Si parla troppo spesso di fatalità, ricacciando indietro anche solo il pensiero che certe tragedie potrebbero essere evitate. Ananke, madre di Adrastea e delle Moire, quella che i latini chiamarono Necessitas, è troppe volte invocata per placare le nostre coscienze, anestetizzandole con la ineluttabilità del destino.
Ma il destino poco c’entra nel disastro di Pozzuoli, con un pullman vecchio e forse mal revisionato, su una strada che più volte è stata la causa di incidenti mortali.
Una folle corsa verso la morte, un autobus impazzito e senza controllo che travolge 100 metri di guardrail di cemento e lamiera, per finire in fondo ad una scarpata, 30 metri più in basso.
Lì ora vi è una croce di legno, tragica e sperduta fra i rovi, a ricordare i 38 morti, mentre le cause sono da accertare e, come dice il procuratore di Avellino Rosario Cantelmo, “si potrebbe arrivare a responsabilità a più livelli”.
Qualche elemento comincia ad emergere dai primi accertamenti svolti dagli investigatori e si parla di una rottura meccanica del mezzo che aveva 18 anni ma era stato revisionato nel marzo scorso, stando ai documenti ufficiali – o una manutenzione scarsa; di un cedimento strutturale della barriera di protezione dell’autostrada e di lavori non a norma, fatti in precedenza.
Lutto nazionale oggi in Italia, nel giorno dei funerali delle vittime dell’incidente del bus in Irpinia, presente il presidente del Consiglio Enrico Letta e molte autorità insieme alla centinaia di persone che con i familiari piange da ieri al palasport cittadino i propri cari.
Il presidente del consiglio ha detto che la tragedia rilancia la centralità del tema della sicurezza stradale. Un mese di campagna elettorale trascorso quasi interamente in Campania, più volte anche a Pozzuoli, dove oggi Letta è tornato nei panni di presidente del consiglio per testimoniare le vicinanza di un governo ai tempi della crisi economica, quando anche la manutenzione ordinaria di una strada può diventare un problema.
Nel “Decreto del Fare” ci sono i primi 300 milioni per il piano Anas straordinario di manutenzione di strade, ponti e gallerie. Ma soprattutto è iniziato l’iter di riforma e aggiornamento del Codice della Strada che nel più breve tempo possibile darà maggiore sicurezza con nuove norme, più prevenzione, educazione e responsabilizzazione di chi guida, tutela degli utenti deboli della strada come passeggeri, pedoni e ciclisti, e l’inasprimento delle sanzioni nei confronti di chi provoca incidenti guidando sotto effetto di alcool o droghe, una battaglia portata avanti da tempo dalle associazioni delle vittime della strada”. Lo ha detto il Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Erasmo D’Angelis all’emittente radiofonica Radio Toscana in merito alla tragedia sulla A16 e alla sicurezza stradale in Italia. “I numeri – ha continuato D‘Angelis – dimostrano che la strada è in salita: nel 2012 in Italia abbiamo contato 184.500 incidenti stradali con lesioni a persone e 3.650 morti con 260.500 feriti. Rispetto al 2001 il numero di morti è diminuito del 48,6% grazie all’aumento di controlli, agli alcool-test, alla patente a punti, ai limiti di velocità e alla manutenzione strade. Ma restano dati molto preoccupanti – conclude il Sottosegretario – e c’è bisogno di aumentare controlli e sicurezza intervenendo anche sui gestori della rete autostradale e di pullman e tir dove la concorrenza sleale di autisti e vettori stranieri crea insicurezza e sfruttamento dei lavoratori”.
Secondo il presidente del Senato Pietro Grasso, “in Italia gli incidenti stradali continuano a rappresentare una tra le principali cause di morte”, dunque “abbiamo il dovere morale di intervenire, intensificando i controlli sui conducenti dei veicoli monitorando con estremo rigore le condizioni dei veicoli, la qualità tecnica dei tracciati stradali e delle barriere di protezione”.
Ma perchè Ananke, nel nostro Paese, fa sì che si pensi ai rimedi quando le tragedie si sono già consumate?
Pensando ai recenti lutti nazionali (il 4 giugno 2012 per il sisma in Emilia; il 10 ottobre 2009 per l’alluvione di Messina; il 21 settembre 2009 in occasione dell’uccisione di sei militari italiani in Afghanistan; per i funerali delle vittime del terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009; in occasione della morte, il 2 aprile 2005, di Giovanni Paolo II; per l’uccisione di 19 militari italiani a Nassiriya l’11 novembre 2003; per le vittime del terremoto in Molise del 31 ottobre 2002.), quanti se ne potevano evitare?
Carlo Di Stanislao
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