“Life”, il primo fumetto per ciechi creato da Philipp Meyer

Una persona nasce e diventa grande. Poi ne incontra un’altra e si innamora. Insieme hanno un bambino che cresce e a un certo punto se ne va di casa. Poi una delle due persone muore. E alla fine, anche l’altra. La storia raccontata in “Life” (Vita) è tutta qui. Una storia semplice, quasi ordinaria. Di […]

Una persona nasce e diventa grande. Poi ne incontra un’altra e si innamora. Insieme hanno un bambino che cresce e a un certo punto se ne va di casa. Poi una delle due persone muore. E alla fine, anche l’altra. La storia raccontata in “Life” (Vita) è tutta qui. Una storia semplice, quasi ordinaria. Di straordinario però c’è che questo piccolo racconto di vita è narrato senza colori, testi o immagini. I personaggi sono cerchi in rilievo sulla carta che i lettori possono distinguere in base alla diversa pienezza o alle dimensioni. “Life” è un prototipo, un esperimento realizzato da Philipp Meyer, designer danese che ha voluto provare a creare un fumetto accessibile a chiunque, anche alle persone cieche. Una sfida che molti potrebbero considerare impossibile, d’altra parte il fumetto è un linguaggio esclusivamente visivo. ‘Difficoltà’ che è servita solo a motivare ancora di più Meyer. “Mi ha sempre interessato capire in che modo le differenze nella percezione, amplificano gli altri sensi e l’ho vista come una sfida e un’opportunità di comprendere le possibilità offerte dalla narrazione tattile – racconta – e poi mi piaceva l’aspetto sociale del progetto, entrare in contatto con le persone, parlare, sperimentare, imparare”.

 

Per arrivare a creare “Life”, Meyer ha studiato i libri tattili, il modo in cui gli oggetti sono rappresentati in essi e la percezione delle persone cieche. Un lavoro reso possibile dall’incontro con Naja Wulff Mottelson, coordinatrice dei progetti di ricerca alla Biblioteca nazionale per le persone con difficoltà di lettura di Copenhagen (Nota), che l’ha messo in contatto con lettori ciechi e gli ha messo a disposizione i materiali della biblioteca. Tra le cose che ha ‘scoperto’ sulle immagini tattili: gli oggetti devono essere disegnati in modo semplice, tutto ciò che non è necessario deve essere rimosso per non creare confusione, non ci devono essere ombre, è meglio non disegnare gli oggetti in prospettiva, ma di fronte, di lato o dall’alto. Inoltre, la percezione di un’immagine tattile è diversa da quella di una visiva. In genere, le persone vedono l’intera immagine, poi i dettagli e fanno il collegamento mentale con il significato della stessa. Nel caso di un’immagine tattile il percorso è opposto: prima si percepiscono i dettagli e poi l’intero. Ma se non si è lettori esperti di immagini tattili, bisogna sapere cosa rappresenta. Inoltre, le persone cieche dalla nascita non hanno la possibilità di collegare l’immagine tattile agli oggetti reali, cosa invece possibile a chi ha perso la vista in seguito. Partendo da queste basi, Meyer ha scelto di ridurre le immagini all’essenziale: ecco allora che i personaggi diventano cerchi in rilievo, il testo scompare e il lettore può intepretare la storia partendo dal titolo e in base alla dimensione e alla posizione variabile dei cerchi. “Ho avuto molti dubbi sul progetto mentre ci stavo lavorando e sono stato quasi sul punto di mollare – dice – Dal momento in cui ho deciso di raccontare la storia con forme semplici, ho realmente creduto nell’idea. Poi ho dovuto fare la prova con i lettori per capire se funzionava. Configurare la stampante e allineare le forme è stato altrettanto impegnativo”.

Il target dei libri tattili è, in genere, rappresentato dai bambini da 1 a 10 anni che li possono usare, spesso insieme ai genitori, per lo sviluppo del linguaggio. Quelli per adulti sono più rari, ed è proprio a loro che ha pensato Meyer realizzando “Life”. Dopo averne fatta una versione digitale di prova (visibile on line sul sito di Meyer www.hallo.pm/life), Meyer ha stampato “Life” in 24 tavole in un “leporello” (un libro a fisarmonica) rilegato a mano, per evitare che il retro delle pagine potesse confondere i lettori. Nelle prime 4 tavole, Meyer ha inserito i numeri delle vignette per aiutare chi si confrontava per la prima volta con un fumetto a capire la direzione di lettura. Ha inoltre aggiunto un breve testo (anche in braille) in copertina in cui spiega in che modo sono costruite le tavole e il motivo della presenza dei numeri. “Spero che questo libro possa essere di ispirazione per le persone e che in molti si divertano leggendolo – conclude Meyer – Non so cosa accadrà al progetto in futuro, forse la narrazione sequenziale potrà essere utile in termini educativi e forse questo fumetto ispirerà altri designer a lavorare verso un design più responsabile dal punto di vista sociale”. Di certo, c’è che “Life” è piaciuto ai lettori che hanno avuto la possibilità di toccarlo, sfogliarlo, leggerlo. Primo fra tutti Michael, “la prima persona cieca che abbia mai letto un fumetto”, che ha aiutato Meyer a capire in che modo lavorare sulla percezione delle immagini ed è stato entusiasta una volta che si è ritrovato con “Life” tra le mani. (laura pasotti)

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