Il livello di modernità e civiltà di una città si misura anche da come è organizzata la sua movida. Il fenomeno del divertimento serale, se ben governato, diventa una grande opportunità di socializzazione per i cittadini e di rivitalizzazione culturale, turistica ed economica per il centro abitato. Al contrario, se mal governata, la movida diventa fonte di degenerazione comportamentale e quindi di disturbo per la quiete pubblica e persino fonte di pericolo per gli abitanti.
È uno dei tanti passaggi interessanti che emergono da una ricerca Censis commissionata da Fipe, la federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia, e dal Silb, l’associazione italiana imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo aderente alla stessa Fipe. La ricerca sarà presentata nella versione integrale a Milano, presso la Triennale, il 20 giugno alle ore 10.
«Condividere in compagnia di altre persone il proprio tempo libero alla fine di una giornata – commenta il presidente Fipe, Lino Stoppani – fa parte della natura dell’essere umano. È un comportamento che esiste da sempre e che negli ultimi decenni viene identificato con il nome di movida. Questa richiama i temi della socializzazione, della qualità della vita, del turismo, della cultura, della fruizione dei centri storici in grado di generare economia e produzione di reddito. Purtroppo tutti questi aspetti positivi passano in secondo piano per i connotati negativi che la movida può generare su un territorio mal governato. Ecco allora che le cronache dei giornali ci raccontano di vittime da abuso di alcolici, di dimostranze per la prolificazione di punti di aggregazione che innescano a loro volta rimedi fantasiosi e paradossali come accaduto a Milano con il ‘divieto notturno del gelato’ che ha imposto una correzione immediata dell’ordinanza. Emerge chiaramente dalla ricerca come sia fondamentale avere un quadro ben chiaro e dettagliato delle città da gestire – prosegue Stoppani – ognuna delle quali con le proprie esigenze e peculiarità. I ventinove milioni di italiani che saltuariamente escono la sera e i 19 milioni che quando escono frequentano i luoghi della movida non possono essere gestiti da Nord a Sud, da Est ad Ovest, nei piccoli o nei grandi centri allo stesso modo».
A quella che potrebbe essere definita la ‘malamovida’ per identificarne le degenerazioni, contribuiscono molti fattori: un rapporto dei giovani con l’alcol che nasce male già nelle famiglie (come risulta chiaramente dalla ricerca); un’offerta fuori controllo; regole e ordinanze che spesso rincorrono il problema senza trovarne soluzione; comportamenti spregiudicati da parte di operatori e, infine, una presenza di offerta abusiva che può spingersi fino a limiti deprecabili e riprovevoli. Obiettivo del convegno è quello di illustrare gli gli strumenti e le modalità già individuati nella ricerca per combattere la malamovida e favorire, invece, tutti gli aspetti positivi della buona movida.
Movida, termometro di una città
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