Nei pressi della “Rotonda”, di fronte a Piazza d’Armi, area oggetto di sostanziosi interventi di riassetto viario e ristrutturazione edilizia, c’è un rione di Santanza che fino a qualche anno fa manteneva una discreta vitalità grazie alle attività commerciali ivi presenti e alle sporadiche feste organizzate dagli abitanti nel centro sociale. Il circolo ricreativo (oggi inagibile) è inserito in una delle 18 palazzine immerse nel verde dei pini. Le case danneggiate del piccolo quartiere sono state più volte vilipese da malintenzionati che hanno trovato in quell’angolo della città, un po’ appartato e semiabbandonato, un luogo congeniale in cui operare indisturbati. L’isolato è servito da una trama di vie (dei “beati”) in alcuni tratti dissestate e bagnate dall’acqua che fuoriesce da probabili rotture dei sottoservizi, alle quali è necessario rivolgere la dovuta attenzione per procedere a un’accurata opera manutentiva. Uno di quegli edifici, il meno danneggiato, prontamente ristrutturato, è abitato da quattro delle otto famiglie che prima ci vivevano. E’ là che risiede uno degli artisti forse più prolissi del nostro capoluogo: Luciano Lucente. Il maestro mi guida lungo la scalinata che conduce in uno degli scantinati del condominio in cui vedono luce le sue opere. Entrando nella piccola bottega artigiana, schiarita da una tenue illuminazione, il pittore mi indica i recipienti che contengono i colori e gli altri oggetti risposti negli scaffali; poi, avvicinandosi, mi sussurra che gli stessi contenitori non sono caduti nemmeno quella notte di aprile. Sono rimasti lì, intonsi, come a voler invitare il paesaggista a proseguire la sua opera figurativa di sensibilizzazione e promozione delle nostre contrade. L’autore mi mostra con orgoglio i numerosi acquerelli, catalogati e sistemati in apposite cartelle, insieme ad altre opere pittoriche. Nel suo sguardo si evince la soddisfazione del risultato raggiunto, ben ripagato dai numerosi attestati di stima che riceve quotidianamente. Mi dice che ha realizzato più di 3500 acquerelli, di cui più della metà hanno come soggetto paesaggi abruzzesi, soprattutto aquilani: un vero record che strizza l’occhio ad altri traguardi annualmente menzionati nel guinness dei primati. Nei suoi elaborati raramente fa capolino la figura umana, proprio perché l’artista vuole dare risalto al soggetto statico, in questo caso rappresentato da spazi civici più o meno conosciuti. Il silenzio che predomina nei suoi dipinti invita lo sguardo a indugiare tra le righe di quegli scorci urbani, riproponendoli così come apparivano prima del 6 aprile, ma con un’intensità espressiva che lascia prefigurare l’opprimente e involontaria quiete che li avrebbe accompagnati poi. Ecco, dunque, che piazze, monumenti, chiese, anonimi fabbricati, strade meno conosciute dare vita a un quadro visivo armonico: un insieme di colori e di linee che offrono uno scenario reale dalle tinte a tratti fiabesche. Antichi balconi, abbelliti da graziosi vasi decorati con fiori dalle tinte più o meno sature, ciuffi d’erba che guadagnano spazi tra le insenature delle scale o aggrovigliati nei bordi dei muri sono un insieme equilibrato di figure che prendono forma dando vita a gradevoli rappresentazioni pittoriche. Appesi su una parete, e appoggiati in un angolo del seminterrato, emergono altri quadri, stilisticamente diversi, che esprimono paesaggi e figure policrome in cui predomina costantemente uno sfondo azzurro. Dipinti che sembrano prendere per mano l’osservatore e accompagnarlo in un mondo irreale animato da disegni geometrici dal profilo a volte sinuoso. Opere, queste, che hanno ricevuto diversi plausi e attestati di riconoscenza. I suoi acquerelli, riprodotti su ceramiche e oggettistica varia, fanno il giro del mondo, contribuendo a mantenere viva l’attenzione per L’Aquila e l’Abruzzo. Dopotutto, anche l’arte può dare un contributo alla rinascita della nostra città, magari dispensando quel po’ di entusiasmo e di slancio che in questo difficile momento non devono mai venire meno.
Fulgenzio Ciccozzi
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