E’ davvero strana, a volte, la giustizia, strana ed incomprensibile, come quando condanna un governatore di regione, ed altri sette, perché non hanno dimostrato la loro innocenza (ma non era sempre presunta, fino a prova contraria?) o quando sancisce che non basta che la violenza sessuale di gruppo sia uno “dei reati più odiosi e riprovevoli“ e con un verdetto estremo (è il caso di dirlo), dice no alla custodia cautelare in carcere se si possano applicare misure alternative.
E’ quanto avvenuto con una sentenza, la 232, in relazione al comma 3 dell’articolo 275 del codice di procedura penale, quello che definisce le misure cautelari e i criteri di applicazione, perché, secondo la Consulta, lo stupro di gruppo “non offre un fondamento giustificativo costituzionalmente valido al regime cautelare speciale previsto dalla norma censurata“, come la sua applicazione in automatico. In pratica, se si è accusati di violenza sessuale di gruppo, definito nella stessa sentenza “la più intensa lesione del bene della libertà sessuale” non è obbligatorio il carcere cautelare, ma bastano altre misure come i domiciliari.
La setenza nasce da una questione di legittimità sollevata dal Tribula del Riesame di Salerno, sulla vicenda che coinvolge quattro persone accusare di violenza sessuale di gruppo con l’Alta Corte che si è espressa in modo sorprendentemente analogo anche per i reati di violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e prostituzione minorile.
Una pagina buia nella storia già cupa di una Nazione in cui le donne continuano ad essere vittime, con molti che continuano a voltare la faccia dall’altra parte perché la verità è troppo dolorosa.
Solo per ricordare alcuni nomi fra i più recenti Melania Rea, Lucia Manca, Elisa Claps, Simonetta Cesaroni, Carmela Petrucci, Vanessa Scialfra, Jennifer Zacconi, Lorena Cultraro, Luana Bussolotto.
Il dramma dello stupro fu scritto e portato in scena da Franca Rame, che ne fu vittima, scritto nel 1975, per anni nei teatri, giunto in tv nel 1987, durante una puntata di Fantastico condotto da Andriano Celentano, con 12 milioni di italiani quella sera ascoltano il dolore di una donna stuprata, senza filtri, con un dolore che non può guarire ed un’anima che sanguinerà, per sempre.
Oggi, a Trani, i carabinieri della Compagnia locale hanno arrestato un uomo di 69 anni e la figlia di 30, entrambi di Trani, con l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di una minore, figlia della stessa donna e nipote dell’uomo, una storia di degrado e di orrore senza fine.
Crediamo di essere civili e ci meravigliamo del fatto che esistono paesi in cui una ragaza stuprata è addirittura arrestata dopo il fatto.
Mi riferisco agli Emirati Arabi Uniti, dove una 24enne norvegese è stata riconosciuta colpevole, dopo aver denunciato di essere stata stuprata da un collega a Dubai.
L’incidente risale al marzo scorso quando la ragazza si era presentata alla polizia di Dubai per denunciare uno stupro, ma era stata fermata e rilasciata solo quattro giorni dopo, grazie all’intervento dei diplomatici norvegesi. La settimana scorsa, una corte l’ha riconosciuta colpevole di rapporti sessuali fuori dal matrimonio, falsa testimonianza e consumo di alcol senza permesso, rischiando fino a 16 mesi di carcere.
Una corte strana, come strane sono certe corti italiane.
Lo scorso 8 aprile, l’allora ministro della Giustizia, Paola Severino, valutò l’invio degli ispettori ministeriali al Tribunale dei Minori di Roma dopo l’ennesima decisione, bocciata dalla Cassazione, che ritardava ancora la sentenza sullo stupro di Montalto di Castro, a seguito di una precisa richiesta delle deputate del Pd Silvia Fregolent, Marina Berlinghieri e Lorenza Bonaccorsi, che scrivevano che “dopo sei anni dalla barbarie della violenza del branco subita da una minorenne, si rischia una seconda violenza, quella della giustizia, che non riesce ad emettere una sentenza su fatti che dalle carte processuali sembrerebbero ormai verificati”. E chiarivano che: “a pochi giorni dal verdetto il Tribunale dei minori di Roma ha deciso per la seconda volta la messa in prova degli otto ragazzi accusati dello stupro, provocando un nuovo stop del processo”.
Ma forse, molti giudici, la pensano come quell’avvocato che, negli anni ottanta, difendendo degli stupratori, pronunciò queste parole nella sua arringa: ” stuprare significa, secondo i nostri vocaboli, vincere il pudore femminile, avere ragione della pudicizia o della castità della donna, o addirittura della sua verginità. E questa definizione chiarisce molto bene il poco rispetto che per le donne gli uomini hanno sempre avuto”.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento