fosse un altro serio gruppo questo non verrebbe trovato. È il test più diffuso anche perché dopo poche ore, al massimo 24, dà una risposta”. A seguire c’è il metodo culturale, “altamente specifico, però molto lungo. Possono essere necessari fino a 14 giorni per arrivare ad un risultato positivo. Di routine – ricorda Rotondi – non viene utilizzato, ma può essere utile per capire che tipo di Legionella sia stata contratta”. La ricerca sierologica degli anticorpi ha invece “un valore predittivo positivo molto basso, ma è utile per capire se c’è stato un aumento del titolo anticorpale. Se a distanza di un paio di settimane il titolo anticorpale si è innalzato allora si può diagnosticare una legionellosi”. Infine ci sono l’immunofluorescenza diretta, “che richiede una buona esperienza dell’operatore nella lettura del
preparato, e la PCR (reazione a catena della polimerasi) con cui si ricercare il DNA batterico”.

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