Le isole pancreatiche, che contengono le cellule produttrici di insulina, vengono isolate dal pancreas di un donatore e impiantate mediante una semplice procedura di infusione nel fegato del ricevente. Una volta in sede le isole trapiantate iniziano a produrre l’insulina.
Questo il meccanismo di azione del trapianto di isole pancreatiche, una realtà per chi soffre di diabete di tipo 1 e in particolare del cosiddetto “diabete brittle”, ovvero diabete instabile e non controllabile con i farmaci. Per garantire i risultati di questo approccio innovativo, tuttavia, è necessario proteggere le isole pancreatiche che vengono attaccate dal sistema immunitario del ricevente. Oggi questo è possibile grazie a Reparixin, farmaco messo a punto dai ricercatori dell’azienda biofarmaceutica Dompé e attualmente in Fase III di sperimentazione, ultimo step prima della commercializzazione. Il trial clinico coinvolge 5 Paesi e 8 centri in Europa e negli Usa e prevede l’arruolamento di circa 50 pazienti, ovvero circa la metà di quanti annualmente vengono sottoposti, nelle geografie richiamate, all’innovativa procedura terapeutica.
Il trapianto di isole pancreatiche è uno dei temi al centro dell’attenzione degli studiosi riuniti a Milano per la dodicesima edizione dell’International Conference of the CTS, il Congresso Mondiale sulle Terapie cellulari. “Il trapianto di isole pancreatiche si è dimostrato efficace, ma abbiamo la necessità di migliorare ancora i risultati clinici del trattamento – spiega Lorenzo Piemonti, Vicedirettore San Raffaele Diabetes Research Institute e Direttore programma trapianto di isole. Alcuni fattori, a partire dall’isolamento delle isole stesse, possono infatti ridurre progressivamente la funzionalità delle isole trapiantate. La ricerca si concentra attualmente sulla risposta infiammatoria che si sviluppa nel paziente immediatamente dopo l’infusione di isole e che ha un’influenza drammatica sulla sopravvivenza delle isole stesse, riducendo del 50 per cento la funzionalità nei primi sette giorni. Reparixin, un inibitore potente e selettivo della chemochina interleuchina 8 identificato nei laboratori italiani di Dompé, è oggi in studio per valutare quanto riesce ad inibire in modo specifico la risposta infiammatoria, preservando così la funzionalità delle isole e, dunque, migliorando l’efficacia della procedura”.
L’innovazione nella ricerca, quindi, parte proprio dall’Italia. E più in particolare dal Polo Dompé de L’Aquila, dove viene prodotta la molecola. Lo studio clinico di Fase III randomizzato, multicentrico e in doppio cieco, mira a valutare l’efficacia del farmaco nel migliorare l’efficienza del trapianto di isole, proteggendo funzionalità e sopravvivenza delle cellule trapiantate, e nell’aumentare la percentuale di pazienti che raggiungeranno l’indipendenza dall’insulina grazie alla terapia.
“Nella lotta al diabete di tipo 1, che colpisce 20 milioni di persone nel mondo, la ricerca gioca un ruolo fondamentale e il trapianto di isole pancreatiche rappresenta un’efficace prospettiva di cura, soprattutto se grazie all’impiego di Reparixin potremo perfezionare i risultati di questo approccio – precisa Camillo Ricordi, Direttore Diabetes Research Institute di Miami. L’obiettivo deve essere chiaro: giungere ad una cura definitiva che possa liberare i pazienti dalla necessità di ricorrere al trattamento insulinico, peraltro fondamentale oggi per assicurare il controllo metabolico”.
L’Italia è ai vertici mondiali della ricerca in questo settore. Gli ultimi dati disponibili1) dimostrano come nel nostro Paese (i centri che praticano il trapianto di isole sono gli Ospedali San Raffaele e Niguarda di Milano e l’ISMETT di Palermo) si effettuino da 18 a 22 trapianti allogenici (da donatore) e da 10 a 14 trapianti autologhi (da soggetto stesso). Guardando all’Europa, nel Regno Unito – dove il NICE (National Institute for Health and Care Excellence) ha già dato il proprio via libera a questo approccio terapeutico – vengono effettuati annualmente da 15 a 25 trapianti allogenici, e circa 10 trapianti autologhi. In Francia vengono effettuati mediamente 20 trapianti allogenici e solo occasionalmente (1-2 l’anno) si registrano trapianti autologhi, così come in Germania, dove però i trapianti allogenici sono circa 10 l’anno. L’obiettivo dei ricercatori, soprattutto se il trial in corso con Reparixin confermerà la possibilità di liberare i Pazienti dalla schiavitù dell’insulina, è quello di allargare l’accesso a questa innovazione. Ed anche gli esperti di economia sanitaria concordano con questa visione, proiettandosi al futuro.
“La necessità di tagliare i costi in un orizzonte di breve periodo non deve contrastare con lo sviluppo di un Paese e impedire a un sistema sanitario di promuovere e sostenere la ricerca e l’innovazione – fa sapere Mario Del Vecchio, Direttore OCPS (Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità) SDA Bocconi Milano. Occorre capire come salvaguardare il futuro rispettando i vincoli del presente, attraverso un ragionamento più attento e meccanismi espliciti attorno al percorso che va dalla ricerca (imprese e organizzazioni sanitarie di eccellenza), alla introduzione dell’innovazione, al suo consolidamento nella pratica clinica”.
La ricerca innovativa rappresenta quindi una leva fondamentale per lo sviluppo futuro del sistema Paese, sia da una prospettiva scientifica, sia da quella economica e sociale. Ed è in questo ambito che Dompé lancia la propria sfida per la salute. Il Gruppo sta infatti attuando la propria “rivoluzione strategica”, focalizzata sulle proprie capacità distintive. “Come dimostra la ricerca su Reparixin, al centro del nostro impegno in Ricerca ci sono le malattie rare, spesso orfane di cura, alle quali dedichiamo una parte importante delle nostre risorse sia sul fronte delle competenze, che su quello economico – conclude Eugenio Aringhieri, CEO del Gruppo Dompé. L’area del Trapianto insieme a quella del Diabete e all’Oftalmologia, rappresentano le arene competitive nelle quali abbiamo accettato la sfida, consapevoli delle aspettative di salute dei Pazienti e della difficoltà del percorso di sviluppo dei nostri progetti. Ma siamo anche estremamente convinti che il percorso fatto fino ad oggi ed i risultati ottenuti insieme ad una Comunità Scientifica nazionale ed internazionale di altissima qualità, e Reparixin ne è una valida testimonianza, rappresentino una solida base che ci esorta e sostiene nel continuare nella strada tracciata, con sempre maggiore determinazione.”
About Reparixin
Reparixin è un inibitore del recettore CXCR1, recettore attivato nell’organismo dalla chemochina Interleuchina-8, che svolge un ruolo chiave nella risposta infiammatoria.
La molecola rappresenta il capostipite di una nuova classe di inibitori a basso peso molecolare in grado di modulare selettivamente l’attività del recettore con un meccanismo di azione allosterico. Un inibitore allosterico è in grado di congelare il recettore in una conformazione inattiva legandolo in un sito diverso da quello occupato dal ligando naturale (IL-8).
La caratterizzazione del meccanismo d’azione di Reparixin – effettuata in collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. Alberto Mantovani, uno dei massimi esperti mondiali nel campo della ricerca sulle chemochine – rappresenta un caposaldo nella ricerca di farmaci in grado di modulare l’attività di questa importante famiglia di recettori.
Il Diabete di Tipo 1 e il Trapianto di Isole
Si stima che il Diabete di tipo 1 colpisca, nel mondo, circa 20 milioni di persone, il 10% di tutti i casi di diabete2).
In Italia sono 250.000 le persone con diabete mellito di tipo 1. Ogni anno 84 nuovi casi ogni 1.000.000 di abitanti (circa 5.000 casi all’anno) vengono diagnosticati. L’incidenza, che ha una forte variabilità da regione a regione, è attualmente intorno a 12-13 casi per 100.000 persone ogni anno ma è in preoccupante aumento, ponendo il diabete di tipo 1 come una delle prossime sfide sanitarie3).
La cura definitiva del diabete di tipo 1 e di molti casi di diabete di tipo 2 risiede nella possibilità di provvedere una massa beta-cellulare sostitutiva capace di due fondamentali funzioni: rilevare i livelli di zucchero nel sangue e secernere livelli appropriati di insulina nel letto vascolare. Infatti, sia il diabete di tipo 1 che di tipo 2 hanno in comune un deficit della massa beta-cellulare seppur derivato da due eventi eziopatogenetici differenti (rispettivamente risposta autoimmune e insulino-resistenza). Al momento, l’unica terapia clinica disponibile in grado di sostituire la massa beta-cellulare nei pazienti diabetici è il trapianto di isole o il trapianto di pancreas. Il trapianto di isole ha ottenuto negli ultimi 10 anni un impressionante miglioramento dei risultati, potendo essere riconosciuto ora come un’opzione terapeutica in particolari sottogruppi di pazienti. Nel prossimo futuro è presumibile un ulteriore miglioramento della sua efficacia e quindi una sua più estensiva applicazione ai pazienti con labilità glicemica e ricorrenti ipoglicemie. Il valore di questa procedura risiede, inoltre, nella sua straordinarietà come modello di studio per i processi che regolano l’autoimmunità. Necessariamente l’esperienza accumulata in questi anni sarà la base per lo sviluppo clinico di qualsiasi terapia cellulare/tissutale o bioartificiale sarà proposta nel campo della sostituzione della funzione beta-cellulare nel paziente diabetico.
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