Fino ad una decina di anni fa San Pietro alla Ienca era una semplice chiesetta di pietra alle falde del massiccio del Gran Sasso, raggiungibile a piedi attraverso impervi sentieri, oppure in macchina attraverso una stradina stretta e poco sicura. In origine un luogo noto solo a pastori ed agricoltori della zona. Oggi si chiama Santuario Giovanni Paolo II ed è un luogo frequentato, strade larghe a senso unico e luoghi di ristoro, nati per l’impegno dell’ Associazione “Ci vediamo alla Ienca”.
Il luogo è cresciuto nel ricordo di un illustre personaggio che frequentava la chiesina, più o meno in segreto, Papa Woytila, che, amante della montagna, riusciva a trovare delle ore di tempo libero per recarsi lì, dove si raccoglieva in preghiera e meditazione, nel silenzio del verde.
Più in là, sempre lungo il massiccio del Gran Sasso, ci sono i Laboratori Nazionali di Fisica Nucleare, sotto terra nelle viscere della montagna, isolati dal resto del mondo. Il fondatore di questi laboratori, Antonino Zichichi, ha ricevuto quest’anno il premio “San Pietro alla Ienca” a riconoscimento della sua opera scientifica e del contributo alla crescita culturale e materiale della zona.
Antonino Zichichi ha centrato il suo discorso di ringraziamento per il premio su una frase di Papa Woytila, “La scienza e la fede sono un dono di Dio”, cercando di riavvicinare il mondo dell’immanente e quello del trascendente, quello della fede e quello della ragione, della chiesa cattolica e della scienza, tanto diversi per opere e pensieri. Insomma, il Gran Sasso, i laboratori sotterranei di fisica nucleare ed il santuario di San Pietro alla Ienca a breve distanza l’uno dall’altro, sono stati ieri il luogo ideale per riproporre un discorso vecchio di secoli.
Bellissimo, purtroppo però limitato al luogo ed alla persona. Infatti tanti premi Nobel per la medicina, fisica, chimica, economia, pensiamo, per esempio, a Rita Levi Montalcini, sono vissuti o vivono ed operano in USA o in Nord Europa, mondi largamente cristiani e protestanti, aperti all’ accettazione di tutte le religioni, dove il papa di Roma, con tutte le problematiche teologiche ed etiche, esiste poco o per niente. Quindi, volutamente lascio da parte il discorso di A. Zichichi, e penso solo al futuro, inevitabile sviluppo della zona, sicuramente legato alla diffusa fede popolare in quell’amatissimo Papa che sta per diventare santo.
Che fare lì? Eviterei megalomani e devastanti colate di cemento.
Mi piacerebbe un luogo di incontro, semplice e ben inserito nell’ambiente circostante, adatto a riunioni, incontri e brevi soggiorni per accogliere gente stanca delle città, in cerca di vita sana, di momenti di silenzio e di un ambiente pulito, non inquinato.
Insomma auspico che il luogo rimanga il più possibile intatto, e che offra a tutti la naturale semplicità ed il contatto con la natura della montagna, che piacevano a Papa Woytila.
Emanuela Medoro
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