“Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro”. Papa Francesco va a Lampedusa “per pregare, per compiere un gesto di vicinanza, ma anche per risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”, come dice lui stesso, ripetendolo due volte (“Non si ripeta, per favore”) all’inizio dell’omelia nel corso della messa celebrata al campo sportivo “Arena”, in località Salina. Il suo pensiero va agli “immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte” e racconta che “quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza, e allora ho sentito che dovevo venire qui oggi”.
La celebrazione è improntata alla penitenza e la stessa scelta delle letture proclamate – che non sono quelle previste dalla liturgia odierna – è significativa: viene proclamato il Vangelo della strage degli innocenti e il papa dice chiaramente di voler “proporre alcune parole che provochino la coscienza di tutti, spingano a riflettere e a cambiare concretamente certi atteggiamenti”. “Quei nostri fratelli e sorelle – scandisce Francesco – cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte”. “Chi è il responsabile di questo sangue?”, si domanda il papa, e facendo riferimento alla storia biblica di Caino e Abele, risponde così: “Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: “Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?”. Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto”. “La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi – rincara papa Francesco – ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.
“Chi di noi – insiste il pontefice – ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?, per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie?”. “Siamo una società – continua – che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza”. “Erode – ecco il riferimento al Vangelo scelto per la celebrazione – ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone, e questo continua a ripetersi… Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo. «Chi ha pianto?».
“Signore – conclude il papa – in questa Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi”. (ska-RS)
Il Papa a Lampedusa: “Siamo insensibili alle grida degli altri”
“Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro”. Papa Francesco va a Lampedusa “per pregare, per compiere un gesto di vicinanza, ma anche per risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”, come dice lui stesso, ripetendolo due volte (“Non si ripeta, per […]
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