I cittadini aquilani “devono avere il coraggio di ricostruire la loro città altrove”, secondo il fotografo di fama internazionale Oliviero Toscani.
Dove – è lecito domandare – in Emilia, in Friuli, in California, o qualche metro più in la del cratere sismico, perché gli aquilani si sentano al sicuro?
E poi, perché – come propone Toscani – “L’Aquila, che neanche la natura sembra amare, va lasciata crollare” per creare la Pompei del terzo millennio?
Sarebbe incauto negare, o solo minimizzare, il profondo danno fatto dal sisma alla Città e alla dolorosa diaspora degli aquilani, nei volti di diversi di loro Toscani (con suo figlio per alcuni giorni entro le mura aquilane) dice di aver colto “molta tristezza e tanta disperazione”
E ciò deve avergli impedito di avvertire invece la medesima profonda umanità che assume di aver evidenziato nei volti, fotografati in ogni angolo del mondo, fissati sulle sue foto.
Ascolti, invece, quei palazzi e quelle case che il sisma del 2006 ha profondamente ferito: parlano di ottocent’anni di umanità viva e vitale e del suo credo (anche in Dio) , conscia di non essere amata ora dalla natura poiché non le ha espresso abbastanza amore, anzi l’ha sciupata scientemente.
Tuttavia, in ottocent’anni di guerra contro la natura, gli aquilani hanno sempre nutrito un “sogno”, quello di avere una città, sempre dov’era e com’era, capace di opporsi – anche con la sua bellezza – ai movimenti sismici, come accade in tante altre contrade del mondo (il Giappone, ad esempio).
Toscani, invece, vuole togliere agli aquilani il loro “sogno”.
Altri, prima di lui, hanno tentato la stessa “spoliazione”, ed in parte ci sono riusciti, tanto che poco meno di un quarto dei cittadini (i giovani in particolare) è ormai altrove, così commettendo un “delitto” contro una comunità che chiede solo di trovare punti di riferimento e linee-guida affidabili nei governanti e negli amministratori.
Perciò, Toscani fissi sulle sue foto artistiche l’anima antica degli aquilani: avrà di che sorprendersi!
Si accorgerà che gli aquilani, pur oggi disperati, forzatamente divisi e feriti, perseguono, come gli antichi padri, il buon “noi” (il buon “noi” Chiesa, il buon “noi” comunità civile) rinnovato di recente dall’inviato di Papa Francesco, il nuovo Metropolita dell’Aquila, l’Arcivescovo monsignor Giuseppe Petrocchi.
Amedeo Esposito
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