James A. Mirrlees, Nobel all’Economia nel 1996, ha chiuso ieri l’edizione 2013 del Festival dell’Economia di Trento, affermando che sarebbe folle per l’italia, con tassi così alti di disoccupazione, uscire dall’Euro ed è meglio per lei trattare con la Germania.
Dichiarandosi poi un convinto assertore del “welfare state”, pure si è chiesto come fare a porre termine a “politiche di austerity” ed ha tratteggiato un panorama europeo a geometria variabile, dove vi sono alcuni Stati “che non se la cavano troppo male” (la Germania, ma anche la Polonia e il Regno Unito) ed altri che hanno invece subìto drastici cali negli investimenti, con conseguenze drammatiche sull’occupazione e “meno drammatiche”, secondo il premio Nobel, sul Pil; sicché la BCE dovrebbe fare di più e differenziare i prori interventi, interropendo quella pericolosa frammentazione, che fa sì, ad esempio, che il costo del denaro, nell’eurozona, sia lo stesso per tutti, mentre per le aziende italiane o spagnole indebitarsi è molto più costoso che per le aziende tedesche o francesi.
A Trento sono passati Letta ed Amato con le solite ricette fatte di parole più che di decisioni concrete e di fatti.
E, sempre in chiusura, Roberto Saviano, anche lui con un oceano di parole già note e per questo irritanti.
Sul palco anche la Camusso e Rodotà, mentre assenti sono restate le idee vere e nuove per uscire da questa crisi che si fa ogni giorno più scura.
Molti (tanti), numeri econometrici, senza idee feconde capaci di rompere con il passato, con tanti big che alla fine hanno insegnato, ai volenterosi giovani presenti, non a pensare criticamente, da veri intellettuali o tecnici, ma ad agire come meri funzionari, capi-progetto o consulenti.
Come ha commentato duro Fabio Papinato su La Stampa, le idee non sbocciano dai progetti di “technical assistance”, dai “capacity building” e nemmeno dai “brain storming”, ma dal lavoro continuo, dall’impegno costante, dalla dedizione generosa per un futuro autonomo e nuovo.
Ma di tutto questo ni vi è stata traccia in questa ottava edizione di un Festival con direzione scientifica targata Beori.
La novità che spunta sulla lingua di Letta è di aprire al presidenzialismo con una modifica dell’attuale sistema di elezione del capo dello Stato, che intercetta i desiderata del Pdl, favorevole all’elezione diretta del presidente della Repubblica, tanto che il vicepremier e segretario politico Angelino Alfano raccoglie immediatamente l’assist e parlando a margine della parata del 2 giugno, come ministro dell’Interno, spiega che “se riuscissimo a farla) sarebbe una grande prova di democrazia”.
Ed anche se, durante la stessa celebrazioone in tono ridotto (niente Frecce Tricolori), Naplitano dice che “il presidenzialismo non è una priorità”, il solito teatrino politico si riattiva su temi che lo riguardano e gli permettono di prendersi una comoda distrazione dai guai veri e concreti del Paese.
Grillo attacca e dice che di fronte a una crisi economica sempre più allarmante, “il governo fa solo proclami e si balocca con il presidenzialismo”.
Si arrabia Vendola e il suo Sel e frena anche Lega, con Roberto Maroni che afferma: “il capo dello Stato lo abbiamo appena eletto, mi pare francamente una riforma adesso assolutamente inutile”.
Però, anche dalle loro parti, nesuna proposta concreta su lavoro ed economia.
Durante questa edizione del Festival dell’Economia, si è discusso di: “Un paese che non esiste: il Mozambico tra sovranità e dipendenza” e, in collegamento, Elisio Macamo, sociologo mozambicano e professore di Studi Africani all’Università di Basilea, ha dichiarato provocatoriamente che il suo Paese natale in realtà non esiste, perché dipendente dagli aiuti esterni e pertanto non dotato di piena sovranità.
Ma allora viene da chiedersi: esiste il nostro di paese, con politici distratti dai loro giochini ed una Europa berlinizata che decide a sua discrezione se, a chi e quali aiuti dare?
Carlo Di Stanslao
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