Astronomi Eso scoprono stelle variabili iperveloci

“Le esigenze dei molti contano più di quelle dei pochi, o di uno”. Spazio, ultima frontiera. Possono minuscole variazioni di luminosità rivelare una nuova categoria di stelle nel Cosmo? Certamente, sì. Ne sono convinti non soltanto gli eroi della Flotta Stellare e della Federazione Unita dei Pianeti, imbarcati sulla USS Enterprise per la loro dodicesima […]

“Le esigenze dei molti contano più di quelle dei pochi, o di uno”. Spazio, ultima frontiera. Possono minuscole variazioni di luminosità rivelare una nuova categoria di stelle nel Cosmo? Certamente, sì. Ne sono convinti non soltanto gli eroi della Flotta Stellare e della Federazione Unita dei Pianeti, imbarcati sulla USS Enterprise per la loro dodicesima avventura cinematografica di sempre, la seconda del regista J.J. Abrams con Star Trek XII – Into Darkeness in 3D (pretendere la visione con gli occhiali 3D trasparenti e non più scuri, perché il Cinema è luce anche nel freddo spazio siderale, è oggi un diritto sacrosanto di tutti!) ma anche alcuni astronomi svizzeri dell’Osservatorio europeo australe. Che hanno trovato, con il loro telescopio Eulero da 1,2 metri di diametro, a La Silla in Cile, un nuovo tipo di astro caratterizzato da pulsazioni molto interessanti anche per il signor Spock. La scoperta si basa sull’individuazione di minuscole variazioni di luminosità di alcuni astri nell’ammasso stellare aperto NGC 3766. Le osservazioni dell’ESO hanno rivelato alcune proprietà di queste stelle precedentemente sconosciute che, sfidando le teorie correnti, pongono interessanti domande sull’origine della variabilità. Evidentemente da studiare in situ grazie a vere astronavi interstellari come l’Enterprise di Star Trek. Gli svizzeri sono giustamente famosi nell’Universo per la loro maestria nel creare componenti tecnologiche molto precise. Ora un’equipe svizzera dell’Osservatorio di Ginevra ha raggiunto una precisione straordinaria usando un telescopio relativamente piccolo per un programma osservativo eccezionalmente esteso nel tempo. Hanno così scoperto una nuova classe di astri variabili misurando minuscole variazioni della loro luminosità. Un successo degno di un encomio ufficiale della Flotta Stellare. I nuovi risultati si basano su misure regolari della luminosità di più di tremila stelle nell’ammasso NGC 3766 su un periodo di almeno sette anni. L’ammasso è uno tra i tanti compresi in questa grande campagna di monitoraggio. NGC 3766 si trova a circa 7000 anni luce dalla Terra, nella costellazione australe del Centauro, e si stima che abbia un’età di circa 20 milioni di anni. Le nuove misure svizzere dell’Eso rivelano come almeno 36 stelle dell’ammasso seguano un modello inaspettato: presentano infatti variazioni di brillanza regolari, a livelli dello 0,1 percento del normale valore di luminosità. Queste variazioni hanno periodi di circa 2 e 20 ore. Le stelle sono un po’ più calde e più luminose del nostro Sole, ma per il resto apparentemente insignificanti. La nuova classe di astri variabili deve ancora ricevere un nome ufficiale. Speriamo sia dedicato al geniale Gene Roddenberry, creatore della buona fantascienza letteraria e cinematografica di Star Trek che da 50 anni ispira i migliori astronauti e scienziati del mondo nelle loro attività di ricerca e nelle loro imprese. La Scienza, infatti, senza la fantasia non avrebbe futuro, come rivela Albert Einstein! Il livello di precisione nelle misure svizzere è due volte migliore di quello ottenuto da studi analoghi con altri telescopi e più che sufficiente per scoprire per la prima volta queste minuscole variazioni. “Abbiamo raggiunto questo livello di sensibilità grazie alla qualità elevata delle osservazioni combinate con un’attenta analisi dei dati – rivela Nami Mowlavi, a capo dell’equipe di ricerca ESO – ma abbiamo anche svolto un ampio programma di osservazioni che è durato circa sette anni. Probabilmente non sarebbe stato possibile ottenere così tanto tempo osservativo su un telescopio più grande”. La scoperta è stata presentata nell’articolo “Stellar variability in open clusters I. A new class of variable stars in NGC 3766”, di N. Mowlavi et al., pubblicato dalla rivista Astronomy & Astrophysics il 12 Giugno 2013. L’equipe di ricerca dell’ESO è composta da N. Mowlavi, F. Barblan, S. Saesen e L. Eyer. Tutti e quattro gli autori dello studio sono dell’Osservatorio di Ginevra, in Svizzera. Gli astronomi sanno che molte stelle sono variabili o pulsanti, poiché la loro luminosità apparente cambia nel tempo. Il modo in cui la luminosità cambia dipende in maniera complessa dalle proprietà e caratteristiche del nucleo stellare dove avvengono le reazioni di fusione termonucleare e dalla fisica dei potenti campi magnetici dell’astro. La maggior parte dell’energia emessa dalle stelle è di natura magnetica. Questo fenomeno ha permesso lo sviluppo di un intero ramo dell’Astrofisica, noto come Astrosismologia, in cui gli scienziati possono “auscultare” le vibrazioni stellari per verificare le proprietà fisiche delle stelle e comprenderne meglio il funzionamento interno. “L’esistenza stessa di questa nuova classe di stelle variabili è una sfida per gli astrofisici – osserva Sophie Saesen del team ESO – le teorie attuali prevedono che la luce di questi astri non debba nemmeno variare periodicamente, così i nostri sforzi sono al momento tutti concentrati a trovare ulteriori informazioni sul comportamento di questo strano nuovo tipo di luminare”. Un’impresa degna del personale scientifico dell’Enterprise riconoscibile dalla caratteristica divisa azzurra, il colore sabaudo caro agli Italiani in quanto sacro a Maria Santissima. Anche se la causa della variabilità astrale rimane solo per il momento ignota, c’è un indizio allettante che farebbe drizzare le orecchie a punta vulcaniane dello scienziato Spock: alcune delle stelle osservate dagli astronomi ESO sembrano essere rotatori veloci. Girano cioè a una velocità superiore alla metà della velocità critica, la soglia al di sopra della quale la stella diventa instabile e spinge materiale nello spazio circostante. Se non vanno in pezzi, poco ci manca! Come accade ai motori gravitazionali “a curvatura” dell’Enterprise quanto il capitano Kirk comanda all’ingegnere Montgomery Scotty di spingerli al massimo per prestare soccorso su un lontano esopianeta alieno della Galassia. “In queste condizioni, la rotazione veloce dell’astro avrà un’influenza fondamentale sulle proprietà interne – spiega Mowlavi – ma non siamo ancora in grado di produrre modelli adeguati della variazione di luminosità. Speriamo che la nostra scoperta incoraggi gli specialisti ad affrontare il caso nella speranza di comprendere l’origine di questa variabilità misteriosa”. Nella nostra economia in crisi, basata sui combustibili fossili terrestri, non potremmo mai ideare, costruire e varare un vascello interstellare superaccessoriato come l’Enterprise di Star Trek, dal valore inestimabile. Eppure ci sono voluti 190 milioni di dollari per portare di nuovo nello spazio il fantastico equipaggio guidato dal capitano James Tiberius Kirk: il nuovo film Star Trek – Into Darkness della Paramount Pictures è sui grandi schermi in 3D di tutto il mondo e dal 12 Giugno 2013 anche nelle sale italiane. Avremmo gradito la Première in contemporanea mondiale, per il contributo scientifico e tecnologico offerto dagli scienziati italiani al mondo, anche per l’eventuale futura invenzione del Warp Drive. Nel cast del kolossal di J.J. Abrams, incontriamo Chris Pine, Zachary Quinto, la brillante Zoe Saldana e l’affascinante “new entry” Alice Eve. Quattro anni dopo il terremoto di L’Aquila (Mw=6.3; 309 morti e 1600 feriti) e il varo della sua nuova Enterprise (Maggio 2009) in un universo parallelo (rispetto alla serie classica creata negli Anni Sessanta da Gene Roddenberry), già pronto a firmare l’altra saga interstellare, il settimo capitolo di Star Wars, il geniale regista visionario J.J. Abrams, l’erede di Spielberg, definito il nuovo “gigante di Hollywood”, conquista le sale italiane con la nuova avventura del capitano Kirk, del suo equipaggio e della Flotta Stellare, un’Organizzazione umanitaria votata alla Pace Universale, fondata in collaborazione con i Vulcaniani, una razza umanoide pacifica e razionale del pianeta Vulcano. Into Darkness è il dodicesimo capitolo cinematografico di Star Trek. Il secondo della versione Abrams dopo “Star Trek XI – Il futuro ha inizio”, il primo film basato sul romanzo di Alan Dean Foster, scritto da Roberto Orci e Alex Kurtzman. La pellicola incassò 385 milioni di dollari al box office. In questa nuova fatica, la prima nella storia del cinema ad essere girata in Imax e poi convertita in 3D (postproduzione), Abrams riporta Kirk e compagni nello spazio profondo e sulla Terra, rendendo al capitano il ruolo da vero protagonista che gli compete da sempre. Dove sono gli Stati Uniti d’Europa del futuro? Che fine ha fatto l’Euromoneta? Perché è Kirk il simbolo per eccellenza di Star Trek insieme a quella magica Uss Enterprise che compare in orbita terrestre lucida, linda, potente e perfetta all’inizio del film. Ma inabissata e semidistrutta alla fine, dopo l’incontro con il Male di turno. Nuove, ipertecnologiche e scintillanti le divise della Flotta Stellare, degne di una sfilata accademica di Alta Moda su Misura a Roma con i Maestri Sartori, gli artigiani che, 500 anni dopo la fondazione della loro Accademia grazie alla Chiesa Cattolica, oggi possono salvare l’Italia e i giovani. Star Trek non potrebbe sussistere senza l’astronave Enterprise. Come gli eroi di “Starblazer” sulla loro corazzata Yamato. Ma l’Enterprise è diversa. Non è la nuova arca dell’alleanza. Non è una divinità pagana. Non è uno strumento di morte. Ma di famiglia naturale e di vita. Non è frutto della magia. In apertura della pellicola, certamente, tale potrebbe apparire ai primitivi abitanti di un pianeta alieno che il capitano Kirk salva da un’imminente estinzione di massa. La missione quinquennale dell’astronave deve ancora cominciare nel nuovo universo parallelo di Abrams: esplorare angoli sconosciuti del Cosmo, alla ricerca di nuove forme di vita e civiltà, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima, è la vocazione di Star Trek, della Flotta Stellare e della Federazione Unita dei Pianeti. Ma ora la storia si svolge in una Londra del futuro che pare non abbia saputo superare la “fase” immorale europea. Un grande archivio della Flotta Stellare viene fatto saltare in aria nel cuore della City dal misterioso “villano” John Harrison (Benedict Cumberbatch), un uomo comparso dal nulla e dalla forza sovrumana. La Uss Enterprise, la nave ammiraglia più vicina al teatro della crisi, viene richiamata sul pianeta Terra per combattere il Male. Harrison si rifugia su Kronos, il pianeta-capitale dei Klingon, la razza aliena guerriera e fiera per eccellenza. Il capitano Kirk (Chris Pine) guida il suo equipaggio verso la “zona proibita” per catturare o uccidere il ribelle. Dopo una furiosa battaglia epica il film si chiude nuovamente a Londra, con buona pace di quei fan che si aspettavano Roma, il freddo spazio cosmico dove servire la vendetta, i pianeti sconosciuti e il bestiario alieno più paludato di sempre. Sarà per la prossima volta con Star Trek XIII. Gran parte del nuovo Star Trek Into Darkness si svolge all’interno della mitica Enterprise, fra la sala comando, le “diavolerie” tecnologiche supersottili 3D al grafene che tra poco speriamo (superata la crisi economica!) di poter acquistare e la magnifica sala macchine del Warp Drive, con tutto il corredo di siluri fotonici all’antimateria rigorosamente made in Italy, detonazioni spaziali, motori in avaria, cannonate laser da capogiro, inversioni di marcia. E, naturalmente, la velocità di curvatura nel pieno rispetto delle fantastiche e incredibili ma vere equazioni relativistiche di Albert Einstein. Con buona pace delle scommesse perse dal fisico Stephen Hawking, protagonista di un episodio della serie Star Trek Next Generation nei primi Anni Novanta. Insieme a Chris Pine, incontriamo l’ottimo Zachary Quinto. È suo il volto di un signor Spock (mezzo terrestre e mezzo vulcaniano) prossimo alla definitiva metamorfosi iniziata nel primo film di Abrams con l’addio al Kolinahr (ko-li-naar), all’impassibilità razionale ormai proverbiale, agli sguardi stupiti davanti alle fragili emozioni umane. Il rituale vulcaniano durante il quale si dimostrava che tutte le emozioni residue fossero state rimosse, il Kolinahr, è la disciplina mentale tramite la quale il Vulcaniano abbraccia la dedizione alla pura logica. Apparentemente non tutti i Vulcaniani necessitano di questo trattamento per liberarsi dalle emozioni. La durata del Kolinahr, con una formazione quasi monastica, può variare da due a sei (o più) anni. Ora, però, Spock si arrabbia come tutti gli altri, alza la voce e, incredibile ma vero in questi tristi tempi di perversioni etiche e cinematografiche imperanti, addirittura bacia la bella Nyota Uhura, una magnifica Zoe Saldana (protagonista Na’vi su Pandora del kolossal Avatar di James Cameron) che fa da contraltare alla bionda dottoressa Carol Marcus (Alice Eve), la donna di Kirk. Nell’umanizzazione dell’ufficiale scientifico vulcaniano, forse Abrams rischia più volte di disintegrare “a livello mesonico” la storica architettura psicologica triassiale portante dell’intera storia, tra Spock, Kirk e il medico Leonard McCoy, relegando la loro vera amicizia pura, qua e là, a un indistinto “spettro” nelle rare schermaglie divertenti della pellicola. È quasi un ricordo l’amicizia esistente tra i tre protagonisti assoluti della Flotta Stellare nella serie classica di Star Trek. I pervertiti potranno forse cogliere nel rapporto dei tre, alcune allusioni innaturali. Ma è falso. La purezza etica e morale di Star Trek, notoriamente conservatrice innovatrice, non sembra in discussione! Fiumi di inchiostro sono stati versati per dimostrarlo scientificamente nei capitoli precedenti della saga (cf. L’Etica di Star Trek, di Judith Barad & Ed Robertson, Longanesi; e La Fisica di Star Trek, di Lawrence M. Krauss, Longanesi). Certamente, il 22 Novembre 1968, a due anni dalla nascita della saga varata da Roddenberry l’8 Settembre 1968, milioni di telespettatori negli Usa assistono al primo bacio naturale “interrazziale” nella storia della televisione, tra la “nera” Uhura (Nichelle Nichols) e il “bianco” capitano Kirk (William Shatner). Un tabù vero viene infranto 103 anni dopo la Guerra Civile americana combattuta dagli uomini di colore in giacca blu liberati dal loro Presidente unionista Abramo Lincoln, il fondatore degli Stati Uniti d’America. Grazie alla fantascienza di Star Trek che rende omaggio a Lincoln in varie occasioni. Speriamo che il regista J.J. Abrams non si lasci condizionare dalle immonde mode cinematografiche degli Anni Dieci del XXI Secolo, veicolate da multinazionali senza scrupoli, nel prossimo capitolo di Star Trek XIII previsto per il 2016. Speriamo ambientato in Italia, magari a Roma e nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn. Se così non fosse, i fan di Star Trek insorgeranno in quanto non si tratterebbe del superamento di un tabù omofobico interstellare peraltro già “affrontato” nelle altre serie degli Anni Novanta, ma di un tradimento dell’opera di Gene Roddenberry. Le perversioni umane incomprensibili alle altre specie aliene della Galassia ed ai cultori di Star Trek, applicate a una saga eticamente pura che merita di essere tramandata alle future generazioni come Roddenberry l’ha creata, non potranno mai sbarcare sull’Enterprise, per rimpiazzare i valori eterni come l’amicizia, il senso del dovere, la responsabilità del comando, il sacrificio della vita per il prossimo, con comportamenti indecorosi oggi giustificati e promossi dalle più alte “sfere” politiche mondiali. In tutte le razze, compresa quella umana, le regole naturali esistono per essere rispettate e non infrante. Sono i valori evangelici universali di Star Trek che sembra tenere a debita distanza DIO e la religione, privilegiando una visione antropocentrica laica. Ma non è così. Non ci sono solo gli inalienabili diritti umani da difendere! Se Into Darkness con il cameo per il grande Leonard Nimoy, il celebre Spock della serie tv originale di Star Trek, sembra così diverso, una ragione logicamente deve poter sussistere. E William Shatner, il capitano Kirk di sempre? Altri tabù veri meritano di essere infranti nel mondo e in Italia grazie a Star Trek. Come la liberalizzazione e la privatizzazione dell’impresa spaziale privata, nei laboratori, nei centri di ricerca, nelle industrie e nelle università. Perché è stata premiata la ricerca italiana dall’European Research Council con un finanziamento di 3,5 milioni di euro, partito da pochi giorni con il progetto SOX (Short distance neutrino Oscillations with BoreXino). Il riconoscimento (ERC Advanced Grant) è stato attribuito nell’ambito del VII Programma Quadro europeo a Marco Pallavicini, professore all’Università di Genova e ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Principal Investigator di SOX. Il progetto sarà sviluppato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn di L’Aquila in Abruzzo (Italia) ed avrà una durata di cinque anni. L’obiettivo di SOX è la rivelazione di Neutrini particolari, detti “sterili”, con il principale rivelatore di queste quasi inafferrabili particelle elementari che tutto attraversano nel Cosmo. La materia normale e quella oscura. Crediamo che J.J. Abrams sappia che i Neutrini solari e geofisici, tra tutte le esperienze oggi in funzione nel mondo, vengono regolarmente catturati da Borexino, l’esperimento Infn sviluppato e messo in funzione ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso da una collaborazione internazionale di circa 100 fisici provenienti da Italia, Usa, Russia, Germania, Francia e Polonia. SOX studierà un aspetto delle oscillazioni del Neutrino, il fenomeno in base al quale i tre Neutrini conosciuti (elettronico, muonico o tauonico) si trasformano l’uno nell’altro con variazioni periodiche durante la loro propagazione nello spaziotempo. In particolare, questo fenomeno, che è stato osservato anche di recente dall’esperimento OPERA ai Laboratori Infn sotto la montagna del Gran Sasso d’Italia, presenta alcune anomalie e non spiega il numero di Neutrini prodotti, inferiore a quanto previsto teoricamente. Una possibile spiegazione della “scomparsa” dei Neutrini, suffragata anche da risultati recenti, prevede l’esistenza di altri tipi di particelle, i Neutrini “sterili”, che si mescolerebbero con i tre noti: non interagendo attraverso nessuna delle Quattro interazioni fondamentali della Natura previste dal Modello Standard (elettrica, magnetica, nucleare forte e debole), i “nuovi” Neutrini sarebbero poi ancora più elusivi dei “classici” Neutrini conosciuti. SOX studierà nel dettaglio la scomparsa del Neutrino elettronico a breve distanza dalla sorgente, già osservata da diversi esperimenti. L’esperienza sfrutterà un innovativo generatore artificiale di Neutrini (o di Antineutrini) posto vicino o all’interno del rivelatore Borexino dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Grazie alle particolari condizioni di “silenzio cosmico” della montagna e, quindi, alla relativa distanza di sicurezza dalle centrali nucleari europee più vicine che, al di là dei nostri confini italiani, producono regolarmente Neutrini artificiali. Oltre allo sviluppo dell’innovativa tecnologia per produrre Neutrini in grande quantità a breve distanza dal rivelatore (utile anche sulla nave Enterprise e nei sensori dei famosi Tricorder medici e geofisici di Star Trek, di imminente invenzione!) saranno elementi-chiave di questo esperimento l’elevatissima sensibilità di Borexino, le sue grandi dimensioni e il livello estremamente basso di radioattività presente ai Laboratori Infn del Gran Sasso. Notizie che faranno gola anche al regista J.J. Abrams per la sua terza pellicola della saga di Star Trek. La sensibilità attesa, in particolare, sarà sufficiente a garantire o una chiara scoperta o l’esclusione di Neutrini sterili come spiegazione delle Anomalie del Neutrino. “In caso di successo, la dimostrazione dell’esistenza dei Neutrini sterili significherà l’apertura di una nuova era nella fisica fondamentale delle particelle e nella cosmologia – osserva Marco Pallavicini, coordinatore del progetto – sarebbe il primo segnale inequivocabile dell’esistenza di particelle oltre il Modello Standard “elettrodebole” con profonde implicazioni sulla nostra comprensione dell’Universo e nuovi indizi sulla natura della Materia Oscura. Nel caso di un risultato negativo, saremmo in grado di dare un sostanziale contributo al dibattito circa la realtà delle Anomalie dei Neutrini, avremmo esplorato l’esistenza di nuova fisica nelle interazioni di Neutrini a bassa energia e saremo in grado di fornire misure di grande precisione, di grande utilità per la rivelazione dei Neutrini solari con Borexino”. Crediamo che a J.J. Abrams importi moltissimo dei fan italiani di Star Trek. Poiché il Nostro ama cambiare le carte in gioco con grande ironia, navigando a piacimento tra eventi, personaggi e caratteri classici, pur mantenendo fissi nomi e ruoli, e dal momento che, a giudicare dal risultato, riesce a farlo molto bene, non gli resta che ascoltare anche gli scienziati italiani fan di Star Trek. La sua interpretazione (per alcuni, “reboot”) della saga di Roddenberry funziona su livelli multipli interagenti: appassiona tutti i tipi di pubblico e, inutile negarlo, il nuovo film Into Darkness è un gran bel capolavoro cinematografico, imponente, divertente, sapiente e coinvolgente. Gli occhialini 3D classici “scuri”, da inforcare per forza o per buona volontà, certamente spezzano quest’armonia. Perché il Cinema è luce. Avremmo gradito un’evoluzione tecnologica universale per tutti. È inqualificabile dimezzare la luce di Star Trek in pieno spazio cosmico. Meglio il 2D classico di Star Trek Into Darkness che potremo gustare in Dvd o nell’autentico 3D luminoso dello schermo retina ad alta risoluzione dell’iPad grazie al nuovo sistema operativo “iOS7” appena annunciato dalla Apple Inc. al WWDC 2013 di San Francisco. Se già nel primo capitolo della saga, Abrams sfiora temi e storie già raccontati, sviscerati ed analizzati nel Continuum dell’epopea classica di Star Trek, ora affonda ancora più le mani nella mitologia fantascientifica di Gene Rodenberry per rimescolarla con gusto “a freddo” come la materia e l’antimateria nel Warp Drive dell’ingegnere Scotty. Il viaggio nel tempo è immediato. A molti non piace l’operazione di Abrams già vista in “Lost” e “Super 8”. Ma le musiche di Michael Giacchino e la sceneggiatura di Damon Lindelof reggono tutto l’impianto. Sfido chiunque in Italia e in Europa a rimettere in scena ex novo Star Trek rispettando le volontà del suo creatore originale. Dove Abrams si concede ogni sua più temeraria liberalità in Star Trek XII Into Darkness? Abbiamo già visto in “Super 8” quanto Abrams sia un perfetto discepolo di Spielberg. Tutta la sua scienza narrativa è diretta emanazione del grande maestro di Hollywood. Anche in Star Trek XII non ci si ferma mai e ogni cosa viene raccontata ed alimentata dalla corsa, dalla velocità, dal passo celere degli ufficiali della Flotta Stellare nei luminosi e splendidi corridoi della Uss Enterprise che nessun occhiale oscuro 3D potrà mai più permettersi di spegnere! Il tutto è condito dall’ironia di Abrams che abbiamo imparato a conoscere fin dall’inizio degli Anni Ottanta. Non è più un mistero chi sia il “villain” di questo nuovo film. Sarà un ex buono o un cattivo primordiale? Abrams non si limita a raccontare il personaggio malvagio, ma offre il destro a tutta una serie di citazioni, ribaltamenti di campo, battute e scherzi chiaramente relativi all’Ira di Khan – Star Trek II, AD 1982, per cogliere i quali si consiglia la visione di tutte le pellicole e le serie. Ma Star Trek XII è solo l’ultimo capitolo di una saga di film e telefilm immortali che in questi 50 anni ha riportato al Cinema qualcosa di mai già noto e visto. Troppo banale parlare di un remake in 3D di una serie Tv del passato. Abrams riesce a imbastire una trama non troppo complessa o contorta che gli consente di poter dialogare con il proprio modello originale di Roddenberry chiedendo apertamente dei consigli al suo creatore come la sonda aliena nella prima storica pellicola di Star Trek The Motion Picture del 1979. I Trekker sono avvisati. Il personaggio di Spock, reso ben più emotivo di quanto sia mai stato non solo nel primo geniale episodio della serie classica (“Lo Zoo di Thalos”), è per Abrams diverso ma assolutamente normale per tutti gli universi di Star Trek. Certamente Into Darkness lavora molto su questa linea di confine per arrivare esplicitamente a qualcosa di estremamente evangelico cinematograficamente parlando. Star Trek, lo ripetiamo, non cederà mai alle pressioni delle lobbies omosessuali, a quella strana flessione psichiatrica, peraltro sperimentata in altre pellicole fanta-immorali, di ritrarre il rapporto tra uomini e tra donne in maniera apertamente sentimentale, distruggendo così l’amicizia in nome dei presunti “nuovi diritti civili”. Il rispetto della persona è assolutamente garantito in Star Trek dove non esistono logiche omofobiche. Ma l’amicizia pura e la famiglia naturale sono un’altra cosa. E dominano sempre in Star Trek XII che non è un videogioco! È cinema d’azione ricco di valori e dal potenziale narrativo virtualmente infinito. Perchè non nasce da un videogioco. Non ci si lasci fuorviare dall’incipit panoramico in perfetto stile Temple Run, dalla suggestiva sequenza mozzafiato del tuffo da una nave all’altra che pare un corso per astronauti privati alle prese con i loro veicoli spaziali personali o dall’incredibile performance stratosferica della Flotta Stellare degna di Felix Baumgartner, Guinness World Recordman, lo skydiver pluridecorato europeo, il parà stratosferico, il primo uomo supersonico della Storia che Domenica 14 Ottobre 2012 si è lanciato nel vuoto da oltre 39mila metri di altezza raggiungendo e superando la velocità di 1.227,6 Km/h per battere il record di altitudine stabilito sull’Oceano Atlantico dal colonnello Joe Kittinger il 16 Agosto 1960. Sessantacinque anni dopo la celebre impresa di Charles “Chuck” Yeager immortalata nel film “The Right Stuff” di Philip Kaufman. Guerre stellari, Star Trek, i vulcaniani con le orecchie a punta, la maglia attillata del comandante Kirk, Luke Skywalker e Han Solo, possono andare assolutamente d’accordo. I rispettivi universi si incontreranno grazie al regista Abrams, come preconizzato da sempre? I primi due film diretti da Abrams, Star Trek XI nel 2009 e Star Trek XII – Into Darkness nel 2013, possono appassionare e divertire anche i fan di Star Wars, facendo ricredere sulla possibilità più che legittima che si possa contemporaneamente diventare o essere “trekker” al punto giusto da amare la Scienza, l’Etica e la Tecnologia che rendono possibili questi universi dove le civiltà, le razze, le persone sopravvivono anche alla loro apparente banale quotidianità o, peggio, inutilità. In Star Trek la promozione della Vita è un comandamento etico interiore ed esteriore: vedi la spettacolare nascita di James T. Kirk nell’incipit della prima pellicola di Abrams. Perché così è la Vita che si espande sempre e ovunque nel Cosmo. Nell’Accademia della Flotta Stellare c’è posto per tutti, anche per i giardinieri che richiamano indirettamente l’opera di DIO nell’ordine universale del Creato. Così il lavoro certosino di ridare smalto, fascino e vita nuova ai personaggi inventati da Gene Roddenberry, funziona. Abrams aveva accettato la sfida con il film Star Trek XI ringiovanendo i personaggi, raccontando storie che erano avvenute prima di quelle viste al cinema o in tv, aprendo la narrazione al futuro. Un prequel che era anche un sequel. Oggi con Into Darkness, Abrams capitalizza lo sforzo di riconfigurare mitologicamente la saga per continuare un’epopea utile per i giovani del XXI Secolo. Grazie agli sceneggiatori Alex Kurtzman, Roberto Orci e Damon Lindelof, tutti esperti sia nel consolare i fan della serie con rimandi ed allusioni a episodi e battute storici sia nel conquistare nuovi spettatori con una storia fresca e godibile anche a quanti sono digiuni di una conoscenza enciclopedica degli universi di Roddenberry, Lucas & Co. I valori di Star Trek non si toccano! Lo si scopre subito nelle prime scene quando il senso del dovere di Spock (Zachary Quinto) lo spinge a sacrificare la propria vita per compiere la missione che gli è stata affidata: “bloccare” l’esplosione della caldera di un vulcano per salvare una popolazione primitiva dalla distruzione. Sarà lui a controllare la giovanile insofferenza alle regole del suo “superiore” Kirk (Chris Pine) che mette in campo l’eterna risorsa americana anti-crisi: l’elogio della persona, dell’iniziativa privata, mai individualistica in Star Trek, e dell’amicizia pura che salva. Con un omaggio a Indiana Jones e Star Wars, Abrams aiuta lo spettatore a capire il senso dell’operazione. Non sarà forse un caso se proprio lo stesso regista sia stato incaricato di rifondare con un settimo film anche la serie “sfidante” inventata da George Lucas. Il che permette di comprendere subito quanto ricche di contenuti “etici”, e non soltanto economici, siano entrambe le “scommesse” di Abrams. Pare ragionevole pensare che l’immaginario della fantascienza non sia più organizzato a compartimenti stagni ma obbedisca a regole tutte sue, forse inevitabili ma virtualmente innovative e generatrici di altre storie, con un Kirk (magari suo figlio, il dr. David Marcus) che, prima o poi, finirà per incontrare anche l’anticonformista Han Solo e la bella Principessa Leila. Magari a bordo del Millennium Falcon, per sfuggire alla caccia dei Klingoniani o dei Romulani. Mentre Spock conquista un Impero tutto suo in un universo alternativo già “attivato” nella serie classica. Sempre restando tutti saldamente ancorati alla mitologia “trekkiana”. La storia di Star Trek XII è figlia dell’avvincente e miracolistica lunga riabilitazione morale del cadetto James T. Kirk, un contadinotto dell’Iowa (Usa) dove viene costruita la Uss Enterprise, in aperta campagna. Come sta facendo oggi la compagnia spaziale privata SpaceX con i suoi vettori a decollo ed atterraggio verticale nel Texas (Usa), degni di Flash Gordon! Il giovane Kirk, con le sue imprese quasi folli ai limiti della legge, fin dall’infazia nutre la sua passione per lo spazio grazie alle imprese del suo grande papà, un capitano della Flotta Stellare che ha donato la sua vita per la salvezza di così tanti. Degradato dopo aver infranto le regole della Flotta, per salvare Spock, Kirk è disposto a tutto. Viene riabilitato nel comando della Uss Enterprise quando il terribile Cumberbatch sembra voler dichiarare una guerra personale alla Federazione dei Pianeti Uniti. Le ostilità del “villano” naturalmente nascondono molti segreti e serviranno a smascherare anche le ambizioni egemoniche e le tentazioni belliche dell’Ammiraglio Marcus (Peter Weller). Come in Star Trek VI – Rotta verso l’Ignoto, AD 1991, l’ultimo grande film fanta-giuridico-poliziesco del cast classico in alta uniforme, impegnato a smascherare un complotto cosmico. A cosa serve Star Trek? A immaginare il futuro nel bene e nel male. Se ne comprende la portata solo dopo che lo spettatore avrà capito che le tentazioni più pericolose per l’umanità terrestre, “la pecorella smarrita”, vengono proprio dal suo stesso passato: il superuomo Khan e i suoi settantadue sodali, rappresentano Bin Laden e i suoi compagni “talebani” dei servizi segreti di mezzo mondo, complici del disastro dell’11 Settembre 2001 e, forse, della Terza Guerra Mondiale. C’è addirittura una scena del nuovo film che richiama l’evento quasi alla lettera, con l’astronave al posto degli aerei dirottati sulle Torri Gemelle e sul Pentagono! Questi vizi umani diabolici hanno le loro origini nel Male, come ci ricorda Papa Francesco, e nella scelta di privilegiare l’uso della forza invece che l’esercizio della pace e della riconciliazione. Le citazioni e le allusioni storiche di Star Trek sono molteplici e su più livelli di interpretazione. Nella saga “trekkiana” non si contano e in parte sfuggono agli esperti. La più evidente è la presenza di un alieno particolare, il famoso “tribolo”, una specie di palla di pelo su cui il dottor McCoy (Bones, per gli amici), l’attore Karl Urban, sperimenta la forza rigenerativa del sangue di Khan. Manco a farlo apposta per richiamare alla memoria l’episodio “Animaletti pericolosi”(The Trouble with Tribbles) della serie classica di Star Trek. Inutile dire che solo chi ha visto tutti i film della saga, potrà cogliere questi rimandi. Anche i neofiti potranno beneficiare del piacere visivo e narrativo che Abrams tra mito, diritto, scienza, economia della salvezza e fantascienza riesce a innescare nello spettatore, per rigenerare ancora una volta un mondo fantastico quasi perduto che sembrava appannaggio solo di pochi. Ma quando l’Enterprise è chiamata a tornare verso casa, l’equipaggio scopre una terrificante e inarrestabile forza all’interno della propria Organizzazione umanitaria che ha fatto esplodere la Flotta Stellare e tutto ciò che essa rappresenta nell’Universo e sulla Terra, lasciando il nostro mondo in uno stato di crisi. Spinto da un conflitto personale, il capitano Kirk conduce una caccia all’uomo in un pianeta in guerra per catturare una vera e propria arma umana di distruzione di massa. Mentre i nostri eroi vengono lanciati in un’epica partita a scacchi tra la vita e la morte, l’amore verrà messo alla prova, le amicizie saranno lacerate e i sacrifici compiuti per l’unica famiglia che Kirk abbia mai avuto, il suo equipaggio e la sua nave, saranno saggiati come l’oro nel crogiuolo. Le finalità della Flotta Stellare e della Federazione Unita dei Pianeti (www.startrek-ilfilm.it/) non sono la vendetta, ma la promozione del diritto, della vita, della ricerca scientifica e tecnologica, della dignità della persona sulla Terra e nell’Universo, possibilmente in pace con tutte le razze aliene là fuori, in una nuova economia fondata sul Credito alla persona. In Star Trek il Bene trionfa. Lunga Vita e Prosperità.

Nicola Facciolini

Una risposta a “Astronomi Eso scoprono stelle variabili iperveloci”

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