Il Pardo d’oro, il premio più importante, è andato a “Historia de la meva mort di Albert Serra” e quello dei “Cineasti del Presente”, al nepalese/statunitense “Manakamana” di Stephanie Spray e Pancho Velez.
L’Italia si consola con il “pardino” al corto “La stada di Raphael” di Alessandro Falco, mentre al film “Sangue“di Pippo Delbono va il Premio Don Chisciotte, un premio dubbio per un film dubbio, come dubbio è il valore di questa 66° edizione di un Festival che in passato aveva invece sempre riservato sorprese.
Dicevamo di “Sangue”, film in cui l’autore accosta un suo dramma intimo (filmando la madre morente) alle esternazioni deliranti di Giovanni Senzani, l’ultimo brigatista mai pentito, pluri sequestratore e assassino di Roberto Peci, ucciso nel 1981 soltanto perché fratello del brigatista pentito Patrizio e quindi “traditore”.
Un film non solo di gusto discutibile, ma che permette di celebrare un assassino, che parla, esterna, minimizza, senza che nessuno gli faccia anche solo la più innocente domanda.
Qualcosa di orrendo e di molto diverso da quel capolavoro che è stato e resta “Nick’s Movie” di Wim Wender e Nicholas Ray, che firma l’agonia e la morte, ma con eleganza e con garbo, che è insieme sia un film (quindi una messa in scena), sia un documentario (rappresentazione di una realtà che si consuma davanti la macchina da presa), e anche un backstage (ovvero il retro-scena, la truope che ricrea e fa parte della scena stessa).
In quel film, del 1979, Ray, andando incontro alla morte, cerca “temerariamente” di aggrapparsi al presente, fino all’ultima immagine/frammento che lo riprende, dove Wenders cerca di fargli dare il “cut”, lo stop delle riprese.
In questo di Senzani, vi è invece la morte che trioonfa, quella dell’immagine, del cinema e di ogni forma di ethos.
E la cosa che più mi indigna, a parte il finaziamento di Rai Cinema, è che il film parte e termina dalle case dirocxcate della mia Aquila, come se il terremoto forrela metasfora di un sisma che giustifica ogni forma estrema di sopraffazione, sino alla uccisione in nome di un credo malato.
Ha detto il regista, che ha inteso delineare un rapporto difficile fra amore e morte ed aggiunto che non è il suo il primo film a descrivere tale difficile rapporto. Il fatto è le fo con un uomo che non si mostra mai pentit che si sisofferma piuttosto sul posto squallido e diroccato, della provincia romana, dove fu ammazzato, dopo 55 giorni di “processi” e interrogatori, Roberto Peci, fra l’altro ripreso nel momento della morte.
Un film disgustoso che non solo non doveva vincere nulla, ma neanche essere proiettato in un Festival che ha un grande passato in fatto di stile e conrtenuti.
Passando ad altro festival, parte oggi il Vasrto Film Festival, XVIII edizione, una rassegna che quest’anno si copre di austerity, rinuncia ad i vip ma non alla presentazione di buon cinema.
Molti e temi che saranno trattati, attraverso vari film di ieri e di oggi che, sino al 23 agosto, saranno proiettati alle 20.30 e alle 22.30 in varie location: giardini di Palazzo D’Avalos, Arena comunale alle Grazie, e la nuova Arena della Bagnante, allestita per l’occasione sul tratto Nord della spiaggia di Vasto Marina, il tutto riducendo i ciosti a soli 60.000 euro.
Ogni film sarà accompagnata o dal regista o dai protagonisti ed ogni giorno, alle 18, sono previsti i seminari, mentre alle 19.30, un incontro con l’ospite della serata, intervistato da Guido Barlozzetti, eccentrico giornalista Rai di Uno Mattina.
Lo slogan di quest’anno è: “Un cinema sempre più Vasto”, e, come dicevamo, si parlerà di giovani, lavoro, educazione, oltre a ricordare la figura di Michelangelo Antonioni ed il suo contributo al linguaggio cinematografico.
La riduzioone di budget ha impedito, quest’anno, la partecipazione de l’Istituto Cinematografico Lanterna Magica de L’Aquila, che, tuttavia, resta acconta ad un Festival animato da molte buone intenzioni ed eccellenti proposte.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento